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Infermieri. L'altra faccia della libera professione in sanità


Si è svolta a Modena la Prima giornata nazionale sulla libera professione infermieristica. Silvestro (Ipasvi): "Un valore aggiunto pe rla professione). Per Spandonaro (Ceis): “Ben vengano tutte le soluzioni che stiano in una logica di sussidiarietà per ciò che il sistema sanitario pubblico non può più dare”. 

26 NOV - “L'espansione dell'esercizio libero professionale infermieristico non è solo conseguente all'interesse dimostrato dal mercato del lavoro e non è nemmeno una conseguenza della ottenuta possibilità di inserimento nella sanità pubblica; è anche una scelta coerente con la maturazione della professione e con la consapevolezza dei professionisti infermieri della specificità e autonomia del loro pensiero e del loro agire dopo un ricco e peculiare percorso formativo accademico”. Ad affermarlo la presidente dell’Ipasvi, Annalisa Silvestro, aprendo nei giorni scorsi a Modena, la Prima giornata nazionale sulla professione infermieristica, promossa dalla Federazione Ipasvi in collaborazione con l'Enpapi.

Per Silvestro, se l'esercizio libero professionale si realizzerà in pieno, “sarà un valore aggiunto per la costante ridefinizione delle modalità e dei contenuti della risposta assistenziale infermieristica e per l'ulteriore crescita e visibilità del gruppo professionale”.

Un’ipotesi accolta con favore anche da Federico Spandonaro, docente di Economia sanitaria alla Facoltà di Economia dell'università di Roma Tor Vergata: “Ben vengano tutte le soluzioni che stiano in una logica di sussidiarietà per ciò che il sistema sanitario pubblico non può più dare”, ha affermato l’economista nell'intervento con il quale ha delineato il contesto all'interno del quale si inserisce la libera professione degli infermieri.

Spandonaro, spiega una nota dell’Ipasvi, ha offerto la sua interpretazione della situazione italiana, caratterizzata da una oggettiva, forzata tendenza a selezionare gli interventi del sistema pubblico di assistenza. In questo contesto “la sfida per i professionisti – ha sostenuto l'economista – è assumere il ruolo di mediatori sociali, tra l'iniziativa delle persone e l'universalismo selettivo dei sistemi di welfare”.

Ecco quindi che, tra evoluzione del ruolo professionale e necessità imposte dall'andamento della congiuntura economica, il fenomeno della libera professione tende ad accentuarsi anche tra gli infermieri, soprattutto tra quelli delle generazioni più giovani.
 
In un Paese nel quale “infermiere” e “dipendente” sono tuttora due termini strettamente connessi, le leggi, le normative e le “culture” si sono evidentemente formati seguendo quella logica. Modificarle richiede tempo e applicazione nell'individuare i problemi e le soluzioni. A Modena ci hanno provato Beatrice Mazzoleni, presidente del Collegio di Bergamo e componente del Comitato centrale della Federazione, che ha affrontato gli elementi di sistema per l'esercizio libero-professionale dell'infermiere e, in particolare, la realizzazione di una “rete” che sia in grado di proporsi come supporto professionale e organizzativo per garantire la continuità assistenziale.

A rappresentare le aspettative dei cittadini è intervenuto Tonino Aceti, coordinatore delle associazioni dei malati cronici di Cittadinanzattiva, il quale ha ribadito che “l'infermiere è una figura strategica a cui va riconosciuta una funzione importante” e ha sottolineato che la libera professione infermieristica "deve essere intesa come complementare alle tutele pubbliche della salute e non come sostitutiva”.

Mario Schiavon, presidente dell'Enpapi, ha infine fornito un quadro dettagliato dell'attività e dell'evoluzione dell'ente di previdenza, ricordando, tra l'altro, che l'Enpapi si avvicina ai 45 mila iscritti, di cui quasi tre quarti (il 70%) esercita con partita Iva.
 

26 novembre 2012
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