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Tumori. Il futuro della cura nei vaccini genetici?


La tecnologia si basa sull’inserimento di una sequenza di DNA che può sviluppare la corretta risposta immunitaria nel materiale genetico di un batterio detto plasmide, che funziona da vettore. Al metodo lavorano da anni anche i ricercatori dell'Istituto di Farmacologia Traslazionale del CNR di Roma.

27 GIU - La ricerca e lo sviluppo di terapie innovative negli ultimi anni ha visto la nascita di una nuova categoria di farmaci, i cosiddetti farmaci biologici. Tra questi, ci sono anche quelli basati su materiale genetico, che si sono dimostrati efficaci nella cura di svariate patologie. L’ultima sfida nel campo delle biotecnologie mediche arriva proprio dall’ingegneria genetica e dall’immuno-informatica: si tratta della vaccinazione genetica, argomento di studio anche per i ricercatori dell'Istituto di Farmacologia Traslazionale del CNR di Roma, impegnati da anni nello sviluppo di protocolli preclinici di immunizzazione genetica in ambito oncologico.
 
La vaccinazione genetica è una branca tra le più avanzate della terapia genica e può essere annoverata a pieno titolo come nuova frontiera nel campo dell'immunoterapia dei tumori. "Il principio innovativo sul quale si basa questa tecnologia è quello di inserire la sequenza di DNA che codifica per un dato antigene nel materiale genetico di un batterio detto plasmide, che funziona da vettore”, spiegano i ricercatori, che hanno recentemente pubblicato uno studio sull’argomento su Biotechnology Advances. “Il vaccino genetico così ottenuto può essere iniettato direttamente nell'ospite, con un procedimento simile alle comuni tecniche di vaccinazione (ad es. per via intramuscolare). In seguito all'iniezione, il plasmide utilizzerà i meccanismi cellulari dell'ospite per la produzione dell'antigene che a sua volta stimolerà nell'organismo una risposta immunitaria". L'identificazione di antigeni in grado di indurre una risposta immunitaria efficace rappresenta un punto chiave nella progettazione razionale dei vaccini genetici.
"Una branca della bioinformatica detta immunoinformatica contribuisce al successo di questa tecnologia attraverso la creazione e lo sviluppo di algoritmi per la predizione degli epitopi, ovvero le entità molecolari più piccole riconoscibili dal sistema immunitario”, hanno spiegato ancora. “Lo sviluppo di strumenti ad hoc consente di migliorare la presentazione degli antigeni, rendendo più efficace il loro riconoscimento da parte del sistema immunitario. Una caratteristica importante nella strategia per ottenere questi vaccini di nuova generazione è la possibilità di incorporare nel vettore, oltre agli antigeni o epitopi, anche molecole capaci di indirizzare e amplificare la risposta immune, e pertanto in grado di aumentare la stimolazione dei linfociti B e dei linfociti T, e la liberazione di specifiche citochine".  
 
Il successo di questa tecnologia è già sfociato nella commercializzazione di alcuni prodotti in campo veterinario. "Il segreto del rapidissimo successo ottenuto con questa piattaforma biotecnologica", continuano gli autori, "è da individuare nella elegante combinazione di flessibilità, versatilità, sicurezza, precisione. Nel giro di pochissimi anni numerosi trial clinici sono stati approvati e alcuni, ad esempio per melanoma, carcinoma della prostata, carcinoma del colon, sono in fase avanzata di sperimentazione nell'uomo". "Nei nostri laboratori l'attività di ricerca è indirizzata verso studi integrati, dal livello molecolare a quello pre-clinico, sulla messa a punto di interventi preventivi/terapeutici innovativi, fortemente orientati alla traslazione clinica. Impiegando questa tecnologia innovativa per la ricerca e lo sviluppo pre-clinico di farmaci attivi in campo oncologico, sono stati progettati e realizzati diverse formulazioni di vaccini a DNA anti-idiotipici per l'immunoterapia di alcuni tipi di linfomi B. La loro performance è stata validata in un modello sperimentale pre-clinico di linfoma B molto aggressivo", hanno concluso gli autori.

27 giugno 2013
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