Epidemie. Nuove teorie sulla loro diffusione. Al centro gli spostamenti umani "bidirezionali"
Non sono viaggi random in varie direzioni del pianeta, quelli che fanno gli esseri umani. Anzi, sono spostamenti altamente prevedibili, che tendono ad essere bidirezionali a partire da un punto di partenza: casa. Queste le considerazioni alla base del nuovo metodo per studiare il contagio epidemico.
12 GEN - Quando si fanno calcoli statistici per definire come si diffonderà un’epidemia il veicolo di trasmissione è quasi sempre uno solo: l’uomo. Oggi alcuni ricercatori del Max Planck Institute tedesco e del Mit statunitense hanno apportato delle modifiche ai precedenti modelli su cui si studiava il contagio, sviluppando una tecnica di analisi che potrebbe essere utile anche nel caso scoppi un’epidemia di influenza aviaria, che tanto spaventa i medici di tutto il mondo. Nel nuovo
metodo, pubblicato su
European Physical Journal B, i ricercatori hanno preso in considerazione una caratteristica unica dei viaggi umani, attraverso cui si diffondono i virus: di solito le persone tornano a casa.
I precedenti modelli sviluppati per descrivere la diffusione di una malattia infatti, erano basati su spostamenti che si diffondevano da un punto di partenza, la “casa” del paziente zero, ma che si sviluppavano con viaggi più o meno random nelle città e nei paesi circostanti. I ricercatori statunitensi e tedeschi, invece, hanno provato ad aggiungere una delle caratteristiche più prevedibili degli spostamenti umani: quella che le persone tendono a tornare al punto di partenza, che genericamente è la loro dimora.
Ciò, secondo i fisici che hanno condotto la ricerca, ridurrebbe significativamente la possibilità di diffusione del contagio, che risulterebbe fortemente sovrastimata, sia per la velocità della diffusione che per la sua ampiezza, se il modello che la descrive non si basasse su viaggi bidirezionali intorno ad un “nodo” centrale.
Ma non è solo questa la differenza con i modelli statistici precedenti. Non è esclusivamente il fatto che gli esseri umani tendano a tornare nelle loro case, infatti, a far variare i tassi di contagio secondo i fisici, ma anche quanto tempo ognuno passi in viaggio. Anche questo è in parziale contrasto con i modelli precedenti, che mettevano al centro lo spostamento stesso, senza considerarne la durata.
Come fanno sapere i ricercatori, serviranno comunque dei test per dimostrare se questo metodo possa essere migliore di quelli sviluppati finora, e per chiarire se potrà essere un efficace strumento di valutazione del rischio. Il modello, inoltre, potrebbe essere usato anche per studiare la cosiddetta dinamica delle popolazioni e la biologia evolutiva.
Laura Berardi
12 gennaio 2012
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