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Marino (PD): “Ddl Governo clinico è tutto da rifare”


10 GIU - “L’unica preoccupazione della destra è di liberare da ogni regola l’attività privata dei medici anche se dipendenti del Ssn. La sanità, e i tanti bravissimi medici del servizio pubblico ne sono convinti, ha come missione la salute delle persone ed è per questo che nella passata legislatura approvammo la legge 120 che, senza penalizzare i medici, consentiva l’attività privata a patto che fosse garantito un eguale numero di prestazioni nel pubblico. La destra, invece, propone un testo che non tiene conto degli interessi dei cittadini”.
 
Il senatore del Pd Ignazio Marino commenta così il rinvio del disegno di legge sul Governo clinico  alla Commissione Affari Sociali a Montecitorio dopo l’approvazione di due emendamenti del Pd. “L'art 10 del testo – continua Marino – prevede infatti che i medici potranno impiegare il 50 per cento del loro ‘impegno orario’ in strutture private. Questo significa che i camici bianchi potranno lavorare la mattina nel settore pubblico e il pomeriggio in quello privato anche al di fuori degli ospedali e senza adeguati controlli. Quindi, per intenderci, se un medico opera di mattina un paziente a Roma ed il pomeriggio si reca a Viterbo in una struttura privata non potrà personalmente garantire accertamenti e una giusta assistenza qualora il paziente a Roma peggiorasse improvvisamente”.
 
“Inoltre il disegno di legge sul governo clinico ignora del tutto le vere criticità del servizio pubblico come, ad esempio, le lunghe liste di attesa e crea le condizioni perché esse si allunghino ulteriormente. Senza contare poi il blocco del turn over, previsto dalla manovra finanziaria del ministro Tremonti  che sostituendo solo uno su cinque dei medici che andranno in pensione causerà vuoti pericolosi in corsia, nei vari reparti e nelle sale operatorie. Infine, invece di rendere trasparenti e meritocratici i criteri di nomina dei direttori generali e dei primari, si mantiene un sistema che non seleziona in base alle capacità e al merito professionale. Dobbiamo andare esattamente nella direzione opposta. I direttori generali ed i primari devono essere scelti in base a criteri tecnici e non essere, invece, i migliori amici dei segretari di partito”.

10 giugno 2010
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