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L’Antitrust boccia la legge Lorenzin: “Non opportuni nuovi Ordini e Albi per le professioni sanitarie non mediche”. La relazione annuale

di G.R.

L'Autorità ha sottolineato la non opportunità di costituire nuovi Ordini e Albi "se non in casi eccezionali", visto che, sotto il profilo della qualificazione professionale, le esigenze di tutela del consumatore "possono essere soddisfatte con la previsione di un apposito percorso formativo di livello universitario obbligatorio". Bocciatura anche per Decreto fiscale e la legge di Bilancio che hanno comportato una battuta d’arresto in tema di concorrenza. LA RELAZIONE

13 LUG - Bocciatura dell'Antitrust per la legge Lorenzin, in particolare per la parte riguardante l'istituzione di nuovi Ordini ed Albi professionali. Non passano l'esame anche il Decreto fiscale e la legge di Bilancio che "hanno comportato una battuta d'arresto in tema di concorrenza". In particolare, come già per altro segnalato lo scorso novembre, l'Autorità critica l'introduzione della misura dell'equo compenso. Questi i principali temi di intervento in ambito sanitario contenuti nella relazione annuale dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, presentata ieri dal presidente Giovanni Pitruzzella presso la sala Koch del Senato.
 
Procedendo con ordine, quanto alla legge Lorenzin, in tema di professioni sanitarie: "L'Autorità osserva con preoccupazione l’ampliamento del numero degli ordini professionali in materia sanitaria previsto dalla c.d. Legge Lorenzin, approvata in limine appena prima della chiusura della legislatura. La legge, che ha avuto un lungo iter parlamentare (oltre cinque anni), interviene su un’ampia serie di materie nel settore sanitario, tra cui, per quanto riguarda gli aspetti di maggiore rilevanza concorrenziale, la riforma degli Ordini professionali sanitari esistenti e l’istituzione di nuovi Ordini. Agli Ordini, già esistenti, dei medici-chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti, si aggiungono, infatti, gli Ordini delle professioni infermieristiche, della professione di ostetrica e dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (art. 4)".
 
"Contestualmente, viene ridisegnata la disciplina relativa al funzionamento interno degli Ordini trasformando gli attuali 'Collegi' delle professioni sanitarie e le rispettive federazioni nazionali in 'Ordini' delle medesime professioni e relative Federazioni nazionali. Viene, inoltre, introdotta l’area delle professioni sociosanitarie, che va a ricomprendere i preesistenti profili professionali di operatore socio-sanitario (Oss), assistente sociale, sociologo ed educatore professionale. Di rilievo - prosegue la relazione - appare l’introduzione di una procedura aperta per il riconoscimento di nuove professioni: si prevede, infatti, la possibilità di individuare nuove professioni sanitarie, il cui esercizio deve essere riconosciuto in tutto il territorio nazionale, con procedura a carico del Ministero della Salute".

"A fronte di tale riforma, l’Autorità coglie l’occasione per ricordare che in passato è intervenuta più volte proprio in materia di professioni sanitarie, delineando un orientamento specifico nell’ambito di quello generale sulle professioni. In particolare, nei citati interventi di segnalazione, è stata evidenziata la non opportunità di costituire nuovi Ordini professionali e nuovi albi per le professioni sanitarie non mediche se non in casi eccezionali atteso che, sotto il profilo della qualificazione professionale, le esigenze di tutela del consumatore possono essere soddisfatte con la previsione di un apposito percorso formativo di livello universitario obbligatorio, peraltro già previsto dal nostro ordinamento per quasi tutte le professioni citate".
 
L’Agcm ha manifestato, inoltre, una certa preoccupazione anche in relazione al Decreto fiscale e alla legge di Bilancio che, per molti aspetti, “segnano su più fronti un netto arretramento − e in alcuni casi una vera e propria restaurazione − rispetto alle seppur parziali aperture pro-concorrenziali introdotte dalla legge Concorrenza”.
 
In particolare, l’Autorità - come già segnalato lo scorso novembre - ritiene che l’introduzione dell’equo compenso per le prestazioni professionali rischia di compromettere la portata pro-concorrenziale determinata dalla possibilità di esercitare alcune attività − dagli avvocati ai farmacisti − in forma societaria che consente di ampliare “la concorrenza tra professionisti a beneficio dei fruitori del mercato, sia in termini di aumento delle possibilità di scelta, che di costo del servizi”.

Ad avviso del Garante, infatti, l’equo compenso avrebbe reintrodotto, di fatto, un regime tariffario per i servizi professionali e “la fissazione di tariffe professionali fisse e minime costituisce una grave restrizione della concorrenza, in quanto impedisce ai professionisti di adottare comportamenti economici indipendenti e, quindi, di utilizzare il più importante strumento concorrenziale, ossia il prezzo della prestazione”. Sotto il profilo concorrenziale, il Decreto fiscale e la legge di Bilancio hanno comportato una battuta d’arresto.
 
Infine, quanto al mercato farmaceutico, Pitruzzella ha ricordato la segnalazione al Parlamento in materia di produzione dei bollini farmaceutici e sul diritto di esclusiva sulla produzione degli stessi da parte dell’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato (Ipzs).
 
Giovanni Rodriquez

13 luglio 2018
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