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La replica di Roche all’Emilia Romagna: “Avastin e Lucentis non sono farmaci uguali”


In una nota l’azienda titolare di Avastin ribadisce che il suo è un farmaco oncologico con un profilo di sicurezza in ambito oftalmico diverso da Lucentis. "Nessuno degli studi esistenti citati nella meta-analisi spettacolarmente annunciata oggi in Regione Emilia Romagna ha indagato o esaminato in maniera statisticamente rilevante gli aspetti di sicurezza ma solo quelli di efficacia".

05 MAG - “Roche respinge con fermezza il tentativo di far passare Avastin (bevacizumab) e Lucentis (ranibizumab) come farmaci uguali. Le caratteristiche che fanno di Avastin (bevacizumab) un farmaco importante in ambito oncologico ne sconsigliano l’uso in ambito oftalmico essendoci un’alternativa con un profilo di rischio decisamente inferiore”.
 
Lo sottolinea un comunicato stampa dell’azienda in risposta all’Emilia Romagna che oggi ha diffuso uno studio studio internazionale commissionato dalla Regione che sottolinea invece la parità di sicurezza dei due farmaci in ambito oftalmico.
 
“Nessuno degli studi esistenti citati nella meta-analisi spettacolarmente annunciata oggi in Regione Emilia Romagna – sottolinea la nota della Roche - ha indagato o esaminato in maniera statisticamente rilevante gli aspetti di sicurezza ma solo quelli di efficacia. Peraltro i suddetti studi, singolarmente presi, descrivono profili di sicurezza diversi”.
 
“Anche oggi – prosegue la nota - si assiste al tentativo di stabilire in maniera autonoma, autoreferenziale e al di fuori di tutte le normative, l’equivalenza terapeutica tra Avastin (bevacizumab) e Lucentis (ranibizumab), citando peraltro studi che non sono affatto nuovi ma che sono ampiamente conosciuti dalla comunità scientifica”.
“A tal proposito – si legge ancora nel comunicato - le informazioni ad oggi disponibili nel sito dell’Associazione Cochrane, verificabili al link (http://summaries.cochrane.org/CD007325/anti-vascular-endothelial-growth-factor-for-macular-oedema-secondary-to-central-retinal-vein-occlusion) non affermano che ci sono differenze nella sicurezza tra i farmaci ma semplicemente che non sono riportati significativi problemi di sicurezza nel breve e che non esistono dati tali per fare affermazioni nel lungo termine”.
 
“Viceversa – spiega la Roche - l’altra meta-analisi presentata ad un recente congresso sull’angiogenesi oculare svoltosi a Miami, effettuata su tutti gli studi indipendenti di confronto attualmente disponibili ha permesso di evidenziare una maggiore sicurezza da parte del Lucentis (ranibizumab) [Usha Chakravarthy comunicazione orale Angiogenesis meeting Miami 08.02.2014]”.
 
“Roche – ribadisce la nota - non vuole rendersi corresponsabile in quest’operazione di travisamento della realtà a scapito del diritto dei pazienti di essere informati adeguatamente sulle terapie cui vengono sottoposti. Contestualmente, vuole preservare dai rischi connessi con l’uso non corretto di un farmaco, come Avastin (bevacizumab), che negli ultimi 10 anni è stato in grado di offrire un’opportunità terapeutica a oltre 1 milione e 400 mila malati di cancro nel mondo ed è attualmente allo studio per numerose tipologie di tumore”.
 
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“Visti i continui tentativi di veicolare informazioni che potrebbero indurre in errore i pazienti, è utile ricordare – scrive ancora nella sua nota la Roche - che entrambi i farmaci agiscono sul fattore di crescita dell’endotelio vascolare, ossia una proteina prodotta dall’organismo, responsabile della crescita e del funzionamento dei normali vasi sanguigni e che svolge un ruolo rilevante nella formazione di vasi sanguigni anomali in alcune patologie tumorali e oculari. Tuttavia, un medesimo meccanismo d’azione, come accade innumerevoli volte in medicina, non implica eguaglianza terapeutica”.
“Il farmaco oncologico Avastin (bevacizumab), che è un anticorpo intero ed è somministrato per via endovenosa – spiega l’azienda farmaceutica - rimane in circolo sino a tre settimane dalla somministrazione. Tale emivita rappresenta, come è facile comprendere, un indubbio vantaggio quando si tratta di curare un tumore aggressivo che si è diffuso nell’organismo, ma risulta invece un serio difetto nel trattamento di una patologia localizzata nel poco esteso, e assai delicato, micro ambiente dell’occhio”.
 
“Questi 20 giorni circa di permanenza nell’organismo – conclude la Roche -  corrispondono ad un’esposizione ad un rischio di effetti cardiovascolari gravi - ictus e infarto - assolutamente ingiustificata in oftalmologia, rispetto a ciò che accade con Lucentis, che rimane in circolo per sole due ore circa”.

05 maggio 2014
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