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Opg. L'allarme del giudice Di Nicola: "Con nuova legge soggetti socialmente pericolosi torneranno in libertà"

di Gennaro Barbieri

In una nota inviata all'Anm la toga segnala che con la nuova norma "siamo tenuti a revocare le misure di sicurezza per internati pericolosi che abbiano superato il limite massimo della pena". Ma la Società italiana di psichiatria chiede da tempo di abolire la formula "pericolosità sociale". LA NOTA DEL GIUDICE

05 GIU - La legge che prevede il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), a causa di un comma approvato al Senato, rischierebbe di riportare in libertà numerosi soggetti “socialmente pericolosi”. E’ l’allarme lanciato da Paola Di Nicola, giudice del Tribunale di Roma, che in una nota inviata all’Associazione nazionale magistrati (Anm) osserva come con la nuova norma “siamo tenuti a revocare le misure di sicurezza per internati pericolosi che abbiano superato il limite massimo della pena edittale, senza che vi sia nessuno che se ne faccia carico in concreto”.

Il giudice fa riferimento al comma 1 quater del decreto legge 52/2014 che recita: “Le misure di sicurezza detentive provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima. Per la determinazione della pena a tali effetti si applica l'articolo 278 del codice di procedura penale. Per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo non si applica la disposizione di cui al primo periodo”. In particolare Di Nicola segnala come l’applicazione della norma non sia stata “preceduta dalla necessaria predisposizione di misure sanitarie, sociali e giudiziarie, capaci di contenere, senza conseguenze pregiudizievoli per gli interessati e per la collettività, l’uscita contemporanea in tutta Italia di numerosi soggetti in condizioni di pericolosità sociale ”.

Bisogna però precisare che la formula “pericolosità sociale” è stata più volte contestata dalla Società italiana di psichiatria (Sip) che ne ha chiesto la cancellazione, riprendendo alcune proposte di riforma del Codice penale, come quella Grosso che già nel 1998 prevedeva l'elominazione della “sociale pericolosità” e la sua sostituzione con il concetto di “bisogno di trattamento” da riservare ai soli pazienti a cui è riconosciuto il vizio totale di mente.

Di Nicola, nella nota, esprime comunque la sua contrarietà ai cosiddetti “ergastoli bianchi”, sottolineando che “sono una realtà da stigmatizzare e contrari sia ai principi costituzionali che a quelli della Cedu” a attribuisce precise responsabilità al legislatore che avrebbe dovuto farsi carico “per tempo di un opportuno, efficiente ed adeguato sistema di approdo della riforma, specialmente sotto il profilo sanitario, che temo non sia stato sufficientemente realizzato in concreto sui territori su cui la riforma inevitabilmente ricadrà, con ciò che ne consegue in termini di impatto sociale e di sicurezza”.

Sul tema, la posizione dell’Anm è contenuta in un comunicato che auspica “ il rapido completamento delle Rems sull’intero territorio nazionale senza ulteriori rinvii e, nel contempo, l’avvio di una seria riflessione per una revisione complessiva della materia, ivi compresi gli istituti dell’imputabilità e della pericolosità sociale, senza affrettate, riduttive e regressive reinterpretazioni che rispondono più a impulsi contingenti che a una sana logica sistematica”.

La questione resta comunque aperta e gli interrogativi ancora in campo sono molteplici. E’ ancora opportuno incasellare alcuni soggetti nella categoria della “pericolosità sociale?”. Le osservazioni sollevate dal giudice Di Nicola sono legittime, ma una risposta potrebbe risiedere nel potenziamento dei Dipartimenti di salute mentale (Dsm) e nell’utilizzo delle commissioni regionali sul superamento degli Opg per monitorare i percorsi di cura dei pazienti autori di reato.

Gennaro Barbieri
 

 

05 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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