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Fofi: "Governo dice di volere aprire più farmacie ma poi lo rende irrealizzabile”


Un articolo che scontenta tutti: parafarmacie, titolari e collaboratori. Secondo la Fofi, infatti, i criteri previsti nella bozza del decreto sulle liberalizzazioni  rendono difficile l'apertura di nuove farmacie. Lasciando in realtà nell'incertezza sia le farmacie che le parafarmacie.

19 GEN - “Non è abitudine della Federazione degli Ordini intervenire a commento di indiscrezioni e anticipazioni” premette Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani (Fofi). “Ma nel caso delle bozze del Decreto sulle liberalizzazioni fin qui filtrate, corre l’obbligo di sottolineare una evidente contraddizione tra ciò che si dice esplicitamente di voler fare, aumentare il numero delle farmacie, e i risultati concreti che le misure previste potranno determinare”.

Il testo del decreto, infatti, prevede che i farmaci etici di fascia C possano essere venduti negli esercizi commerciali nel caso che in una Regione non si apra almeno l’80% delle farmacie previste con i nuovi parametri. “In realtà – spiega Mandelli - , se si prevede una farmacia ogni 3.000 abitanti, si dovrebbero assegnare 6.500 farmacie, di cui 1.000 sono già oggi vacanti perché, non consentendo letteralmente la sopravvivenza a chi le dovrebbe gestire, sono sempre state rifiutate dai vincitori dei concorsi. E’ evidente che con questo handicap non si raggiungerà mai il tetto minimo di aperture imposto dal decreto. Tanto vale allora dire esplicitamente che si vuole uscire dall’Europa e portare le ricette al supermercato”.

Ma per la Federazione degli Ordini è tutto l’impianto della manovra che non tiene conto della realtà del settore. Le farmacie, afferma la Fofi, già oggi scontano, oltre alla costante diminuzione del valore delle prescrizioni del Servizio sanitario, la crisi dei consumi e i ritardi nei rimborsi delle Asl e “ciononostante hanno sempre assicurato il servizio pubblico. Quel servizio che evidentemente non interessa, perché troppo oneroso, ai sostenitori delle liberalizzazioni, altrimenti non si spiegherebbe perché la notizia di un aumento delle sedi da aprire non abbia smorzato l’interesse per l’apertura delle parafarmacie”, sostiene la Federazione.

“Quello che è certo – secondo il presidente della Fofi - è che le misure contenute nella bozza di Decreto scontentano i farmacisti  titolari di parafarmacia, che si sentono minacciati economicamente dall’apertura di un gran numero di farmacie, i  collaboratori e i titolari di farmacia che sono contrari alla vendita dei farmaci con ricetta di Fascia C negli esercizi commerciali. Non vedo come su queste basi possa proseguire la sua azione un Governo tecnico che deve mirare all’unità e alla condivisione degli obiettivi che sono la garanzia di risultati tangibili”.  

“E’ chiaro – aggiunge Mandelli - che le società di capitali, maggioritarie tra le parafarmacie, preferiscono trattare soltanto farmaci redditizi, potendo aprire come e dove vogliono”. E sottolinea che “uno dei pochi paesi europei che conta su un numero di farmacie superiore all’Italia in rapporto alla popolazione, la Francia, ha dovuto invertire la rotta dopo aver condotto con l’Ispettorato Affari Sociali un’indagine approfondita sulla loro rete delle farmacie: accorpamento delle sedi e innalzamento del quorum sono state le proposte di quel Governo. Mi chiedo – prosegue Mandelli - che cosa autorizzi a credere che l’Italia non corra gli stessi rischi. Del resto, anche la Gran Bretagna, che ci viene riproposta costantemente come modello liberale, conta una farmacia ogni 4700 abitanti mentre in Italia ce n’è una ogni 3300. Magari quello che piace è che la maggioranza delle farmacie britanniche appartiene a grandi gruppi”.

La Federazione degli Ordini ricorda di non avere mai fatto mancare le sue proposte e le sue argomentazioni concrete sulle reali necessità di ammodernamento del servizio farmaceutico, anche nella consapevolezza che in questo momento tutta la società è chiamata a dare un contributo: “Sfortunatamente – conclude Mandelli - le nostre osservazioni e le nostre proposte finora non hanno mai avuto alcun riscontro né la discussione su questo tema si è mai spostata su dati concreti, e si è preferito affidarsi a idee preconcette sostenute da stime fantasiose di terze parti interessate”.
 

19 gennaio 2012
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