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Sla. Dall’Italia un nuovo metodo per la diagnosi precoce con prelievo di saliva


Il risultato ottenuto grazie alla collaborazione tra l’Irccs Fondazione Don Gnocchi e l’Irccs Istituto Auxologico Italiano. Il nuovo metodo consentirà di ridurre i tempi per la diagnosi, che oggi possono arrivare anche a 1 anno, e di conseguenza di accelerare la presa in carico del paziente, con l’obiettivo a lungo termine di migliorarne la prognosi e la qualità della vita. LO STUDIO

24 GIU - C’è un’arma in più, da oggi, nella lotta a una delle patologie più invalidanti, la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), che colpisce in Italia più di 6 mila persone, con un’incidenza di 2 mila nuovi casi ogni anno (dati EURALS Consortium). Si tratta di un nuovo metodo per la diagnosi precoce con prelievo di saliva, che permetterà di accelerare la presa in carico di questi pazienti, le cui difficoltà finora sono state legate anche ai tempi della diagnosi, che a volte, possono sfiorare l’anno.
 
Il nuovo metodo per la diagnosi tramite saliva è stato ideato grazie alla collaborazione tra l’Irccs Fondazione Don Gnocchi e l’Irccs Istituto Auxologico Italiano, i cui ricercatori hanno individuato nella saliva – grazie a una tecnica innovativa - un biomarcatore utile alla diagnosi precoce della malattia.
 
Il progetto dei due Istituti -
che fanno parte della rete Irccs delle Neuroscienze e Neuroriabilitazione (RIN) - è stato ideato e coordinato dal Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica (LABION) dell’Irccs Fondazione Don Gnocchi di Milano, guidato dalla dottoressa Marzia Bedoni, in collaborazione con l’Unità di Riabilitazione Intensiva Polmonare dello stesso Irccs, diretta dal dottor Paolo Banfi.

Primo autore e responsabile dello studio - finanziato dal ministero della Salute e pubblicato su “Scientific Reports” (gruppo Nature) - è il dottor Cristiano Carlomagno, ricercatore “Don Gnocchi.
 
“Da qui l’idea di ricorrere alla spettroscopia Raman - spiega Bedoni - una tecnica innovativa in ambito bioclinico, presente da tempo nel LABION, basata sull’utilizzo della luce laser per studiare la composizione chimica di campioni complessi come la saliva. Si tratta di una tecnica non distruttiva, che dà risposte in tempi brevi, non richiede particolari condizioni per l'esecuzione della misura e può essere effettuata con una minima preparazione del campione".
 
“Il ritardo nella diagnosi – aggiunge Banfi – causa spesso nel paziente un senso di impotenza, penalizzandolo poi nell’accesso ai trial clinici. L’individuazione di un nuovo metodo per accelerare la procedura diagnostica avrà importanti ricadute e costituisce un capitolo importante nello studio e nella battaglia contro questa patologia gravemente invalidante”.
 
“La possibilità di utilizzare un semplice e non traumatico prelievo di saliva per definire un biomarcatore diagnostico per la SLA - commenta Vincenzo Silani, ordinario dell’Università degli Studi di Milano e direttore dell’ Unità Operativa di Neurologia e Laboratorio di Neuroscienze dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano - rappresenta un’opportunità di rilevanza storica. La metodologia utilizzata ha richiesto un’attenta messa a punto iniziale, ma poi è stata dirimente nel definire uno spettro diversificato nella SLA rispetto ai controlli sani e rispetto ad altre patologie egualmente invalidanti come le malattie di Alzheimer e Parkinson”».
 
“Siamo orgogliosi di questi risultati - conclude Carlomagno - perché lo sviluppo e la validazione di questa innovativa metodologia permetterà di mettere a disposizione di medici e pazienti uno strumento in grado sia di accelerare la procedura diagnostica, che di anticipare e personalizzare il trattamento terapeutico e riabilitativo in base alle caratteristiche di ogni singolo paziente, con l’obiettivo a lungo termine di migliorarne la prognosi e la qualità della vita”.

24 giugno 2020
© Riproduzione riservata

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