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Audiometristi. “In tempi brevi auspicabile evoluzione del profilo professionale”. Intervista al presidente della Commissione di albo nazionale Pietro Cino

di Giovanni Rodriquez

Si dovrebbe aggiornare un profilo professionale "attualmente fortemente limitativo in termini di autonomia, ambiti di attività e libera circolazione, e il conseguente adeguamento dei percorsi didattici universitari sia triennali (con finalità caratterizzanti) che magistrali (con finalità specialistiche). Del resto, queste richieste non sono nuove, provenendo a gran voce anche da altre professioni sanitarie che le hanno manifestate anche su QS"

03 NOV -

Proseguono le nostre interviste con i 19 presidenti delle rispettive professioni sanitarie che compongono la FNO TSRM e PSTRP. Il nostro viaggio ci porta oggi a colloquio con Pietro Cino, Presidente della Commissione di Albo nazionale Tecnici audiometristi che in questa intervista a Quotidiano Sanità traccia un quadro della professione tra criticità da risolvere, a partire dall'aggiornamento di una normativa che rischia di limitare eccessivamente la professione.

Dottor Cino, ci spiega innanzitutto chi è il Tecnico audiometrista?
Il Tecnico audiometrista è il professionista sanitario che previene, valuta e riabilita i disturbi del sistema uditivo e dell’equilibrio, attività proprie sancite dalla legge 42 del 1999 e definite attraverso il decreto del Ministero della salute n. 667 del 1994 e i relativi corsi di laurea e di formazione universitaria post laurea. I circa 1500 audiometristi - presenti sul territorio nazionale - hanno un ruolo fondamentale nella gestione dei problemi uditivi e dell'equilibrio delle persone assistite di ogni età, dai neonati (screening uditivo neonatale) agli anziani.


Lo scorso 3 marzo, giornata in cui ogni anno si celebra il World Hearing Day, tra le centinaia di iniziative promosse da varie Istituzioni e Associazioni scientifiche è emerso un unico comune denominatore: la necessità di azioni concrete in tema di udito non più procrastinabili.

E quali sarebbero?
Anche la Commissione di albo nazionale dei Tecnici audiometristi della FNO TSRM e PSTRP - che ho l’onore di presiedere - ha fornito degli spunti di criticità e le conseguenti sostenibili soluzioni per risolverli, relativamente all'organizzazione di screening uditivi sul territorio le cui finalità sono quelle di intercettare quella parte di popolazione affetta da problemi uditivi che spesso misconosce e più spesso sottovaluta. L’ipoacusia è un problema che va affrontato con urgenza soprattutto in considerazione del fatto che la popolazione mondiale, inclusa quella italiana, compresa nella fascia di età oltre i 65 anni sta percentualmente aumentando sul totale e con essa le probabilità di essere affetti da un calo dell’udito, la cosiddetta “presbiacusia”.

Per di più, nelle persone anziane alla concomitante presenza della presbiacusia spesso si associa un deterioramento di tutti quei sottosistemi che presiedono al mantenimento dell’equilibrio (visivo, propriocettivo e vestibolare) che spesso sono la concausa di cadute nell’anziano, conosciuta col nome di “presbiastasia”.

Di fronte a questi disturbi ci si dovrebbe quindi rivolgere ad un Tecnico audiometrista?
Sì, in questo ambito il Tecnico audiometrista - che misura e valuta il sistema uditivo e vestibolare e riabilita la conseguente disabilità (responsabile delle forti limitazioni delle attività psicosociali a cui i pazienti vanno incontro) - assume un ruolo importantissimo nella presa in carico di questi pazienti anche in un’ottica inter-multidisciplinare. In base a questo presupposto, questa Commissione di albo nazionale - attraverso il proprio contributo fornito ai documenti di proposte attuative del PNRR e di revisione del DM 77 elaborati dalla FNO TSRM e PSTRP – ha proposto di prevedere la presenza del Tecnico audiometrista all’interno dei team multidisciplinari operanti sul territorio.

