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Ospedalità oggi e sue dinamiche di cambiamento

di Caterina Elisabetta Amoddeo, Emanuele Di Simone e Francesco Medici

Una delle sfide più importanti che le strutture sanitarie dovranno affrontare è quella di essere resilienti ai cambiamenti economici, sociali e sanitari e, nello stesso tempo, garantire che il sistema, i servizi e le attività rispondano alle esigenze in costante evoluzione e alle specificità dei diversi luoghi geografici e modelli organizzativi. 

13 OTT -

La legge n. 833 del 1978 ha consegnato a cittadini e professionisti uno tra i migliori Sistemi Sanitari al mondo. Un modello, che seppur con innumerevoli limiti, ha garantito, e garantisce tutt’ora, il diritto alla salute di ogni singolo individuo e della collettività.

Si tratta di una imponente macchina complessa e per alcuni aspetti complicata, ma proprio per queste sue caratteristiche, migliorabile. Questo testo nasce con l’intento di fornire un contributo e qualche proposta al dibattito che si è acceso dopo l’emergenza CoViD-19.

La pandemia o meglio ancora, sindemia, ha di fatto enfatizzato, talvolta con effetti drammatici, i limiti del nostro sistema salute: scarsa integrazione tra servizi ospedalieri, territoriali e sociali, disparità territoriali nelle risposte ai bisogni dei cittadini, sono solo alcune delle criticità emerse.

Lacune organizzative, programmatiche - e talvolta strutturali - hanno contribuito all’incapacità di fornire servizi e prestazioni dettate dalle necessità demografiche, epidemiologiche e sociali.

Le dinamiche di cambiamento negli ospedali sono possibili attraverso analisi e azioni per il futuro, tenendo in debita considerazione le evoluzioni delle dinamiche demografiche e le policy degli stakeholder istituzionali, gli sviluppi tecnologici e della ricerca scientifica, sottolineando la necessità di un’accurata e preventiva pianificazione, supportata da adeguata formazione ed efficace comunicazione.

Quindi la pandemia COVID-19 è stata un’occasione per ripensare la progettazione sia dei processi sia degli spazi fisici degli ospedali e rafforzare una convinzione, già in parte diffusa, in merito alla necessità di cambiare ed adeguare tali strutture per poter avere nuovi ruoli ed affrontare nuove sfide.

Uno step imprescindibile per orientare l’organizzazione ospedaliera e territoriale alla “flessibilità”, affrontando da un punto di vista multidisciplinare anche i paradigmi organizzativi e professionali ormai superati.Al suo interno sono affrontati gli scenari che caratterizzano il complesso sistema ospedaliero, le caratteristiche organizzative, gestionali e logistiche che attualmente delineano il perno dell’intero sistema salute italiano.

Questo consente al lettore di disporre di informazioni utili a comprendere le occasioni - mancate e future - di miglioramento che sono necessarie a ridefinire le modalità di risposta ai bisogni dei cittadini: ospedali flessibili, “user centered” per migliorare la soddisfazione dei pazienti e degli operatori sanitari, ma anche ospedali di comunità e riorganizzazione del territorio per assicurare la continuità assistenziale e decongestionare i Pronto Soccorso italiani sempre più in affanno.

Ragionare sulla flessibilità degli ospedali vuol dire anche ripensare alle logiche di flusso dei pazienti, orientarsi agli ospedali per intensità di cura, superando l’organizzazione dettata dal DM 70/2015.

Tra le nuove organizzazioni basate su integrazione e governance clinico-organizzativa un ruolo rilevante lo riveste l’”ospedale per intensità di cura” intendendo cioè quello che si basa su un’effettiva centralità del paziente che viene curato in modo mirato, misurando e tenendo in considerazione la sua instabilità clinica e la sua complessità assistenziale.

Gli ospedali organizzati per intensità di cura dovrebbero prevedere che la gestione ordinaria del percorso di cura del paziente ospedalizzato passi ad un “medico generalista”, figura che nell’orientamento attuale dei percorsi di studio non esiste.

Tale professionista coinciderebbe con il cosiddetto “hospitalist” presente negli USA da oltre 40 anni, figura che programma il piano di cura, attiva le consulenze ed è il responsabile della terapia, percorso di degenza e dimissione, diventando il trait d’union con il MMG.

