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Daclatasvir: primo passo verso l’approvazione in Europa e per apixaban in arrivo una nuova indicazione

di Maria Rita Montebelli

Semaforo verde del CHMP per daclatasvir all’interno di diversi regimi terapeutici nell’epatite C cronica e per apibaxan nel trattamento e nella prevenzione del tromboembolismo venoso

29 GIU - Giornata positiva per Bristol-Myers Squibb che, in un solo giorno, porta a casa due pareri positivi del Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA).
Il primo riguarda il daclatasvir, inibitore del complesso di replicazione NS5A, per il trattamento dell’infezione cronica da HCV in pazienti adulti. Il farmaco è già stato utilizzato, in associazione al sofosbuvir, su oltre duemila pazienti europei grazie al programma ‘Early Access’ di BMS. “Se approvati – afferma Elliott Levy, responsabile dello ‘Specialty Development’ di BMS – i regimi a base di daclatasvir giocheranno un ruolo significativo nel trattamento dei pazienti con HCV in Europa”. Il farmaco è stato di recente introdotto nelle linee guida dell’Associazione Europea per lo studio del Fegato (EASL) per il trattamento dei diversi genotipi dell’HCV. L’iter registrativo di daclatasvir in Europa è passato attraverso un processo di revisione accelerata e l’opinione positiva del CHMP si è basata sui risultati dei numerosi studi condotti con daclatasvir in associazione ad altri farmaci, tra i quali sofosbuvir. Richieste per l’autorizzazione al commercio sono state presentate anche negli USA e in Giappone e sono attese a breve le rispettive decisioni. Gli studi registrativi del nuovo anti-epatite C hanno interessato oltre 5.500 pazienti, in trattamento con diversi regimi farmacologici orali e con l’attuale standard of care, basato sull’interferon.

Sono 9 milioni in Europa i pazienti con infezione cronica da HCV; tra quelli affetti da epatite C cronica, secondo l’OMS, il 20% svilupperà cirrosi e il 5-7% morirà per le conseguenze dell’infezione.

Sempre oggi è arrivato il parere positivo del CHMP dell’EMA per l’autorizzazione di apixaban nel trattamento e la prevenzione della trombosi venosa profonda (TVP) e dell’embolia polmonare (EP). Il semaforo verde è scattato grazie ai risultati degli studi AMPLIFY e (Apixaban for the initial Management of PuLmonary embolIsm and Deep Venous Thrombosis as First-line therapY) e AMPLIFY-EXT (Apixaban after the initial Management of PuLmonary embolIsm and deep venous thrombosis with First-line therapY-EXTended Treatment). Il primo è uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, condotto su 5.395 pazienti con TVP o EP sintomatica conclamata, assegnati a ricevere apixaban o enoxaparina-warfarin per sei mesi. L’endpoint composito principale era rappresentato da TEV (trombo-embolia venosa) sintomatica, ricorrente (TVP o EP non fatali) o decesso correlato a TEV, mentre il safety endpoint dal sanguinamento. Per l’AMPLIFY-EXT sono stati arruolati 2.486 pazienti, con precedente malattia trombo-embolica venosa, che aveva già meritato un trattamento anticoagulante per 6-12 mesi. Questi pazienti sono stati randomizzati al trattamento con apixaban 2,5 mg, apixaban 5 mg o placebo. L’endpoint primario era la riduzione della TEV sintomatica ricorrente e dei decessi per qualsiasi causa; il safety endpoint anche in questo caso era rappresentato dall’incidenza di sanguinamenti maggiori.

Ogni anno in Europa viene diagnosticato un milione di casi di TEV. Apixaban è stato sviluppato ed è commercializzato dall’alliance BMS-Pfizer.

Maria Rita Montebelli

29 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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