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Cancro. Indagine in Veneto. Screening e diagnosi precoce funzionano. Ma oncologi temono tagli della spending review


Un sondaggio condotto dall’Associazione italiana di oncologia medica. Per il 64%dei medici  la prossima introduzione dei biosimilari di anticorpi monoclonali può favorire il contenimento dei costi. Ma il 61% degli oncologi ritiene che le misure di risparmio della spending review compromettano la qualità delle cure.

24 SET - Ogni anno in Veneto 31.568 persone sono colpite da tumore: 17.576 uomini e 13.992 donne. Le percentuali di guarigione sono aumentate sensibilmente negli ultimi decenni, grazie ai programmi di screening e a terapie sempre più efficaci. Il 52% degli uomini e il 61% delle donne infatti è vivo a 5 anni dalla diagnosi. Tuttavia secondo il 61% degli oncologi i tagli alla sanità nella Regione dovuti alla spending review rischiano di compromettere la qualità delle cure per questi pazienti. Il 98% degli specialisti utilizza farmaci biotecnologici, efficaci contro un grande numero di neoplasie, e il 73% dà una definizione corretta dei biosimilari, prodotti simili ma non uguali ai più complessi originali biotech. E’ quanto emerge da un sondaggio condotto dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) fra i soci del Veneto e presentato nel seminario “Biosimilari da anticorpi monoclonali in oncologia. La sicurezza del paziente prima di tutto”, tenutosi a Verona all’Ospedale Maggiore Borgo Trento.

All’indagine, che si è conclusa lo scorso agosto, ha risposto circa il 45% di tutti gli oncologi che operano in Regione. Per il 64% la prossima introduzione dei biosimilari di anticorpi monoclonali può favorire il contenimento dei costi, anche se il 36% sostiene sia più utile cercare margini di risparmio in altre voci di spesa. Il tema della sicurezza per i pazienti resta centrale. Per il 55% infatti le maggiori criticità legate all’uso dei biosimilari derivano dal fatto che possono funzionare in maniera diversa rispetto all’originatore, per il 27% avere un diverso grado di immunogenicità e per il 18% scatenare allergie. Il 73% ritiene inoltre che la decisione sulla sostituibilità fra biosimilare e originator debba essere di esclusiva competenza dell’oncologo.

“I biosimilari sono entrati nella pratica clinica, in particolare le eritropoietine, i fattori di crescita granulocitari e gli ormoni della crescita – spiega la prof.ssa Stefania Gori, tesoriere nazionale Aiom -Ma nei prossimi anni saranno disponibili anche i biosimilari di anticorpi monoclonali, farmaci utilizzati nel trattamento di varie forme tumorali, nelle quali hanno determinato vantaggi anche in sopravvivenza. Per migliorare il livello di conoscenza degli specialisti abbiamo organizzato corsi itineranti in 9 Regioni. E con il questionario abbiamo voluto cogliere il livello di conoscenza degli oncologi del Veneto sul tema, per capire quali siano i dubbi e le problematiche legate all’introduzione di questi prodotti. È emerso che una notevole percentuale conosce l’esatta definizione di biosimilare, superiore alla media nazionale, pari al 24%. I biosimilari rappresentano un’opportunità per contenere la spesa farmaceutica nazionale e per liberare risorse per favorire l’accesso alle terapie innovative, ma sono fondamentali sia un controllo scientifico costante sia scelte dettate dall’appropriatezza terapeutica”.

Per il 67% degli oncologi veneti i biosimilari di anticorpi monoclonali sono più complessi di quelli oggi disponibili, richiedono processi di vigilanza più accurati e appositi registri e studi clinici con endpoint validati. “È comprensibile la preoccupazione degli specialisti per le conseguenze della spending review – afferma la prof.ssa Annamaria Molino, coordinatore regionale Aiom Veneto - Va però ricordato che la Regione Veneto ha abolito il Prontuario regionale, su richiesta dell’Aiom e di direttori delle Oncologie, per non limitare le nostre possibilità di prescrizione e non creare discrepanze tra Regioni. L’Aiom è stata tra le prime società scientifiche ad approfondire il tema dei biosimilari. È prioritario continuare le iniziative di comunicazione per far sì che gli specialisti italiani abbiano maggiori mezzi conoscitivi per poter giudicare questi prodotti”.

Promuovere informazione e cultura sui biosimilari di anticorpi monoclonali rappresenta l’azione più importante che una società scientifica come l’Aiom deve intraprendere: lo sottolinea 58% degli intervistati. E per il 18% è essenziale collaborare con le Istituzioni per regolamentare il settore e per il 12% creare tavoli di lavoro con altre società scientifiche. È identica la percentuale (27%) di coloro che si dicono a favore o contrari al fatto che i biosimilari, nei pazienti mai trattati prima, se disponibili a un prezzo inferiore rispetto all’originatore, debbano essere preferiti.

 “Non tutti i biologici – sottolinea la dott.ssa Francesca Venturini, membro del Direttivo Sifo - sono reali candidati per la produzione del biosimilare. Il dossier di registrazione, pur facendo riferimento all’originator, deve riportare studi comparativi preclinici e clinici per dimostrare un profilo sovrapponibile per qualità, sicurezza, efficacia. Il programma di ricerca e sviluppo è volto a dimostrare la ‘biosimilarità’ intesa come comparabilità tra un biosimilare ed il suo prodotto di riferimento (attraverso ‘l’esercizio di comparabilità’). I biosimilari inoltre sono sottoposti a monitoraggio intensivo Aifa per 5 anni dalla commercializzazione, rientrano cioè fra i medicinali sottoposti a monitoraggio addizionale. Posto che la scelta del trattamento con un farmaco biologico o un biosimilare rimane una decisione clinica affidata al medico prescrittore, i biosimilari costituiscono un’opzione terapeutica di minor costo e di pari efficacia a disposizione dei curanti, da utilizzare nel rispetto delle vigenti autorizzazioni degli enti regolatori e delle indicazioni riportate in scheda tecnica. I biosimilari sono da preferire principalmente nei pazienti naive, rappresentando un’opportunità importante che consente di liberare risorse da destinare ai nuovi farmaci innovativi”.

La Regione Veneto, nel parere espresso dalla Commissione per il Prontuario Terapeutico Ospedaliero ha stabilito che nei pazienti che hanno iniziato un trattamento con un dato farmaco “si ammette – osserva Molino - la non sostituibilità; pertanto su richiesta specifica del clinico, viene riconosciuta l’opzione di mantenere invariata la terapia”. Inoltre si sottolinea che il medico, se non ritiene di poter utilizzare il biosimilare sui pazienti mai trattati prima, “è tenuto, contestualmente alla prescrizione, a produrre alla Asl specifica relazione da cui siano rilevabili le motivazioni della scelta. È importante – conclude Molino – che la Regione aggiorni le linee guida in riferimento ai biosimilari di anticorpi monoclonali che presentano un livello maggiore di complessità rispetto alla prima generazione di questi medicinali”. 

24 settembre 2013
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