Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Lunedì 20 MAGGIO 2024
Studi e Analisi
segui quotidianosanita.it

Orario di lavoro in eccesso e danni per la salute. Cosa dice la Cassazione

di Domenico Della Porta

31 MAG - Lo studio dell’Oms e dell’Oil (al quale ha preso parte anche Inail) in cui viene evidenziato l’incremento del rischio di cardiopatia ischemica e ictus in prestatori d’opera che lavorano più di 55 ore a settimana, ha suscitato non poche preoccupazioni tra gli operatori del comparto sanità che hanno aderito, oltre il proprio impegno orario contrattuale, a partecipare alla campagna vaccinale anti Covid 19.
 
Non a caso il direttore del Dipartimento dell’Istituto assicuratore di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale Sergio  Iavicoli ha dichiarato, tra l’altro, che sono: “Necessarie iniziative mirate per proteggere i lavoratori più esposti”.
 
Ecco perché vale va pena ricordare la sentenza della Corte di Cassazione n.5066 del 2018 in cui viene trattato il caso del di un dipendente soggetto a stress lavorativo per via di un’eccessiva usura, causata dal ricorso continuo agli straordinari. Nella ordinanza, infatti,   la Cassazione ha ritenuto indennizzabile il dipendente sottoposto a troppe ore di straordinario anche se la malattia professionale non rientra nelle tabelle dell’Inail.
 
Ovviamente resta il fatto che il lavoratore è chiamato a dimostrare di aver subito un danno alla salute: attenzione però chi è stakanovista per propria vocazione o, per sua particolare indole, si preoccupa per nulla e, a causa di ciò, si ammala non può chiedere risarcimenti all’azienda che, in questo, non ha alcuna colpa se si è sempre comportata bene.
 
Nel caso di specie la Cassazione ha riconosciuto il risarcimento e la rendita Inail al lavoratore affetto da crisi di depressione e attacchi di panico determinati dall’eccessivo lavoro. Un numero alto di ore di straordinari aveva causato al ricorrente un forte stress, accompagnato da stati depressivi e attacchi di panico. Nel giudizio, l’interessato è riuscito a dimostrare che la malattia era stata determinata proprio dall’ambiente lavorativo e non da altre cause.
 
A tal proposito ci sembra utile riproporre uno stralcio della sentenza in questione.
 
Esistono a riguardo delle malattie cosiddette tabellari, riportate in un elenco per le quali spetta in automatico l’indennizzo dell’Inail. Questo non significa però che eventuali ulteriori patologie non siano indennizzabili; l’unica differenza sta nel fatto che per le malattie professionali non indicate nelle tabelle spetta al dipendente dimostrare il danno e la lesione alla salute.
 
Secondo la Corte, anche se non è tabellata, va comunque indennizzata la malattia professionale che causa ansia e stress al dipendente sottoposto a molte ore di lavoro straordinario. Il lavoratore, in questi casi, dovrà soltanto dimostrare la consequenzialità l’ambiente di lavoro e la malattia diagnosticata. Sono infatti indennizzabili – continua la Cassazione – «tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, sia che riguardi la lavorazione, sia che riguardi l’organizzazione del lavoro e le modalità della sua esplicazione». È illegittima qualsiasi distinzione in tal senso, «posto che il lavoro coinvolge la persona in tutte le sue dimensioni, sottoponendola a rischi rilevanti sia per la sfera fisica che psichica».
 
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale – evidenziano infatti i giudici – a rilevare non è solo il rischio specifico proprio della lavorazione, ma anche il cosiddetto rischio specifico improprio «non strettamente insito nell’atto materiale della prestazione ma collegato con la prestazione stessa»: un principio, questo, applicabile anche quando si parla di malattie professionali. In questo contesto, per la Cassazione nel momento in cui il lavoratore è stato ammesso a provare l’origine professionale di qualsiasi malattia, sono necessariamente venuti meno anche i criteri selettivi del rischio professionale inteso come rischio specificatamente identificato in tabelle, norme regolamentari o di legge. Un’interpretazione, quest’ultima, confermata dall’articolo 10, comma 4, della legge 38/2000.
 
In definitiva, quindi, secondo la Corte «ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata all’Inail, anche se non compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo in tal caso il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia diagnosticata».
 
Domenico Della Porta
Presidente Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali Università degli Studi di Salerno

31 maggio 2021
© Riproduzione riservata

ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy