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La cronaca del convegno. Gli interventi


02 LUG - Dinamiche italiane ed europee, importanza del rischio clinico e ruolo della politica per arginare il problema. Questi i temi al centro degli interventi alla “Conferenza internazionale sulla responsabilità professionale” promossa dall’Aogoi oggi a Roma alla Camera dei Deputati.
 
La politica: "Il Parlamento deve fare la sua parte"
Il tema del rischio clinico è “un argomento di estrema attualità ed è strettamente connesso con le questioni relative alla sostenibilità del welfare e del Ssn”. E’ la considerazione espressa da Pierpaolo Vargiu (Sc), presidente della Commissione Affari Sociali di Montecitorio, in apertura del convegno pomeridiano dedicato al tema ‘Verso una nuova direttiva europea a tutela di medici e pazienti’. “La spesa per la medicina difensiva è stata stimata intorno ai 10-15 milioni di euro – ha aggiunto – e si tratta di una cifra che, quotidianamente, viene sottratta alla buona sanità per questioni sostanzialmente inutili”. L’effetto di tale dinamica “è la messa in discussione dell’alleanza terapeutica tra medico e paziente, configurando così un autentico problema di sistema, con soggetti che in alcuni casi non vengono addirittura operati perché considerati troppo a rischio. Emerge quindi la vera e propria sottrazione di un diritto”. E’ allora urgente “una presa di coscienza generale e soprattutto il Parlamento deve accrescere la sensibilità su un tema che rappresenta una sfida cruciale per la sostenibilità del sistema”.

Altro aspetto dirimente “deriva dalla necessità di un incremento di personale medico-sanitario – ha sottolineato Emilia Grazia De Biasi (Pd), presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato – Allo stesso tempo la priorità verso cui si deve indirizzare questa legislatura è un disegno di legge sulla responsabilità medica, da cui devono discendere cambiamenti fondamentali”. Un altro tema assai legato alla sicurezza “è quello del riconoscimento delle professioni sanitarie, su cui al Senato è già in corso un lavoro importante. Bisogna poi aggiungere un miglioramento della formazione, rivedendo alcuni programmi di studio”. A livello comunitario “è invece necessario promuovere processi di armonizzazione tra i vari Paesi, sia per quanto concerne la digitalizzazione che per quanto riguarda gli impianti normativi. E’, infatti, in gioco la sicurezza dei pazienti”.

L’intero sistema sanitario è “in attesa di risposte concrete, sia verso i medici che verso i pazienti – ha osservato Benedetto Fucci (Fi), segretario della Commissione Affari Sociali alla Camera – Compito del Parlamento è quello di fornire regole certe, non partendo di certo dalla depenalizzazione dell’atto medico, ma ponendo paletti certi affinché l’operatore sanitario non diventi costantemente l’unico responsabile di ogni anomalia”. Bisogna quindi cambiare radicalmente l’approccio, “giudicando non il risultato ma la condotta terapeutica cui il medico si è attenuto. Troppo volte sono state avviate azioni giudiziarie senza una seria analisi dell’operato professionale. Il medico non può essere sempre considerato l’unico responsabile degli eventi di malasanità con la struttura di riferimento che puntualmente se ne tira fuori”.

Essenziale è anche il ruolo che deve giocare la prevenzione “perché incide fortemente nel rapporto tra medico e paziente – ha ricordato Sabrina De Camillis, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Per esempio i ginecologi svolgono una funzione cardinale nell’ottica della prevenzione primaria. In questo senso sarebbe opportuno potenziare lo screening sui territori per incentivare cura preventiva e diagnosi precoce. Allo stato attuale, invece, su questo aspetto ricorrono anche troppe difformità tra le varie aree geografiche. Il governo è comunque al lavoro per ridurre i costi enormi della medicina difensiva e per reinvestirli in cure e prevenzione”.

Dinamiche italiane ed europee
Nel complesso il quadro non è però rassicurante, se si considera che il contenzioso in tema di responsabilità per infortuni professionali ha subito un notevole incremento. Secondo l’Associazione nazionale imprese assicuratrici (Ania) il numero dei sinistri in Italia è aumentato del 200% negli ultimi 10 anni rispetto ai 60 anni precedenti. E gli aumenti dei premi assicurativi pagati da Asl e medici è aumentato del 12,5% annuo. Questi dati vanno però contestualizzati, considerando che l’Aogoi, con la Commissione di Inchiesta del Parlamento sugli errori sanitari e il disavanzo delle Asl, ha pubblicato che su 30mila processi penali di malpractice sanitari per anno, il 98,8% termina in assoluzione o in quota parte in prescrizione.

