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Renzi e la sanità. Ma come la pensa il premier incaricato?

di Luca Benci

Renzi è intervenuto raramente sulle questioni sanitarie. Ma forse si possono desumere le sue future strategie politiche dai punti presentati alla “Leopolda” nel 2011 e 2013 e dalle dichiarazioni di personalità a lui vicine. Dagli sprechi legati a “privilegi professionali”  alla depenalizzazione della responsabilità del medico e alla riforma dei ticket. Mentre c'è silenzio sulle questioni bioetiche

19 FEB - Il premier incaricato Matteo Renzi interviene raramente sulle questioni sanitarie. Non è quindi facile capire quale strategia possa avere il suo futuro governo. In attesa della presentazione dell’Esecutivo c erchiamo – sulla base dei documenti esistenti – di capire quale possa essere la sua strategia politica sul punto. I documenti che analizzeremo sono tre: i punti della “Leopolda” del 2011 e del 2013 (vedi allegato), l’intervista a quotidiano sanità di Yoram Gutgeld suo consigliere economico, il programma del partito democratico presentato in campagna elettorale (vedi allegato).
 
Durante la prima Leopolda la sanità occupa un ruolo marginale e sulle 100 proposte se ne contano sei sulla sanità: costi standard, ridefinizione del ruolo del medico di medicina generale, ospedale solo per acuti e chiusura piccoli presidi, percorsi regionali e revisione delle esternalizzazioni.
Quest’ultimo – ancorché poco sviluppato – sembra costituire la parte interessante. Si pone una critica al costo delle esternalizzazioni che, in via teorica, secondo il documento renziano dovrebbero servire per assicurare un servizio migliore rispetto a quello interno e per ridurre i costi. Invece si arriva spesso a conclusioni contrarie. Scrive testualmente il testo della prima Leopolda: “costa di più l’infermiera esternalizzata dell’infermiera interna e l’esternalizzazione è troppo spesso gravata da attività professionalmente scadente”. Un invito a internalizzare i servizi e a valorizzare le professionalità assunte oppure un invito alla revisione delle esternalizzazioni? Sembrerebbe – data l’esperienza avuta – che le esternalizzazioni non siano quindi una pratica virtuosa. La conclusione è comunque difficile data l’estrema semplicità e superficialità dei sei punti.
 
Nel 2013 il documento sulla sanità emerso dalla terza Leopolda è leggermente più strutturato e occupa una paginetta in formato A4. Andando oltre la classica vulgata renziana di carattere sloganistico – “non si possono tagliare i fondi per risparmiare, occorre tagliare i fondi per non sprecare” – si specifica che lo spreco è “ancora annidato ovunque” e cita al primo posto “i privilegi professionali”. Purtroppo non si declina tale affermazione in quanto sarebbe stato interessante per capire il punto di vista del futuro premier sul mondo professionale. A chi si riferisce Renzi quando parla di “privilegi professionali”? A tutte le professioni sanitarie? A parte di esse? A una di esse? Questo punto è un unicum nella comparazione con gli altri documenti renziani, del partito democratico e delle persone, come Gutgeld, date a lui vicine. Bisognerà vedere se questa forte affermazione sui “privilegi” professionali possa avere una ripercussione sui vari progetti di legge sugli ordini professionali che sono in parlamento.
 
Sempre sul piano professionale – nel documento dell’ultima Leopolda – si afferma la richiesta sulla depenalizzazione della responsabilità del medico. La richiesta, non presente nel programma sanità del Partito Democratico, avrebbe come risultato un “immediato e significativo risparmio”. Non si capisce bene come, a parte eventuali ma certo non immediati risparmi sulla medicina difensiva, visto che la maggior parte dei problemi è nella sede civilistica (su cui infatti, insiste molto, il ben più strutturato documento sanità presentato in campagna elettorale dal suo partito). Tra l’altro, queste proposte, erano state avanzate nell’ottobre 2013 a circa un anno dalla parziale esenzione dalla responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie approvata con la legge Balduzzi.
 
Sui progetti legati alla sostenibilità dei costi del Servizio sanitario nazionale
il Renzi  leopoldiano si distacca completamente dal programma del partito democratico e chiede la “costruzione di un credibile strumento di compartecipazione (progressiva) dei cittadini alla spesa”. La compartecipazione alla spesa in realtà, come è noto, esiste da moltissimi anni ed è stata criticata dal partito democratico nel suo programma in quanto “la tutela della salute per tutti è un diritto primario e fondamentale” e “la fonte principale per reperire le risorse necessarie a rendere esigibile questo diritto è e resta la fiscalità generale”. Tra l’altro sul versante risparmi e razionalizzazioni non possiamo non citare la curiosa affermazione di un altro esponente vicino al futuro premier che ha avuto modo di sostenere che l’adozione dei costi standard produrrebbe un risparmio di 30-40 miliardi di euro annui a fronte di un fondo che è poco più di cento miliardi (intervista al finanziere  Davide Serra a margine alla Leopolda) 2013.
 
Per il resto i documenti renziani sposano – a quanto è dato di capire – il servizio sanitario pubblico e non mettono in discussione l’universalità dei servizi mostrando anche un risentimento verso la gestione strumentale delle liste di attesa che vengono utilizzate “coscientemente per fare uscire persone dal Servizio sanitario nazionale”. Sullo stesso versante sembra essere Yoram Gutgeld – parlamentare Pd dato vicino a Matteo Renzi – che sembra avergli suggerito il superamento del sistema dei ticket con un sistema che tenga conto dell’Isee riformato.
Il continuo riferimento al rafforzamento del rapporto ospedale-territorio sembra quindi più in linea con un sistema sanitario come quello che comunemente definiamo “toscano” e più lontano dal sistema “lombardo” più basato sulle realtà ospedaliere. Questo quello che si evince dai pochi documenti in cui il prossimo presidente del consiglio ha mostrato interesse sulle questioni sanitarie o, meglio, sul sistema sanitario.
 
Sul fronte dei diritti bioetici invece l’ormai ex sindaco di Firenze non si è mai particolarmente esposto. Le gravi lacune normative che esistono sul versante del  consenso informato, del testamento biologico e, più in generale delle tematiche di fine vita, nonché di una legge sulla procreazione assistita inficiata da gravi problemi di costituzionalità non sembrano una sua priorità e verosimilmente non possono esserlo né culturalmente né politicamente. Non vi è da attendersi sviluppi di sorta sul punto vista anche la sua sensibilità verso le tematiche vicine ai movimenti pro life dimostrata nella recente delibera del Comune di Firenze sul cimitero dei feti.
 
 
È molto facile pronosticare un accantonamento di queste tematiche, anche in un prosieguo di legislatura come l’attuale che potrebbe, così dice Renzi e il suo entourage, arrivare a naturale scadenza. Su queste tematiche la nostra distanza dall’Europa è tangibile e non sembra che l’ex rottamatore voglia colmarla.
 
Luca Benci
Giurista, Firenze

19 febbraio 2014
© Riproduzione riservata

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