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L’aspirina protegge dal cancro? Sì, no, forse…


Ha suscitato molto clamore lo studio pubblicato lo scorso 7 dicembre su The Lancet che induce a sperare in un effetto positivo dell'aspirina nella prevenzione dei tumori. Ma le cose stanno veramente così? Dalla lettura attenta del lavoro dei ricercatori britannici emergono infatti diverse perplessità che abbiamo provato a evidenziare.

09 DIC - Alzi la mano chi, leggendo i giornali di ieri, non è stato tentato di correre in farmacia a comprare una confezione di aspirina.
«Una dose al giorno per cinque anni. “Così l’aspirina combatte il tumore”», «Un’aspirina serve a ridurre il rischio di cancro» e ancora «"L'aspirina protegge dal cancro", «Un'aspirina al giorno protegge dal tumore».
Questi i titoli di alcuni tra i più importanti quotidiani nazionali.
L’entusiasmo è giustificato dalla pubblicazione su The Lancet di uno studio che evidenziava un’importante riduzione della mortalità per diversi tipi di tumore nelle persone che assumevano quotidianamente una piccola dose di aspirina per almeno 5 anni.
Tuttavia, la cautela è d’obbligo: non soltanto perché, come è stato fatto notare, il farmaco, seppur sicuro e ben conosciuto presenta dei rischi, ma anche perché lo studio è tutt’altro che risolutivo.

Cosa dice lo studio de "The Lancet"
L’analisi, condotta da ricercatori afferenti a diversi istituti britannici, ha analizzato i dati derivanti da otto trial clinici (25.570 pazienti in totale) che, in precedenza, avevano valutato l’efficacia dell’assunzione quotidiana di aspirina nella prevenzione primaria e secondaria di eventi cardiovascolari.
Da questi studi sono stati estratti i dati sulla mortalità per cause tumorali nei pazienti che avevano assunto l’acido acetilsalicilico o nel gruppo di controllo.
I risultati derivanti da questa analisi hanno evidenziato, nel periodo in cui sono stati attivi i trial clinici, una riduzione della mortalità per cancro del 21 per cento nel gruppo in trattamento con aspirina (a dosaggi oscillanti tra 75 mg e 1200 mg) rispetto al gruppo di controllo. In particolare, sono state registrate 327 morti per cause tumorali tra i soggetti trattati con aspirina (2,33 decessi per cento pazienti arruolati) mentre 347 tra quelli di controllo (3,01 decessi per cento pazienti).
Lo studio, tuttavia, ha condotto una seconda analisi di lungo periodo analizzando la mortalità per cancro fino a 20 anni dalla data di arruolamento dei pazienti. In tal caso soltanto tre trial hanno contribuito con i propri dati.
Un primo elemento emerso è che l’effetto protettivo non è immediato. Perché si cominci a osservare una divergenza nella mortalità per cancro tra il gruppo in trattamento e il gruppo di controllo è necessario  - come emerge dallo studio - che trascorrano diversi anni: 5 per il cancro all’esofago e al pancreas, 10 per quello allo stomaco e al colon.
A vent’anni, la riduzione della mortalità per tutti i tipi di tumore è del 22 per cento rispetto al gruppo di controllo. In particolare è stato osservato un abbassamento della mortalità del 35 per cento per i tumori gastrointestinali (si distingue il cancro dell’esofago con una riduzione del 58%), del 21 per cento per i tumori non gastrointestinali (in tal caso è quello del polmone il tumore in cui si registra una più ampia riduzione della mortalità con un -29%). Nessuna riduzione, invece, per i tumori ematologici.
La spiegazione di una simile riduzione nella mortalità potrebbe risiedere nell’azione antinfiamamtoria dell’aspirina.

Più aspirina per tutti?
I risultati dello studio, in apparenza, sono straordinari. Tuttavia le nude cifre nascondono diversi motivi di perplessità.
Innanzitutto, quel che si rileva dall’analisi non è una riduzione del rischio di ammalarsi di tumore. Ma di morire di tumore. Una differenza non da poco. Soprattutto perché lo studio non presenta le cause di mortalità non tumorali nei due gruppi limitandosi a illustrare i dati generali di mortalità che evidenziano una mortalità, per tutte le cause nel gruppo in trattamento con aspirina, ridotta del 9,2 per cento durante la durata dei trial, dell’8 per cento a 15 anni e del 4 per cento a 20 anni.
In tutti questi casi, secondo il team, la riduzione della mortalità generale è dovuta esclusivamente al minor numero di decessi per cancro.
Come se non bastasse “nei trial da cui sono estratti i dati di lungo termine, circa il 40 per cento dei pazienti del gruppo in trattamento con aspirina ha interrotto l’assunzione del farmaco alla fine del periodo di sperimentazione”, ammettono gli autori. A cosa è dovuta allora la riduzione di mortalità per cancro se i pazienti non assumono più il farmaco?
Ancora, in uno dei trial, proseguono i ricercatori, “il gruppo di controllo ha cominciato ad assumere aspirina alla fine della sperimentazione”. In tal caso perché non si sono osservati benefici dato che, in ogni caso, il gruppo è rimasto in osservazione anche dopo la fine della sperimentazione?
Perplessità in parte conseguenza di un’ulteriore caratteristica della ricerca: i trial analizzati non sono stati appositamente progettati per valutare l’efficacia dell’aspirina nella prevenzione dei tumori.
Insomma, lo studio offre un’importante conferma del ruolo dell’infiammazione nell’insorgenza e lo sviluppo dei tumori, ma prima di poter essere certi dell’efficacia dell’aspirina nella loro prevenzione occorreranno trial mirati e sufficientemente lunghi.
 
Antonino Michienzi
 

09 dicembre 2010
© Riproduzione riservata

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