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Liberalizzazioni. Gullotta (Parafarmacie): “La professione di farmacista è retta da leggi medievali”

di Davide Gullotta

Siamo dispostissimi a discutere sul sistema di distribuzione del farmaco, capiamo le vulnerabilità del sistema e i suoi limiti. Ma ogni analisi non può prescindere dal prendere in considerazione l'assurdità di un sistema che da più di 100 anni non consente ai farmacisti di esercitare liberamente il proprio diritto alla professione

02 FEB - Ogni qualvolta un economista presenta uno studio sul mondo della farmacia o sulla necessità di liberalizzare il settore c'è sempre una levata di scudi che ne denuncia la lesa maestà: in passato ci si appellava al concetto di sicurezza e di professionalità dei farmacisti (come se i colleghi della parafarmacia fossero farmacisti di serie b o meno competenti). Oggi, ad esempio c'è chi - come ha fatto proprio di recente il Prof. Avv. Ettore Jorio - punta il dito contro le liberalizzazioni ree di mettere ulteriormente in crisi il sistema farmacia. Dello stesso tenore è apparso anche l'intervento della Dott.ssa Pia Policicchio, che richiama con belle parole la difesa della professione e un rinnovo della professionalità del farmacista, cosa che proprio noi rivendichiamo da anni.

Ritengo queste analisi parziali e profondamente di parte perché ignorano un vulnus dal quale oramai non si può più prescindere: un sistema imperniato sull'ereditarietà che non permette di esercitare liberamente la professione. Ogni stortura del sistema attuale nasce infatti da questo punto di partenza, che intenzionalmente si ignora e non si nomina affatto: la professione di farmacista è retta ancora da leggi medievali dove - a parità di meriti e competenze - chi non è "figlio di..." non gode degli stessi diritti. Ogni analisi dunque non può prescindere dal prendere in considerazione l'assurdità di un sistema che da più di 100 anni non consente ai farmacisti di esercitare liberamente il proprio diritto alla professione.

La collega Pollicicchio fa bei discorsi e tutti condivisibili, ma se le levate di scudi giungono da soggetti appartenenti alle associazioni di Farmacisti titolari, la cosa è tutto sommato prevedibile e non desta particolare stupore. Ciò che stupisce è invece vedere come un avvocato, del calibro del prof. Ettore Iorio, nelle sue esternazioni guardi il dito e non alla luna. La provocazione mi viene spontanea: e se questa anomalia valesse anche per l'ordine degli avvocati? Immaginiamo ad esempio che un avvocato non figlio di avvocato possa aprirsi soltanto un parastudio e andare in giudizio unicamente dinanzi ai giudici di Pace, mentre un avvocato con un lignaggio nobile (figlio di avvocati da generazioni) indipendentemente dalle capacità e competenze possa esercitare pienamente e liberamente la propria professione, potendo addirittura ( anche se non laureato e non ancora avvocato) dare vita a un Trust facendo esercitare la professione a qualcun'altro per proprio conto.

Quando nell'accesso alla professione di farmacista, si ignorano e calpestano i principi fondamentali di uguaglianza e di libertà di esercizio della professione ogni discorso ulteriore sull'attuale sistema è superfluo e profondamente inadeguato. Siamo dispostissimi a discutere sul sistema di distribuzione del farmaco, capiamo le vulnerabilità del sistema e i suoi limiti. Ma ogni considerazione o decisione deve mettere sul tavolo la volontà reale di riforma del sistema, partendo proprio dalle sue basi.

Dott. Davide Giuseppe Gullotta
Presidente Federazione Nazionale Parafarmacie

02 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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