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Ebola. Su pazienti con bassi livelli nel sangue il favipiravir riduce mortalità dal 30 al 15%


Questi i primi risultati del progetto ‘Reaction’ finanziato dall’Ue. Purtroppo per i pazienti con una carica virale più alta, e per i bambini più piccoli, il farmaco sperimentale non è efficace. Moedas (Ue): “Risultati incoraggianti che sono un esempio sorprendente di quello che i migliori cervelli possono realizzare con il sostegno dell'Ue”. 

24 FEB - Buoni i primi risultati per la cura contro Ebola. Sono stati presentato oggi i primi esiti del progetto ‘Reaction’ finanziato dall'UE. Nel rapporto si evidenzia che con l’uso dal farmaco antivirale favipiravir, per i pazienti con livelli relativamente bassi di Ebola nel sangue, può fare la differenza abbassando il tasso di mortalità dal 30 al 15 per cento. Ma per i pazienti con una carica virale più alta, e per i bambini più piccoli, il farmaco sperimentale non è efficace.
 
"Sono entusiasta dei risultati incoraggianti di uno dei nostri progetti finanziati dall'UE per affrontare Ebola – ha dichiarato Carlos Moedas, commissario europeo per la Ricerca, la scienza e l'innovazione  - . Abbiamo la prova preliminare che il farmaco antivirale 'favipiravir' può essere efficace contro la malattia precoce Ebola. Se questi risultati saranno confermati dallo studio clinico in corso, sarà la prima volta che si potrà impiegare un trattamento contro questa malattia mortale durante l'epidemia in corso. Questi risultati dimostrano il successo della rapida reazione della Commissione europea per l'epidemia Ebola per sostenere la ricerca urgente su diversi trattamenti possibili e vaccini contro Ebola con il finanziamento del nostro programma di ricerca Horizon 2020. Questo è un esempio sorprendente di quello che i migliori cervelli possono realizzare con il sostegno dell'UE quando c'è così tanto in gioco. Ciò mostra come i finanziamenti UE possa portare a scoperte che salvano la vita delle persone e che sono il risultato della rapida dell'UE, la cooperazione internazionale e l'industria.
 
 
“I risultati di questo studio non comparativo – sottolinea Yves Levy, il presidente e amministratore delegato del francese Istituto nazionale della sanità e della ricerca medica (Inserm), che coordina il progetto - devono essere confermati utilizzando un numero maggiore di pazienti, tuttavia, si aprono delle altre opportunità terapeutiche in combinazioni di farmaci, in particolare per il trattamento di pazienti affetti da fasi più avanzate della malattia. Inoltre mostrano chiaramente che la ricerca svolge un ruolo essenziale nella lotta contro queste epidemie. Vorrei anche sottolineare che senza l'eccellente cooperazione internazionale e il ruolo pionieristico di Medici Senza Frontiere (MSF) in questa ricerca, le collaborazioni fruttuose con tutte le ONG coinvolte, e la risposta della Commissione europea, non avrebbe potuto essere realizzato questo progresso”. 

24 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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