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Elezioni Ordini. Che delusione il primo decreto Lorenzin

di Luca Benci

Il sistema ordinistico, come esce completato dal decreto del 15 marzo 2018, continua ad avere un vulnus democratico importante. L’obiettivo di elezioni più democratiche come previsto dalla legge di riordino, non è stato certo raggiunto: non si favorisce la partecipazione, non si promuove l’equilibrio di genere, si finge di promuovere il ricambio generazionale, non si tutela la minoranza

18 MAR - Lo anticipo subito: il decreto ministeriale del 15 marzo 2018 sulle regole elettorali degli ordini professionali sanitari è francamente deludente.
 
Avevo salutato con soddisfazione la parte della legge 3/18 con particolare riferimento alle improcastinabili nuove regole elettorali che pensionavano le decisamente inaccettabili norme precedenti.
 
Le novità rilevanti contenute nella legge sono:
1. indipendenza del seggio e possibilità di pluralità di sedi;
2. un sistema elettorale per liste e non più per singoli nominativi;
3. l’equilibrio di genere e il ricambio generazionale;
4. la previsione di regolamenti elettorali di dettaglio emanati dalle Federazioni.
 
Vediamo come il decreto ministeriale ha recepito le novità legislative.
 
La costituzione e l’indipendenza del seggio
La previgente normativa era decisamente inaccettabile per un sistema democratico. In precedenti contributi l’avevo analizzata stigmatizzando la non terzietà del seggio laddove il presidente uscente – spesso ricandidato – era chiamato a presiedere il seggio.
 
La soluzione del seggio indipendente era inevitabile nella nuova normativa. Sul come costituire un seggio, ci sembrava logico prevedere un “elenco” di scrutatori a cui si potevano iscrivere quegli iscritti all’albo che non partecipavano alla competizione elettorale, da sorteggiare nel caso di un maggior numero di candidati rispetto ai tre componenti necessari.
 
La soluzione invece rieccheggia la vecchia e inaccettabile normativa: il seggio verrà composto,
tra i “tre professionisti sanitari più anziani presenti all’assemblea elettorale”. Nella previgente normativa, oltre al presidente uscente, si nominavano il professionista più giovane e anziano presenti all’assemblea. Si era creato un malcostume evidente, da parte delle varie liste (o elenco di nominativi candidati) di assicurare la presenza all’assemblea elettorale di un pensionato stagionato e di un neolaureato per avere un seggio “amico”.
 
Ebbene questo malcostume – che inficia la trasparenza delle elezioni stesse – viene perpetuato dal nuovo regolamento prevedendo i tre iscritti più anziani. E’ facile prevedere che ci sarà una competizione serrata a trovare i pensionati più avanti di età disponibili e ancora iscritti all’albo e che comporranno la totalità dei componenti del seggio.
 
E’ veramente un mistero come il ministero abbia potuto avallare una soluzione di questo tipo generatrice storicamente di malcostume: settanta anni di esperienza precedente erano ben sufficienti per evitare una simile soluzione grottesca. Ci potevano e dovevano essere soluzioni più ragionevoli per evitare i seggi elettorali degli ordini presieduti dai “grandi vecchi” (convenzionalmente coloro che hanno più di ottantacinque anni di età).
 
Le incompatibilità del presidente e del consiglio uscente erano il minimo sindacale da attendersi. Mancano tutte le altre.
Nulla si dice sulla pluralità di seggi prevista dalla legge e che sono fondamentali per garantire nei grandi centri e negli ordini interprovinciali la partecipazione al voto.
 
Il sistema elettorale per liste
Un’altra novità importante della legge 3/208 è relativa al sistema di votazione per liste e non più per singoli candidati. Sembrava che il legislatore volesse la svolta rispetto alla consuetudine, profondamente negativa, che portava al risultato di ottenere il 100% dei componenti del consiglio direttivo a chi otteneva anche un solo voto più degli altri. Nessuna tutela della minoranza che può trovarsi non rappresentata nel Consiglio direttivo.
 
