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Mangiare tanto e non ingrassare. Forse possibile grazie a una ricerca italiana


Il sogno di molti è mangiare senza mettere a rischio linea e salute, o preoccuparsi di arrivare a condizioni patologiche come obesità e diabete. In un futuro potrebbero essere sviluppati dei farmaci capaci di permettere al sogno di diventare realtà. Grazie ad una ricerca dell’IIT.

08 MAR - Mangiare di più, muoversi meno, e comunque non ingrassare. Evitare obesità e le sue conseguenze – trigliceridi e colesterolo alti – senza fare sport. Tutto questo potrebbe non essere un sogno o un privilegio dei pochi fortunati con un ottimo metabolismo. A dirlo è uno studio dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), pubblicato su Cell Metabolism, che dimostra come possano essere sintetizzati farmaci che consentano di realizzare questo obiettivo, seppure in un futuro ancora remoto. La ricerca è frutto della collaborazione internazionale con i ricercatori dell’Università della California di Irvine e della Yale University.
 
Il nostro cervello produce dei neurotrasmettitori, chiamati endocannabinoidi, che agiscono colpendo gli stessi bersagli cellulari attivati dalla marijuana. Lo studio dimostra che una di tali sostanze, il 2-arachidonil-sn-glicerolo (2-AG), svolge un ruolo di primaria importanza nella regolazione del metabolismo periferico. Il team studia il ruolo degli endocannabinoidi nel cervello da molto tempo (come vi avevamo già raccontato), ma solo oggi i ricercatori hanno scoperto che il 2-AG controlla i circuiti cerebrali che aiutano a conservare energia corporea favorendo l’accumulazione di ‘grasso bruno’ – un tipo di grasso che viene utilizzato per generare calore.
Ed ecco dunque l’idea: gli scienziati italiani hanno modificato geneticamente le cellule nervose in topi da laboratorio in maniera tale da far loro produrre quantità elevate di una proteina che distrugge il 2-AG. Le cavie mutanti presentavano così livelli cerebrali di 2-AG dimezzati di quelli normali. Questo comportava una riduzione forte della capacità del 2-AG ad esercitare i propri effetti di regolazione di vari circuiti cerebrali, il che produceva una serie di effetti di primaria importanza sul mantenimento del peso corporeo ed il consumo delle calorie ingerite: i topi mutanti, pur mangiando più dei topi normali e muovendosi di meno, non ingrassavano. Il risultato sorprendente non variava anche se queste cavie venivano esposte ad una dieta alimentare molto ricca di grassi, non mostrando conseguenze tipiche dell’obesità quali elevata trigliceridemia e perdita di sensitività all’insulina.
 
Secondo i ricercatori, queste caratteristichesono dovute al fatto che nei topi mutanti il grasso bruno consuma più calorie (cioè brucia più grassi) che nei topi normali. Ciò dimostra che il 2-AG cerebrale controlla la capacità del corpo ad immagazzinare energia e produrre calore. “Questo studio apre la strada alla ricerca di nuove molecole capaci di combattere quelle che rappresentano alcune tra le patologie che, oggi, nei paesi industrializzati generano tra i più alti costi sociali e sanitari”, ha spiegato Daniele Piomelli, coordinatore dello team di ricerca italiano. “Basta pensare che, in Italia, le patologie che fanno parte della sindrome metabolica colpiscono circa 14 milioni di persone, con un continuo incremento anche nei bambini e negli adolescenti. Poter limitare gli effetti causati da un apporto troppo elevato di cibi grassi e dalla sedentarietà, cioè quelle cattive abitudini che caratterizzano sempre di più la nostra società, rappresenta un grandissimo passo avanti non solo in termini di salute privata e pubblica, ma anche in termini economici per i sistemi sanitari a livello globale”.
Se fosse possibile sintetizzare dei farmaci efficaci anche sugli uomini, in un futuro che per forza di cose è ancora lontano, si potrebbe forse risolvere quella che per molti è già un’epidemia, chiamata 'diabesity' (leggi su Quotidiano Sanità).

08 marzo 2012
© Riproduzione riservata

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