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Scafuro (Smi Lombardia): "Servono misure urgenti"


17 MAR - “A tre settimane dall’inizio della emergenza Covid-19 in Lombardia e pur avendo già segnalato alla Presidenza della Regione Lombardia in data 23/02/020 alcune delle criticità che stavano emergendo, dai colleghi ospedalieri e dai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta viene richiesto dalla Segreteria Regionale del Sindacato dei Medici Italiani un ulteriore ed urgente intervento a loro tutela e di riflesso a tutela della collettività tutta”
Così Enzo Scafuro, Segretario Regionale Smi Lombardia che in una lettera al Presidente Regione Lombardia, ai Procuratori della Repubblica presso Tribunali della Lombardia, ai Prefetti delle Province Lombarde, al Responsabile Regionale Protezione Civile; all’Assessore al Welfare Regione Lombardia, al Direttore Generale al Welfare Regione Lombardia, Direttori Generali delle ATS della Lombardi  ha presentato le  richieste del sindacato.
 
La lettera al Presidente della Regione e alle autorità lombarde

“Le richieste sono dettate dalla mancata protezione ad ormai tre settimane dall’allerta dei medici di Assistenza Primaria e Continuità Assistenziale e dei Pediatri di Libera Scelta, che rappresentano il primo avamposto territoriale contro la diffusione del virus e contro la paura da contagio che porterebbe la popolazione a determinare un sovraffollamento nei Pronto Soccorso.
Abbiamo potuto verificare, come da nota inviata in Regione in data 15/03/2020, che i soli scarsi dispositivi di protezione consegnati, peraltro con notevole ritardo, sono consistiti spesso in meno di dieci mascherine chirurgiche ed una confezione di guanti monouso. E ‘evidente che questi dispositivi non sono né sufficienti, né tantomeno idonei a proteggere il medico che si accinge ad eseguire una visita, sia essa ambulatoriale che domiciliare.
Segnaliamo ancora una volta che sono invece necessarie mascherine ffp2/ffp3, visiere, cuffie, tute, calzari, guanti in lattice e nitrile, per gli allergici al lattice, ed in numero adeguato, ossia almeno 50 kit a settimana per ciascun medico.

Non possiamo non manifestare il nostro disappunto e sdegno per alcune dichiarazioni di un epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità su come si sia potuto contagiare il personale sanitario, cioè se in ambiente di lavoro o al di fuori. Mentre noi siamo in prima linea c’è chi pontifica stando in poltrona.
Ci viene segnalato che in alcune Ats si sta procedendo alla attivazione delle unità speciali previste dall’articolo 8 del DPCM del 9 marzo 2020, in assenza di un accordo con le rappresentanze sindacali che disciplini le modalità di svolgimento del servizio per attività non definite dall’ACN e dall’AIR vigenti. Siamo anche disposti a confrontarci sulla eventuale istituzione di una AFT di emergenza per il coronavirus all’interno di strutture distrettuali già esistenti per lavorare in equipe e su base volontaria.

Si diffidano pertanto i Direttori Generali delle ATS in indirizzo ad operare autonomamente in tal senso, senza convocare prima le OO.SS.
Riconfermiamo la nostra richiesta di fare eseguire il tampone per la ricerca dell’infezione da coronavirus a tutti i Medici in servizio sul territorio e nelle strutture ospedaliere, prevedendo la quarantena per tutti i positivi, quand’anche paucisintomatici: abbiate cura di chi cura.
Chiediamo ancora una volta che sia attuata definitivamente, ed entro 48 ore, la dematerializzazione della ricetta elettronica per fare in modo che il paziente possa ritirare i farmaci direttamente in farmacia presentando la propria tessera sanitaria, così come avviene in altre regioni, senza effettuare altri passaggi negli ambulatori.

Chiediamo che sia autorizzata la certificazione di inabilità temporanea al lavoro a seguito anche del solo consulto telefonico.
Riteniamo indispensabile che le attestazioni riguardanti le quarantene vengano trasmesse dai Dipartimenti di Igiene Pubblica direttamente ai Medici via mail e non con la interposta comunicazione dei familiari; eviteremo così indagini epidemiologiche non compiute ed anche il mancato isolamento dei contatti stretti dei casi accertati.

Preavvertiamo che al perdurare dell’inadempimento sulla distribuzione dei DPI per altre 48 ore, saremo costretti, a tutela nostra e della collettività, a valutare la necessità di non eseguire più visite, ma solo consulti telefonici.
Le Procure della Repubblica che leggono in indirizzo sono portate a conoscenza della gravissima situazione di esposizione a pericolo per la vita di migliaia di medici, affinché intervengano d’ufficio se ne dovessero ravvedere gli estremi”.

17 marzo 2020
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