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Un poliambulatorio a libero accesso non è un pronto soccorso

di Luciano D’Angelo e Fabio De Iaco

03 MAG - Gentile direttore,
ormai si può parlare della “questione Pronto Soccorso”: sono tanti i giornalisti, le redazioni, gli articoli e i servizi televisivi che si occupano, con diversa modalità, taglio editoriale e stile di comunicazione dell’informazione su questo settore del Servizio Sanitario Nazionale.

Sono vitali la serietà e il senso di responsabilità con i quali la notizia viene trasmessa al grande pubblico. Come SIMEU siamo molto grati ai tanti seri professionisti che continuano ad aiutarci per far emergere le difficoltà, a coloro che ben raccontano le realtà vissute da medici, infermieri, pazienti e famiglie, che diffondono cultura dell’emergenza urgenza e sensibilizzano l’opinione pubblica rispetto alle reali necessità e responsabilità. Siamo grati a coloro che descrivono con correttezza e approfondimento gli scenari nei quali ogni giorno lavoriamo, che cercano dati da analizzare, fatti concreti, esempi, che ci mettono alla prova, indagando e poi trasmettendo i risultati delle loro ricerche. A coloro che ci interrogano, riconoscendoci come interlocutori professionali e imparziali, per verificare i fatti e generare un’informazione corretta. In questi anni, tra le molte difficoltà ben intuibili, siamo sempre stati accanto all’informazione corretta e oggettiva.

Il Pronto Soccorso, si sa, è la linea rossa del Servizio Sanitario, il luogo in cui si affrontano le condizioni più acute e pericolose, ma anche il servizio in cui ci si impegna per rispondere a necessità di soccorso contro la violenza, il disagio, la marginalità sociale, il vuoto dell’assistenza di prossimità e molto altro.

Proprio per questa loro caratteristica - e per le ragioni oggettive ormai ultra note - sono luoghi molto affollati, dove i cittadini si confrontano con tempi di attesa e gestione oggettivamente lunghi. Siamo noi i primi ad affermarlo: troppo lunghi.

Dall’altro lato i professionisti che nei Pronto Soccorso operano quotidianamente sono sottoposti a sovraccarico lavorativo, stress di livello molto elevato, difficoltà nel garantire la copertura del servizio nonostante le tante note criticità.

Anche questo già si sa.

L’analisi delle cause disfunzionali è complessa, il problema è vero, è grave, è importante e non dovrebbe quindi essere oggetto di analisi superficiali di sapore volutamente “scandalistico”, giusto per conquistare qualche punto di audience.

Certo, la finalità dichiarata è quella di aumentare l’attenzione dei cittadini, di raccoglierne le aspettative e le istanze, ma il rischio che si corre attraverso non corrette scorciatoie è quello di offrire informazioni parziali se non addirittura false, errate, talora tendenziose.

Come Società Scientifica ci opponiamo in modo deciso, smentiamo e prendiamo le distanze dalle dichiarazioni recentemente andate in onda in una popolare trasmissione televisiva, sul tema dei cosiddetti “Pronto Soccorso privati”, nella quale si afferma clamorosamente che “un Poliambulatorio a libero accesso equivale a un Pronto Soccorso”. Non è cosi!

Il messaggio che ne deriva è pericolosamente irresponsabile.

Chi si rivolge a un Pronto Soccorso trova un’organizzazione che ha alle spalle la struttura complessa di un Ospedale e riceve una risposta commisurata al suo bisogno clinico.

Chi si rivolge a chi offre prestazioni on demand, senza attesa ma accompagnate da un congruo tariffario, riceverà probabilmente un “prodotto” proprio come accade in un supermercato, in risposta a un bisogno, diciamo noi, sperabilmente poco rilevante.

Il grande rischio di rendere la salute un mercato è che venga consigliato all’utente il prodotto che rende di più a chi lo vende, non il più indicato a chi lo consuma.

O magari quello in scadenza.

Contestiamo la scelta di parole sbagliate, in quella e in altre trasmissioni televisive: alla parola “caos” va sostituita la parola “sovraffollamento” (condizione critica ma gestita con strumenti professionali), alla parola “abbandono” va sostituita l’espressione “impegno assistenziale estremo”. Non solo si deve rendere giustizia ai professionisti che si impegnano: soprattutto non va trasmessa ai cittadini un’informazione colpevolmente catastrofica.

Affrontiamo quotidianamente la progressiva disgregazione di quel “patto sociale” che dovrebbe esistere tra cittadini e professionisti che operano nel Servizio Sanitario Nazionale: vorremmo essere aiutati da un’informazione mai benevola, ma corretta e imparziale e non sempre questo accade.

Eppure lo stesso “patto sociale” dovrebbe esistere anche tra cittadini e operatori dell’informazione, che è anch’essa un servizio al cittadino.

Luciano D’Angelo, Presidente regionale SIMEU Lombardia
Fabio De Iaco, Presidente nazionale SIMEU

03 maggio 2024
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