“All’interno di questo quadro bisogna ragionare sull’impatto prodotto dalla medicina difensiva – ha evidenziato Vito Trojano, presidente nazionale Aogoi – A causa di essa si eccede in esami diagnostici, si evitano interventi rischiosi, non si sperimenta, non si interviene sui pazienti a rischio e non si cerca l’innovazione. La conseguenza nefasta è il rischio di bloccare la progressione della scienza medica a danno di tutta la società.

Tra le discipline mediche ai primi posti in Italia per frequenza di denunce, oltre alla chirurgia plastica ed estetica c’è la ginecologia ed ostetricia (32%), seguita dall’ortopedia (9,5%), chirurgia generale (8,5%), anestesia (7,5%), terapia d’urgenza (6,5%). “Alla base di questo triste primate – ha osservato Trojano – ci sono la grande ultraspecializzazione della ginecologia, la risonanza sociale elevata dei tempi di questa disciplina, il nuovo ruolo del ginecologo, la carenza di strutture e organizzazione ospedaliere, l’atteggiamento giuridico di maggiore severità”.

Il problema deve quindi essere affrontato “nella sua globalità anche perché sempre più spesso la causa dell’errore può essere determinata da carenze organizzative, dagli strumenti e da procedure sanitarie che devono essere corrette”. E’ proprio per questo motivo che “recenti normative prevedono l’introduzione nelle aziende sanitarie di programmi di risk management per la valutazione del rischio sanitario, con l’intento di risalire alle cause strutturali e organizzative che hanno prodotto l’errore e per poterle risolvere”.

La dinamica non è però la stessa in tutti i Paesi. “In Belgio – ha spiegato Jean Pierre Schaaps, ex president of the Royal Belgian Society of Gynecology – La maggioranza dei casi di contenzioso è legata all’ortopedia, che si attesta a circa il 29%. L’ostetricia si ferma invece al 12%”. Anche in Francia “ginecologia e ostetricia non sono i più esposti e, complessivamente, negli ultimi anni la frequenza dei sinistri è rimasta perlopiù invariata – ha ricordato Patrick Fournet, rappresentante del Collegio nazionale dei ginecologi e ostetrici francesi – Da noi è poi in corso un’attenta e costante valorizzazione del risk management, mentre per rispondere alle sollecitazioni europee abbiamo approntato un Programma nazionale per la sicurezza del paziente”.

Servono quindi strumenti ad hoc “perché il contenzioso assorbe risorse la cui mancanza produce un peggioramento dei servizi e un aumento delle liste d’attesa – ha commentato Mark Brincat, presidente a Malta del Collegio degli ostetrici e dei ginecologi – Bisogna quindi stroncare la cultura orientata al risarcimento e affermare un sistema che non sia basato esclusivamente sulla colpa, ma che sia imperniato su un vero e proprio contratto sociale stipulato tra paziente e professionista”.

L'importanza della gestione del rischio
La soluzione non può “in alcun modo essere quella di depenalizzare l’atto medico, ma deve necessariamente risiedere nella definizione degli ambiti di colpa con rilievo penale – ha affermato Amedeo Bianco, presidente Fnomceo e senatore (Pd) – In questo senso dalla politica devono arrivare segnali decisi e convincenti. Il tema della sicurezza delle cure è infatti strettamente legato alla qualità delle prestazioni e, in ogni caso, la dimensione e le caratteristiche del problema non possono essere ristretti alla sola dimensione nazionale, ma necessitano di un approccio dal respiro europeo. In questo senso sono necessari nuovi interventi, poiché la direttiva sulle cure transfrontaliere non fornisce un quadro chiaro sulle responsabilità”.

Lo strumento per prevenire gli eventi avversi “è certamente la gestione del rischio clinico – ha garantito Valerio Fabio Alberti, presidente Fiaso – In primo luogo bisogna costruire meccanismi ad hoc incentrati sulla prevenzione. Ciò deve avvenire diffondendo la cultura della sicurezza, mappando i rischi presenti nelle aziende, gestendo gli eventi e riducendo l’incidenza degli eventi avversi”. In ogni caso, la gestione del rischio all’interno dell’azienda deve essere “un sistema assai complesso. Disporre di un sistema sofisticato del rischio clinico, aumenta la qualità e riduce i costi”.

In caso di evento averso, Alberti suggerisce una road map. “Bisogna operare una pronta riparazione del danno, effettuare comunicazioni puntuali alla famiglia e all’interessato, avviare l’iter di risarcimento”. Le nuove normative dovrebbero invece recepire “la natura contrattuale della responsabilità sanitaria, l’obbligatorietà della copertura assicurativa per tutti gli operatori e chiarire gli ambiti di responsabilità”. In sostanza lo scopo deve essere quello di “delimitare la responsabilità civile e penale del professionista per evitare la medicina difensiva”. Questo può avvenire, ha sottolineato Alberti, “soltanto tramite l’adozione di una disciplina chiara e organica in grado di consolidare tutele e dimensioni del rischio clinico”.

02 luglio 2014
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