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Ictus. Terapia a basse dosi di ossigeno in acuto non serve contro disabilità e mortalità

di Will Boggs

Non ci sarebbero benefici neanche sui pazienti ad alto rischio di ipossia, sia quando l'ossigeno viene somministrato in continuo che quando viene dato solo di notte.

29 SET - (Reuters Health) – Somministrare ossigeno a basso dosaggio a pazienti che hanno appena avuto un ictus non servirebbe a prevenire disabilità o morte. È quanto hanno evidenziato i risultati dello Stroke Oxygen Study, guidato da Christine Roffe della Keele University, Guy Hilton Research Center, nello Staffordshire, in Gran Bretagna. La ricerca è stata pubblicata su JAMA.
 
Lo studio
Roffe e colleghi hanno valutato gli effetti della terapia con basse dosi di ossigeno durante i primi tre giorni dopo un ictus, nel migliorare la disabilità e i tassi di mortalità, rispetto al trattamento standard. In totale, sono stati coinvolti 8.003 pazienti da 136 centri inglesi. I ricercatori hanno anche studiato se l'ossigeno dato solo di notte, quando l'ipossia era più probabile, fosse più efficace rispetto a una erogazione continua.
 
I risultati
La saturazione media dell'ossigeno alla randomizzazione dei trattamenti era del 96,6% e la terapia a base di ossigeno avrebbe aumentato la più alta e la più bassa saturazione, misurate nelle 72 ore dall'intervento, ma di meno di un punto percentuale. Inoltre, il trattamento non avrebbe migliorato significativamente i risultati a livello funzionale a 90 giorni, indipendentemente dal fatto che l'ossigeno sia stato dato solo di notte o in continuo. La terapia non avrebbe avuto alcun vantaggio neanche sugli endpoint secondari, inclusi l'alterazione a livello neurologico a una settimana, la capacità di eseguire attività quotidiane e la qualità di vita in generale a 90 giorni, oltre che sulla mortalità. Nessun evento avverso, comunque, sarebbe stato correlabile al trattamento.
 
I commenti
“Ci aspettavamo di trovare sottogruppi di pazienti che potevano beneficiare di più di questa terapia – afferma Roffe – inclusi pazienti ad alto rischio di ipossia e coloro che hanno problemi cardiaci e a livello toracico persistenti, ma siamo stati sorpresi del fatto che non ci fosse una chiara tendenza verso i benefici in questi sottogruppi. Ricerche future dovranno concentrarsi sulla diagnosi precoce e sull'adeguata gestione dell'ipossia”. Secondo Jean-Claude Baron, dell'Hopital Sainte-Anne a Parigi, il punto in discussione ruota, in realtà, più che intorno all'uso di basse dosi di ossigeno, “all'utilizzo di alte dosi di ossigeno date a pazienti con ictus iperacuti, mentre sono in attesa di ricanalizzazione mediante trombectomia meccanica, un trattamento che verrà studiato dalla sperimentazione clinica PROOF, che comincerà presto proprio per approfondire questa ipotesi”, ha sottolineato l'esperto. In ogni caso, secondo Baron “sarebbe meglio valutare la desaturazione con un adeguato monitoraggio”; mentre un'altra informazione utile ricavabile da questo studio è il fatto che “la somministrazione prolungata di ossigeno non ha effetti avversi, un dato importante per le sperimentazioni future”.
 
Fonte: JAMA

Will Boggs
 
(Versione italiana Quotidiano Sanità/ Popular Science)
 

29 settembre 2017
© Riproduzione riservata

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