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HIV-AIDS. Il Tat non è un vaccino ma una terapia. Usare i termini giusti è importante per evitare false aspettative tra i pazienti

di Margherita Errico

La notizia data nei giorni scorsi dall’Iss è fuorviante perché non si tratta di “vaccino Tat” bensì di una cura che andrebbe a potenziare gli antiretrovirali e che consentirebbe di sospenderli riducendo così i loro effetti collaterali, diradando la somministrazione di farmaci ad un livello tale che la qualità della vita delle persone con Hiv aumenterebbe moltissimo. Quindi questa è la buona notizia, non si discute, ma perché parlare ancora di vaccino se vaccino non è?

15 FEB - Ieri 14 febbraio le associazioni di lotta all’Aids, hanno incontrato finalmente la ministra Giulia Grillo dopo oltre 6 mesi dal suo insediamento per fare il punto sulle strategie di prevenzione e terapia dell’Hiv, connesse ancora alla mancata attuazione del PNAIDS e di altre attività in seno al Ministero della Salute che da anni svolgiamo come associazioni facenti parte di un organo consultivo. Ma non è su questo che intendo soffermarmi.
 
In qualità di presidente di NPS non ho potuto fare a meno di chiedere spiegazioni sulla recentissima pubblicazione, il giorno 13 febbraio, da parte dell’ISS della notizia sul “vaccino contro l’Hiv” e della ripresa di questa notizia a cascata da parte di testate nazionali on line e non, di tg e radio sulla svolta che stavamo aspettando.
 
Essendo noi un’associazione nazionale di riferimento sia in campo di prevenzione che per il supporto delle persone con Hiv siamo stati subissati di messaggi sull’attendibilità di questa notizia, su quando sarà possibile guarire dall’Hiv, di voler entrare subito nei trial ed essere arruolati per guarire … messaggi che sono circolati in particolare tra le persone con Hiv alimentando false speranze e aspettative sulla possibilità di eradicare il virus.
 
Ciò che riteniamo grave è che un ente come l’ISS che dovrebbe avere la possibilità e la responsabilità di comunicare le notizie secondo criteri scientifici, possa titolare “il vaccino Tat contro l’Hiv riduce il serbatoio di virus e apre una nuova strada per controllare l’infezione” e la stessa dottoressa Ensoli nelle sue interviste parla di vaccino Tat.
 
Ieri durante la riunione con la ministra Giulia Grillo ho chiesto personalmente che venga preteso un chiarimento da parte del MdS verso l’ISS su questa comunicazione fuorviante e confusiva che, così come è stata strutturata, risulta essere un boomerang in termini di prevenzione e manchevole di rispetto delle persone che già vivono con l’Hiv: in termini di prevenzione significa annunciare qualcosa che non esiste e far scaturire nelle persone il pensiero che non è poi così grave infettarsi col virus dell’Hiv perché proprio in Italia c’è una ricerca che sta portando al vaccino e perché le persone con Hiv sperano di eradicare definitivamente il virus e quindi di guarire con un vaccino.
 
Non è rispettoso alimentare false aspettative in noi persone con Hiv, nei nostri partner, amici e famiglie che già a fatica ci difendiamo dallo stigma e da anni assumiamo terapie portandone i segni sui nostri corpi, solo per superficialità nel dare le notizie simili o nel perseguire obiettivi individuali.
 
La Ministra Grillo ha detto che ha già inviato una nota all’ISS su questa notizia ( fatto che direi positivo) e che non perderà di vista l’argomento impegnandosi a darne successiva comunicazione.E noi a nostra volta non perderemo di vista la Ministra in questo suo impegno al nostro fianco.
Nell’attesa di avere una voce autorevole in merito, che per esempio possa spiegare le differenza tra vaccino terapeutico e vaccino preventivo in ambito di Hiv, sento però la necessità di precisare che non si tratta di “vaccino Tat” bensì di una cura che andrebbe a potenziare gli antiretrovirali e che consentirebbe di sospenderli riducendo così i loro effetti collaterali, diradando la somministrazione di farmaci ad un livello tale che la qualità della vita delle persone con Hiv aumenterebbe moltissimo. Quindi questa è la buona notizia!
 
Il 90% di soppressione virale a 8 anni dallo studio clinico e arruolamento è assolutamente un grande risultato sul fronte della non infettività delle persone in cura per l’HIV e della qualità di vita che si può raggiungere ( perché meno virus c’è in circolo meno possibilità ci sono di sviluppare co- patologie non strettamente correlate all’HIV) e che è stato raggiunto in combinazione durante lo studio con l’assunzione di terapie antiretrovirali appartenenti alle classi PI , NNRTI e NRTI così come spiega lo studio pubblicato su “Frontiers in immunology”, sebbene anche gli antiretrovirali raggiungano di per sé un’elevata soppressione virale, sebbene si tratti di uno studio su soli 92 pazienti e la scienza ci insegna che gli studi clinici devono avere dei criteri numerici ben superiori per portare all’approvazione di un farmaco.
 
Margherita Errico
Presidente Network Persone Sieropositive (NPS)

15 febbraio 2019
© Riproduzione riservata

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