Il decreto ministeriale, incredibilmente, ignorando le indicazioni legislative prevede “liste di candidati” – notare non liste elettorali! – e candidature “singole”. Il voto può essere espresso per l’intera lista oppure votando direttamente tutti i nominativi della lista stessa oppure votando anche nominativi diversi da altre liste o da candidature singole.
 
In pratica il sistema che vige da settanta anni e che la legge voleva superare. Il decreto ministeriale elude la legge, perpetuando le vecchie regole. Nessuna tutela della minoranza: chi vince non fa prigionieri. Se mettiamo in conto anche l’abolizione del quorum del 10% basta una esigua minoranza per avere il futuro controllo degli ordini.
 
In nessuna competizione elettorale si votano tutti i candidati corrispondenti ai posti disponibili: in quelle degli ordini invece si.
 
L’equilibrio di genere e il ricambio generazionale
La legge 3 promuove “l’equilibrio di genere e il ricambio generazionale”. Il primo, problema annoso della società italiana, vede nella tutela delle donne la sua ratio.  In tutti i sistemi elettorali si prevedono oggi norme sull’equilibrio di genere. Talvolta questi meccanismi sono costruiti in modo fortemente contraddittorio per permetterne l’elusione. Ci riferiamo alla recente legge elettorale, il c.d. “Rosatellum” con cui abbiamo votato alle recenti elezioni politiche, che ha prodotto addirittura – ma era prevedibile per come erano stati costruiti i meccanismi – una diminuzione delle donne elette.
 
La norma sull’equilibrio di genere negli ordini sembrava inoltre decisamente urgente per quanto verificatosi alle ultime elezioni  del Comitato centrale della Fnomceo dopo il clamoroso risultato di 17 a 0 a favore degli uomini.
Ebbene il decreto ministeriale tace sull’applicazione del principio legislativo dell’equilibrio di genere. Un caso?
 
Non tace invece sul ricambio generazionale con la debole norma della preferenza di proclamazione, a parità di voti, al professionista più giovane.
 
Grave pare però l’assenza della determinazione al “limite dei mandati” per la rielezione ai Consigli direttivi e ai Comitati centrali. Inutile parlare di ricambio generazionale se non si pongono in essere le norme fondamentali che lo possono garantire.
 
Il ruolo dei regolamenti delle singole Federazioni in materia di operazioni elettorali
Legge e decreto attribuiscono al potere regolamentare delle singole Federazioni di “adottare uno specifico regolamento per disciplinare le modalità operative per lo svolgimento delle operazioni elettorali”. E’ chiaro che possa disciplinare gli elementi di dettaglio e poco altro.
 
Non possono cambiare la sostanza anche se, in questo caso, è la stessa legge che confonde le competenze tra norme ministeriali, statuti e regolamenti delle Federazioni talvolta sovrapponendo le attribuzioni. In altre parole può non essere del tutto chiaro quale livello di dettaglio e integrazione può essere contenuto nei regolamenti delle singole Federazioni.
 
Conclusioni
Il sistema ordinistico, come esce completato dal decreto del 15 marzo 2018, continua ad avere un vulnus democratico importante. Ricordiamo che la legge 3/18 aveva precisato che il nuovo sistema elettorale doveva essere improntato al “metodo democratico” che risulta una esplicita citazione dell’articolo 49 della Costituzione. L’obiettivo non è stato certo raggiunto: non si favorisce la partecipazione, non si promuove l’equilibrio di genere, si finge di promuovere il ricambio generazionale, non si tutela la minoranza.
 
Forse qualcosa può essere integrato nei regolamenti successivi ma è già chiara la direzione che si è voluto imprimere.
 
Stupisce il giudizio della Fnomceo che esprime soddisfazione per il risultato ottenuto – le Federazioni, per legge, dovevano essere esprimere “parere  -  che nell’elusione legislativa delle elezioni per liste rinviene addirittura una “garanzia di democrazia” quando rappresenta, invece, il suo contrario.
 
Luca Benci
Giurista

18 marzo 2018
© Riproduzione riservata

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