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Bene il Ministro nel trovare i fondi, ora però servono le riforme

di Ettore Jorio

Dico questo nella consapevolezza che non è il quot dei miliardi a risolvere l’altrimenti irrisolvibile. Bensì le riforme, quelle che servono a rivoltare la giacchetta consumata dall’incoscienza.

17 OTT -

Di sanità si parla tanto e male. Molto spesso a vanvera. Proprio per questo, per la sanità che si tocca con la mano si fa tuttavia poco, troppo poco. La sanità non si compra, si riorganizza. Nella sanità si investe, soprattutto.

E’ quanto è necessario comprendere dopo 45 anni dalla migliore riforma del sistema, che tra l’altro: istituì il Ssn; generò il finanziamento impositivo con conseguente universalismo che assicurò l’assistenza a tutti indistintamente; diede centralità alla prevenzione (rimasta teorica) e alla assistenza distrettuale (anch’essa rimasta al palo, ma piena zeppa di chiacchiere spesso in bocca alla qualunque); tirò fuori i prodromi per istituire il regime di una concorrenza amministrata pubblico-privato accreditata.

Insomma, di cose ne fece e ne scrisse, ma tante rimasero e rimangono ancora sulla carta. Finanche impresse in appunti andati dispersi.

Evito qui di ricordare ciò che si dovrebbe, altre due riforme (1992 e 1999), idealmente apprezzabili ma condotte in un labirinto attuativo dove a prevalere è stata la contrattualità politica peggiore.

Ripartiamo da oggi, che rappresenta lo stato peggiore della sanità nazionale: rovine naturali (Covid) peggiorate da assenza di cautele anti-pandemiche, finanche postdatate; assenza assoluta di programmazione dal 2006; un aziendalismo in caduta di qualità; un management selezionato male e solo politicamente; un dicastero per lo più impropriamente occupato; piani di rientro a gogò e commissariamenti mantenuti sadicamente in piedi e maltrattati attraverso isterismo di ogni genere. Insomma, un sistema che in Paesi più civili sarà certamente portato come esempio da non imitare! Chi ha i soldi e potere rintraccia cura e riabilitazione. In problema è per chi ha le tasche vuote, destinate al peggioramento.

Legge di bilancio. Schillaci mi pare più ministro dei soliti, nel pretendere i soldi quando il salvadanaio è vuoto. Pretendendo senza clamore. Ha chiesto quattro miliardi e ne ha ottenuti 3.3 che, messi insieme ai 2.3 mld destinati al rinnovo contrattuale dei medici e degli infermieri, potranno produrre qualcosa.

Dico questo nella consapevolezza che non è il quot dei miliardi a risolvere l’altrimenti irrisolvibile. Bensì le riforme, quelle che servono a rivoltare la giacchetta consumata dall’incoscienza.

Riforme e non chiacchiere, quindi. Il DM70 una rovina, perché è stato pensato male e rimasto sulla carta, nonostante le energiche pretese dell’allora Lorenzini. A questa incompiuta si è aggiunto il DM77, venduto in lungo e largo ma che ha prodotto di fatto il nulla assoluto, se non di inaugurare ciò che c’era peraltro mai funzionante. A tutto questo un PNRR che sta lì come un monumento per costruire altrettanti monumenti senza anima e con difficoltà ad assumere anche il corpo, stante la diminuzione consistente di case e degli ospedali di comunità. Tanto ci sono le Aziende zero a rimediare, che rappresentano l’invenzione più promossa in quella sanità che, con essa, è divenuto un cabaret non affatto divertente.

Quindi cosa fare: ben vengano gli oltre 5 miliardi da destinare al miglioramento retributivo degli operatori e a recuperare (vorrei però capire come) le liste d’attesa, quelle che uccidono piuttosto che rimediare alle malattie.

Quella dei 3.3 miliardi, è stata una bella battaglia vinta dal ministro e dal suo entourage.

Ma il progetto dov’è? Il momento attuale richiede programmi realizzabili e soldi, ma a monte di questo occorre improntare il tutto alla filosofia, mettere in piedi una cura psicologica e una lezione di grande altruismo dedicata a medici e infermieri. Certamente che vanno pagati, e bene, ma anche incoraggiati, difesi dai maltrattamenti, non vilipesi, non offesi.

Hanno bisogno di un Ministro e una governance che faccia come faceva Danny Aiello nella serie televisiva degli anni 90, ove interpretava un simpatico investigatore italo-americano, Anthony Dellaventura. Alla fine di ogni puntata, tranquillizzava tutta Little Italy dicendo sorridendo, guardando nella telecamera che lo precedeva su un marciapiedi affollato, “non preoccupatevi di nulla, perché io sono nei paraggi!”

Di questo affetto e di questa sicurezza hanno tanto bisogno gli operatori sanitari del Paese.

Ettore Jorio



17 ottobre 2023
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