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Epatite C. EpaC Onlus: "Italia prima in Ue per numero di casi. Ogni anno 10mila morti"


Nel corso di un incontro a Milano, è stato ribadito che "la vera sfida è scoprire l'infezione e intervenire in tempo". In quest'ottica, è stato accolto con favore il piano nazionale che "aiuterà misure preventive, strategiche e di controllo". 

21 MAG - Siamo primi in Europa per numero di casi di epatite C: ogni anno il virus Hcv causa oltre 10 mila morti in tutta Italia per malattie epatiche. Ma seppure sia così diffusa, c’è scarsa informazione sulla malattia. Spesso non si sa che nella prima fase l’infezione è asintomatica, che non esiste vaccino ma la malattia è debellabile, e che, tuttavia, una volta che diventa cronica è più difficile trattarla. A pochi mesi dalla messa a punto in Italia del piano nazionale per le malattie epatiche, e in attesa dei nuovi farmaci che rivoluzioneranno il suo trattamento, alcuni esperti hanno fatto il punto a Milano in occasione dell’incontro stampa “Epatite: Ci confrontiamo”, promosso da CNR Radio con la partecipazione di EpaC Onlus.
 
Il recente piano nazionale contro le malattie epatiche, messo a punto a novembre 2012 e attualmente in via di definizione presso il Ministero della Salute, prevede un programma d’azione per contrastare questa emergenza sanitaria, che vede il nostro Paese al primo posto in Europa per numero di casi, con oltre un milione e seicentomila persone colpite dal virus HCV, di cui 180 mila in Lombardia. In primo piano, sia nel piano che nella discussione degli esperti, diagnosi precoce e trattamento tempestivo. “Il piano nazionale rappresenta per il nostro Paese un importante punto di partenza per definire strategie di prevenzione, di gestione e controllo mirate a ridurre l’impatto delle malattie epatiche, tra cui in primo piano l’epatite C, che nel 20-30% dei casi evolve in patologie gravi come la cirrosi e il tumore del fegato ed è responsabile di oltre la metà dei trapianti di fegato effettuati in Italia ogni anno”, ha spiegato Massimo Colombo, Ordinario di Gastroenterologia, Università degli studi di Milano. Direttore U.O. Gastroenterologia 1, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano. “Tra le misure previste dal piano, un elemento significativo è l’istituzione di un registro nazionale, che permetterà di tracciare un quadro preciso della malattia in tutte le Regioni e tenere sotto controllo l’evoluzione delle infezioni da virus HCV. Il registro sarà il primo passo verso strategie efficaci contro l’epatite C e le sue serie conseguenze”.
 
Concorda Ivan Gardini, Presidente dell’Associazione EpaC Onlus: “Prevenzione e diagnosi precoce sono obiettivi prioritari per contrastare l’epatite C e ci auguriamo che le misure previste dal piano nazionale siano introdotte efficacemente per portare a reali passi avanti, in risposta ai bisogni dei pazienti. Individuare l’infezione e arrivare al trattamento il prima possibile aumentano le possibilità di guarigione per il paziente, con le ricadute benefiche individuali, sociali, sentimentali e lavorative che questo comporta. L’epatite C ha un costo sociale notevole, che richiede la massima attenzione da parte di tutti gli attori coinvolti. Trattare l’infezione ed evitare serie conseguenze è una necessità e un diritto per i pazienti e le loro famiglie, che hanno bisogno di informazione e supporto costanti”.
 
“Combattere l’epatite C è possibile perché il virus HCV può essere debellato completamente con le terapie disponibili”, ha continuato Savino Bruno, Direttore Struttura Complessa di Medicina Interna a indirizzo Epatologico, Ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano. “Il trattamento duale (standard of care, SOC) si basa sulla combinazione di interferone peghilato e rivabirina. La novità è rappresentata dall’aggiunta alla terapia SOC dei farmaci antivirali diretti introdotti recentemente in Italia. Questo percorso terapeutico permette di raggiungere una completa guarigione nel 50-80% dei pazienti di genotipo 1, i più difficili da curare. Risultati terapeutici che tuttavia vengono raggiunti solo in una ridotta percentuale di pazienti, perché molti soggetti ignorano di avere contratto l’infezione e scoprono questa condizione solo dopo molti anni, quando sono insorti seri danni alla salute del fegato”.
 
“Dopo la diagnosi non tutti i pazienti possono intraprendere il trattamento, che lo specialista valuta in base a numerosi fattori, come lo stadio dell’infezione e le caratteristiche del paziente”, ha aggiunto Massimo Puoti, Direttore Struttura Complessa di Malattie Infettive, Ospedale Niguarda Ca' Granda, Milano. “Riconoscere il virus in uno stadio precoce è un fattore determinante per il successo delle  terapie. Per questo è importante diffondere una maggiore informazione sulla malattia e favorire una stretta collaborazione tra lo specialista e il medico di medicina generale, così da riconoscere i primi campanelli d’allarme e intraprendere subito l’iter di diagnosi e trattamento”.
 
“L’informazione è un fattore chiave anche per interrompere la trasmissione del virus e sfatare i falsi miti, che spesso portano con sé un carico di ansie e paure e spingono i pazienti a isolarsi”, ha detto Giuliano Rizzardini, Direttore Dipartimento Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Luigi Sacco, Milano. “Trattare il paziente il prima possibile significa non solo evitare le serie conseguenze del virus, ma anche liberare il paziente da tutto il peso psicologico ed emotivo della malattia. Questo elemento non deve essere sottovalutato perché la motivazione e lo stato psicologico con cui il paziente affronta il percorso terapeutico sono determinanti per l’aderenza alle terapie e il successo del trattamento”.
 
Conclude Ivan Gardini: “Il nostro impegno come Associazione va proprio nella direzione di stare vicini ai pazienti e alle loro famiglie, facendoci portavoce dei loro bisogni e fornendo supporto e informazioni costanti. Per raggiungere i nostri obiettivi abbiamo bisogno di un impegno allargato e di una costante attenzione da parte di tutti, affinché il percorso intrapreso porti a una svolta concreta per tutti coloro che affrontano ogni giorno la malattia”.

21 maggio 2013
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