Il “medico generalista” deve avere competenze nei vari campi della medicina, anche se non necessariamente ultra specialistiche, deve possedere elevate capacità di leadership e di coordinamento degli interventi multidisciplinari e multiprofessionali, deve essere in collegamento con il medico di medicina generale dall’inizio e alla fine della degenza, favorendo così quella tanto auspicata continuità di cura che ancora non riusciamo a realizzare…

In sintesi, gli “hospitalists” o “medici generalisti” sono come "specialisti in medicina ospedaliera... che sono responsabili della gestione della cura dei pazienti ospedalizzati nello stesso modo in cui i medici di famiglia sono responsabili della gestione della cura dei pazienti ambulatoriali"

Un’esigenza di cambiamento radicale dell’attuale sistema ospedaliero che necessariamente dovrà essere in grado di adeguarsi facilmente a situazioni o esigenze diverse, in tempi brevi, e quindi strutture duttili, elastiche, non rigide. In altre parole, un ospedale flessibile, un modello versatile di risposta alle domande di salute dei cittadini, in grado di adeguarsi non solo da un punto di vista organizzativo, ma anche logistico e strutturale, alle esigenze situazionali.

Temi ricorrenti del 1° capitolo sono la multi professionalità e multidisciplinarietà, assolutamente fondamentali per pianificare organizzazioni flessibili in caso di maxi emergenze, ma anche per superare le varie frammentazioni esistenti, l’attuale organizzazione “a canne d’organo”, attraverso lo sviluppo di Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali (PDTA), Reti cliniche, Ospedali per intensità di cura.

Tale “rivoluzione organizzativa “del sistema sanitario sarà possibile solo se riusciremo a centrare l’obiettivo del PNRR che vede nella digitalizzazione la leva fondamentale per migliorare la comunicazione e l’integrazione tra i vari professionisti e tra questi e l’assistito.

Si dovrebbe riuscire a collaborare in modo diverso per “fare sistema”, trasferendo alcune responsabilità e compiti (task shifting) dagli specialisti ai medici di medicina generale o pediatri di libera scelta (MMG o PLS), e da questi agli infermieri e agli altri professionisti sanitari e sociali.

La giusta valorizzazione delle diverse professionalità porterebbe all’incremento della razionalizzazione delle risorse umane che rappresentano la vera e fondamentale risorsa del SSN.

È evidente che per realizzare tutte le necessarie riorganizzazioni e per ottenere qualsiasi cambiamento è necessario attuare un diffuso e capillare percorso formativo, fondamentale anche per apportare quel cambiamento culturale in quei cittadini che vogliamo sempre più coinvolti e responsabilizzati nella gestione delle proprie patologie (patient empowerment).

E volendo parlare di cambiamento non si può prescindere dal middle management, ossia da quel valore aggiunto che solo la multidisciplinarietà e multi professionalità di medici, infermieri, ingegneri ospedalieri, farmacisti… possono garantire, essendo le capacità manageriali intrinseche alla professionalità stessa.

I costi di degenza ospedaliera hanno, di fatto, orientato alcuni cambiamenti nelle strategie di ricovero (Ospedali di Comunità, Unità di degenza a gestione infermieristica) maggiormente sostenibili per lacollettività e per il sistema.

Quindi, anche i “recenti” modelli organizzativi vengono approfonditi, focalizzando l’attenzione sulle mancate integrazioni.

Gli ospedali di comunità per esempio, che se direttamente gestiti dai dipartimenti di emergenza e accettazione - DEA, favorirebbero una concreta integrazione tra la gestione dell’evento acuto e la successiva presa in carico (domicilio, casa della comunità, servizi di cure intermedie).

Una delle sfide più importanti che le strutture sanitarie dovranno affrontare è quella di essere resilienti ai cambiamenti economici, sociali e sanitari e, nello stesso tempo, garantire che il sistema, i servizi e le attività rispondano alle esigenze in costante evoluzione e alle specificità dei diversi luoghi geografici e modelli organizzativi.

Caterina Elisabetta Amoddeo, Socio ASIQUAS, Vice Presidente ASIQUAS,

Emanuele Di Simone, Socio ASIQUAS, IRCCS IFO di Roma
Francesco Medici, Socio ASIQUAS, Medico di Direzione Sanitaria dell'A.O San Camillo Forlanini



13 ottobre 2023
© Riproduzione riservata

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