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Responsabilità professionale. Tutti i dubbi del Servizio studi del Senato. Dal tentativo obbligatorio di conciliazione all'azione di rivalsa


A pochi giorni dall'avvio dell'esame del disegno di legge sulla responsabilità professionale del personale sanitario da parte dell'Aula del Senato, il Servizio studi di Palazzo Madama ha redatto un dettagliato dossier all'interno del quale vengono sollevati alcuni dubbi e suggeriti chiarimenti su diversi articoli del provvedimento. IL DOSSIER

10 NOV - A pochi giorni dall'approdo in Aula al Senato del disegno di legge sulla responsabilità professionale del personale sanitario, il Sevizio studi del Senato ha redatto un dettagliato dossier all'interno del quale vengono sollevati alcuni dubbi e suggeriti chiarimenti su diversi articoli del provvedimento.
 
Tra i rilievi sollevati troviamo all'articolo 8, in tema di tentativo obbligatorio di conciliazione, che, in caso di mancata conciliazione, la domanda giudiziale venga tassativamente presentata ed esaminata nell'ambito del procedimento sommario di cognizione, di cui agli artt. 702-bis e seguenti del codice di procedura civile, ferma restando l'ipotesi che il giudice ravvisi (in base alle difese svolte dalle parti) l'esigenza di un'istruzione non sommaria e che, di conseguenza, fissi, con ordinanza non impugnabile, l'udienza per il procedimento ordinario di cognizione. A tal proposito si suggerisce che "sembrerebbe opportuno chiarire se la disciplina di cui al comma 3 riguardi anche le controversie che, in base al loro valore, siano di competenza del giudice di pace, considerato anche che la Corte di cassazione ha ritenuto che il procedimento sommario summenzionato non si applichi alle cause di competenza del giudice di pace". 
 
Riguardo poi all'importo dell'azione di rivalsa, il comma 6 dell'articolo 9 introduce (sempre con esclusione dei casi di dolo) un limite parzialmente diverso, costituito dal triplo della retribuzione lorda annua. Per gli operatori presso le strutture pubbliche, la riformulazione del comma 5 approvata dalla 12° commissione del Senato ha previsto una disciplina parzialmente diversa, in modo da far riferimento anche all'azione di surrogazione nonché ai lavoratori diversi da quelli subordinati ed ai casi in cui il rapporto di lavoro non duri tutto l'anno o consista in prestazioni occasionali. Nella relazione si spiega che in tal senso "potrebbe essere ritenuto opportuno un miglior coordinamento tra i due commi, anche al fine di definire una disciplina uniforme tra operatori delle strutture pubbliche ed operatori delle strutture private".

L'ultimo periodo del comma 5, per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato, vieta che l’esercente la professione sanitaria, nell’ambito delle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche, sia preposto ad incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti e prevede che il giudicato costituisca oggetto di specifica valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi superiori (a quest'ultimo riguardo, il testo trasmesso dalla Camera poneva un divieto, sempre triennale, di partecipazione a tali concorsi). "Almeno in base alla formulazione letterale - si spiega nella relazione - tali norme non sembrano trovare in nessun caso applicazione qualora l'accoglimento della domanda di risarcimento concerna prestazioni erogate da una struttura privata (neanche nelle ipotesi di sanitari che intendano transitare in una struttura pubblica o di sanitari nel frattempo transitati in una struttura pubblica)".

Quanto all’obbligo di assicurazione all’articolo 10 si chiede di chiarire se gli obblighi assicurativi introdotti dal comma 1, terzo periodo, dal comma 2 e dal comma 3 decorrano solo successivamente all'emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 6.
 
L'articolo 11 definisce i limiti temporali delle garanzie assicurative. In particolare, la garanzia assicurativa deve prevedere un'operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purché denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza. Inoltre, in caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa, deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, periodo nel quale è incluso quello suddetto di retroattività della copertura. "Sembrerebbe opportuno chiarire se l'obbligo del periodo di ultrattività sia posto anche con riferimento alle ipotesi di cessazione definitiva dell'attività da parte della struttura sanitaria o sociosanitaria", si legge nel dossier.

Il comma 1 dell'articolo 12 introduce la possibilità di azione diretta, da parte del danneggiato, nei confronti dell'impresa di assicurazione, con riferimento alle tipologie di polizze di cui al comma 1, primo e secondo periodo, e comma 2 dell'articolo 10 ed entro i limiti delle somme per le quali sia stato stipulato il contratto di assicurazione; "sembrerebbe opportuno chiarire se la possibilità di azione diretta sia introdotta anche per la tipologia di polizza di cui al terzo periodo dell'articolo 10, comma 1, considerato che il presente articolo 12, comma 1, fa riferimento alle coperture assicurative per le strutture sanitarie o sociosanitarie, pubbliche e private, mentre, nella tipologia suddetta, la polizza è stipulata dalla struttura ai fini della copertura della responsabilità del sanitario".

Si passa poi all'articolo 15 riguardante le disposizioni sui consulenti tecnici e periti di ufficio - rispettivamente, nei procedimenti giurisdizionali civili e in quelli penali, aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria -, nonché sulla tenuta degli albi dei consulenti tecnici e di quelli dei periti, con riferimento agli esperti nei settori sanitari. Il comma 3, facendo riferimento ad un aggiornamento periodico, "al fine di garantire, oltre a quella medico-legale, un’idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite a tutte le professioni sanitarie", sembra forse implicare una modifica delle norme, ivi richiamate, che, per il settore sanitario, prevedono, nell'albo dei consulenti tecnici, esclusivamente la categoria medico-chirurgica e, nell'albo dei periti, esclusivamente le categorie di esperti in medicina legale, in psichiatria ed in infortunistica del traffico e della circolazione stradale. "Sembrerebbe opportuna una più chiara formulazione", si suggerisce.

Infine, il comma 2 dello stesso articolo 16 prevede che l'attività di gestione del rischio sanitario (nelle strutture pubbliche e private) sia coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipollenti, in medicina legale ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel settore. Rispetto alla norma vigente (di cui all'art. 1, comma 540, della L. n. 208 del 2015), si introduce il riferimento alla specializzazione in medicina legale e, per i soggetti non aventi le specializzazioni indicate, si pone, da un lato, anche il requisito dell'adeguata formazione e, dall'altro, si sopprime la condizione che il soggetto sia in ogni caso un medico. "Potrebbe essere opportuno valutare se far riferimento anche per la specializzazione in medicina legale ai titoli equipollenti", si legge nel dossier.  

10 novembre 2016
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