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Malattie rare: identificato un biomarcatore per l’atrofia muscolare spinale


Dalla scarsa attività di un gene dipende la gravità della malattia.
La scoperta, compiuta da un team di ricercatori dell’Università Cattolica di Roma permetterà di valutare con precisione l’efficacia delle terapie per la cura della malattia rara, che colpisce i muscoli e compromette il movimento. 

28 FEB - Si chiama SMN2 il gene dal cui livello di attività dipende la gravità delle atrofie muscolari spinali, un gruppo di malattie neuromuscolari rare (incidenza da 1/6000 a 1/10000) caratterizzate dalla degenerazione degli alfa-motoneuroni del midollo spinale, cellule fondamentali per il movimento.
La scoperta è stata compiuta da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Genetica medica dell’Università Cattolica di Roma.
I risultati, resi possibili dalla messa a punto di una specifica tecnica di genetica molecolare, permetteranno di fare previsioni sulla gravità della malattia e di monitorare con precisione gli effetti terapeutici di farmaci candidati al trattamento della SMA, quale ad esempio il salbutamolo.
Al momento, infatti, non esistono terapie efficaci per questa condizione. Tuttavia, sono in corso sperimentazioni di alcuni farmaci il cui obiettivo principale è quello di incrementare i livelli di proteina SMN, carente nei pazienti con atrofie muscolari spinali e prodotta proprio dai geni SMN2.
La validità del nuovo biomarcatore è stata giù riconosciuta dalla comunità scientifica: l’International Coordinating Comittee, il comitato internazionale che ha come obiettivo l’armonizzazione delle misure di valutazione dei pazienti da usare negli studi clinici sulla SMA, ha indicato la metodica italiana come biomarcatore di riferimento da utilizzare in studi farmacologici su pazienti affetti. “Per questo motivo - ha affermato uno dei coordinatori della ricerca, Giovanni Neri – con il supporto del Servizio ricerca dell’Ateneo, si è deciso di brevettare e di realizzare un kit commerciale di genetica molecolare, che verrà prodotto e commercializzato dalla Realgene. Questo marcatore biologico è finalizzato alla valutazione dell’efficacia di terapie mirate a bersagli molecolari della malattia con un metodo basato sulla determinazione simultanea di alcuni marcatori in minime quantità di campione biologico. Sino a oggi i biomarcatori esistenti per monitorare l’effetto di sostanze farmacologiche o di trattamenti medici su pazienti affetti da SMA erano molto limitati e scarsamente efficienti”.
Il sospetto di una relazione tra il gene SMN2 e atrofia muscolare spinale era emerso già in precedenti studi: questi pazienti presentano un numero variabile di copie del gene, in genere da 2 a 4, e in genere a un maggior numero di copie corrisponde una minore gravità clinica della malattia.
“Il riscontro di questo dato, confermato in diversi studi – ha aggiunto un altro dei ricercatori della Cattolica, Danilo Tiziano - ha consentito di ipotizzare che nelle atrofie muscolari spinali la gravità clinica della condizione possa essere modulata dalla quantità di trascritti e proteina SMN presenti nelle cellule bersaglio della malattia, motoneuroni e fibre muscolari, e che livelli maggiori correlino dunque con gravità minore. Sulla base di questa ipotesi, sono stati effettuati negli ultimi anni alcuni studi finalizzati a dimostrare eventuali differenze di espressione dei geni SMN tra pazienti e controlli e, possibilmente, tra pazienti affetti dalle varie forme di SMA”.
Da questi studi è arrivata la conferma: “per la prima volta abbiamo dimostrato che la quantità di trascritti del gene SNM2 in pazienti affetti da atrofia muscolare spinale è correlata alla gravità della malattia, anche nelle forme meno gravi”, ha concluso Neri. Ora, ha concluso, potremo “predire la gravità della malattia e soprattutto di monitorare con precisione gli effetti terapeutici di farmaci candidati al trattamento delle atrofie muscolari spinali”. 

28 febbraio 2011
© Riproduzione riservata

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