L’intervento del Tecnico audiometrista, attraverso una diffusa presenza sul territorio, renderebbe attuabile l'organizzazione e l'esecuzione di strutturati ed efficaci programmi di screening uditivi neonatali e scolastici, garantendo al contempo la valutazione e riabilitazione audiologica e vestibolare sul territorio o a domicilio delle persone anziane o di quelle fragili impossibilitate a spostarsi, collaborando all’interno di equipe multidisciplinari.

Il decreto ministeriale istitutivo del vostro profilo professionale ha bisogno di essere aggiornato?
A cinque anni dall’emanazione della legge 3 del 2018 (istituzione di Ordini e albi delle professioni sanitarie), che ha completato il complesso quadro normativo delle professioni sanitarie sancendone la definitiva autonomia e responsabilità, emerge chiaramente quanto il profilo professionale (DM 667/94) appaia obsoleto in relazione all’evoluzione normativa succedutesi nel tempo (legge 42/99, legge251/00, legge 43/06, legge 24/2017 e legge 3/2018), all’evoluzione tecnologica e scientifica nonché, ma estremamente importante, al quadro normativo europeo di riferimento.

In relazione a quest’ultimo punto, il nostro profilo professionale appare fortemente limitativo se confrontato con quello descritto dalla Commissione europea nella classificazione delle professioni (ESCO) che definisce l’Audiologist (catalogata tra le professioni sanitarie non mediche con il codice 2266.1) in questo modo: “Gli Audiologists valutano, diagnosticano e trattano pazienti (bambini o adulti) con disturbi audiologici e vestibolari causati da condizioni infettive, genetiche, traumatiche o degenerative, come perdita dell'udito, tinnito, vertigini, disequilibrio, iperacusia e difficoltà di elaborazione uditiva. Possono prescrivere un apparecchio acustico e avere un ruolo nella valutazione e nella gestione dei pazienti che possono trarre beneficio dagli impianti cocleari”.

A ben vedere, questa definizione fa emergere una criticità ulteriore rappresentata dal fatto che, nel panorama delle professioni sanitarie italiane, declina attività e responsabilità proprie del Tecnico audiometrista e del Tecnico audioprotesista che prima del ‘94 confluivano in un’unica professione. Per la maggior parte dei nostri laureati questa anomalia limita la possibilità di spendere il proprio titolo negli altri paesi europei come previsto dalla relativa normativa (direttiva 2005/36/CE e successive modifiche sulla libera circolazione delle professioni). Per ovviare a questa limitazione ne scaturisce conseguentemente che più del 60% dei nostri giovani laureati decide di conseguire la seconda laurea in Tecniche audioprotesiche.

A questo punto occorre fare una doverosa riflessione: in termini di attrattività dei nostri corsi di laurea, ha ancora senso per i nostri giovani studenti investire anni di studio per ottenere due lauree (tecniche audiometriche e tecniche audioprotesiche che permettono una formazione analoga agli standard europei), piuttosto che investire gli stessi anni nel conseguire titoli di altre professioni sanitarie con cicli di studio dal punto di vista temporale simili (ciclo di studi 3+2 come psicologi, biologi) che permettono - tra l'altro - di entrare nel mondo del lavoro con qualifiche organizzative più elevate? Cui prodest?

Quale futuro si prospetta allora per questa figura professionale?
Appare chiaro come sia auspicabile in tempi brevi un’evoluzione del profilo professionale, attualmente fortemente limitativo in termini di autonomia, ambiti di attività e libera circolazione, e il conseguente adeguamento dei percorsi didattici universitari sia triennali (con finalità caratterizzanti) che magistrali (con finalità specialistiche). Del resto, queste richieste non sono nuove, provenendo a gran voce anche da altre professioni sanitarie che le hanno manifestate anche su questo stesso importante quotidiano di settore.

Giovanni Rodriquez



03 novembre 2023
© Riproduzione riservata

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