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Sclerosi multipla recidivante-remittente. Alemtuzumab meglio della terapia standard


I risultati pubblicati su Lancet non lasciano spazio a dubbi: minori tassi di recidiva annualizzati, maggior numero di pazienti liberi da recidive a due anni, rallentamento dell’accumulo di disabilità. Dati promettenti, che secondo gli scienziati potrebbero presto fare del farmaco un’opzione innovativa per i pazienti.

04 NOV - Alemtuzumab meglio dell’interferone beta-1a nel trattamento dei pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente. A dirlo due lavori che hanno visto anche la partecipazione degli scienziati dell’Università “Sapienza” e dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma, e che racchiudono i dati conclusivi degli studi CARE-MS I e CARE-MS 2: gli studi avrebbero dimostrato una riduzione dei tassi di recidiva annualizzati, un maggior numero di pazienti liberi da recidive a due anni e un rallentamento dell’accumulo di disabilità nei pazienti trattati con il primo farmaco – prodotto da Genzyme del Gruppo Sanofi – rispetto ai pazienti cui veniva somministrato Rebif® (interferone beta-1a ad alto dosaggio per via sottocutanea). Inoltre, i pazienti trattati con alemtuzumab hanno mostrato una probabilità significativamente maggiore di un miglioramento nei punteggi di disabilità rispetto a quelli trattati con Rebif, suggerendo, in alcuni casi, una regressione della disabilità. 
 
CARE-MS I e CARE-MS II (Comparison of Alemtuzumab and Rebif® Efficacy in Multiple Sclerosis) sono studi randomizzati di fase III che hanno messo a confronto il trattamento sperimentale  alemtuzumab con un trattamento standard per la SM, Rebif, rispettivamente in pazienti con SM recidivante-remittente che erano naïve a trattamenti precedenti o che avevano presentato recidive  durante la terapia precedente. "Vi è un’enorme esigenza, non soddisfatta, di trattamenti che contrastino la progressione della disabilità che può colpire le persone che vivono con la sclerosi multipla", ha commentato l’azienda produttrice, tramite le parole del suo presidente e CEO, David Meeker. "Confrontando,  alemtuzumab esclusivamente con un trattamento approvato in tutti gli studi, Genzyme ha definito un nuovo standard ".   
Una visione condivisa anche da Alastair Compston, Presidente dello Steering Committee dello studio, autore principale di entrambe le pubblicazioni e Professore di Neurologia all’Università di Cambridge: "L'efficacia osservata in questi e in precedenti studi clinici, indica come alemtuzumab  presenti la potenzialità di divenire una terapia innovativa nel panorama delle opzioni terapeutiche per la SM attualmente disponibili, una volta che sarà stato completato il processo di approvazione regolatoria", ha commentato.
                                                                                                                   
In entrambi gli studi, alemtuzumab è stato significativamente superiore a Rebif nella riduzione delle recidive. Nello studio CARE-MS I, il 78% dei pazienti trattati con alemtuzumab non ha avuto recidive  per due anni, fornendo un miglioramento statisticamente significativo rispetto a Rebif (77,6% contro 58,7%, p<0,0001). Nella sperimentazione CARE-MS II, il 65% dei pazienti trattati con alemtuzumab non ha  presentato  recidive  nei  due anni, rispetto al 47% dei soggetti trattati con Rebif (p<0,0001).  Inoltre, in CARE-MS II, alemtuzumab ha ridotto il tasso di recidiva  in misura molto maggiore rispetto a Rebif in tutti i sottogruppi definiti dalla terapia precedente, compresi pazienti: trattati o non trattati  con interferone e trattati in precedenza con Rebif o Copaxone® (iniezione di glatiramer acetato).
 
I dati degli studi hanno mostrato anche un forte beneficio clinico in termini di riduzione del 42% del rischio di accumulo sostenuto di disabilità in pazienti trattati con alemtuzumab nel CARE-MS II rispetto a Rebif (p=0,008), con un miglioramento significativo nei punteggi della scala  che suggeriva in alcuni pazienti una regressione della disabilità preesistente. Nella sperimentazione, il punteggio medio di disabilità per pazienti trattati con alemtuzumab è diminuito in un periodo di due anni, indicando un miglioramento nella loro disabilità fisica, mentre il punteggio medio per i pazienti trattati con Rebif è aumentato, indicando un peggioramento  (p<0,0001).
“Come abbiamo potuto verificare nella nostra esperienza al S. Andrea avendo partecipato al CARE-MS II, i risultati sull’efficacia di alemtuzumab confrontato in questi studi direttamente con interferone beta-1a ad alte dosi, sono molto promettenti”, ha dichiarato Carlo Pozzilli, Ordinario di Neurologia della Sapienza, Università di Roma e Responsabile del Centro Sclerosi Multipla dell'Azienda Ospedaliera S. Andrea di Roma. “In particolare, il rallentamento dell’accumulo di disabilità mostra quale potenziale abbia alemtuzumab nell’offrire ai pazienti con sclerosi multipla una nuova opzione terapeutica altamente efficace e con un regime di somministrazione unico ed innovativo.”

04 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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