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A marzo raddoppiati gli infortuni sul lavoro in sanità denunciati all’Inail. E tre denunce su quattro riguardano il Coronavirus

di Domenico Della Porta

In controtendenza rispetto ad altri settori forzatamente fermi per il lockdown nella sanità c'è stato un forte incremento delle denunce di infortunio: +33% su base trimestrale e +102% su base mensile (marzo 2020 vs marzo 2019). I casi denunciati sono passati dai 1.788 del marzo 2019 ai 3.613 del marzo 2020. “Siamo certi, sottolinea Filippo Anelli, presidente Fnomceo, che il totalizzatore crescerà notevolmente con numeri anche a cinque cifre adesso che perverranno all’Istituto anche quelli eventi riferiti a febbraio ed aprile, utilizzando le deroghe che sono state previste a tal proposito”

26 APR - Segnali preoccupanti, quale chiara e diretta conseguenza della pandemia da nuovo Coronavirus, già si intravedono dal più che raddoppiato numero di infortuni in Sanità relativi al mese di marzo denunciati all’INAIL.
 
Nel settore della sanità, infatti, in controtendenza rispetto all’andamento degli altri settori economici che a causa del blocco di numerose attività produttive presentano dati di denuncia in diminuzione il settore “Sanità e assistenza sociale” ha registrato un forte incremento delle denunce di infortunio in occasione di lavoro: +33% su base trimestrale e +102% su base mensile (marzo 2020 vs marzo 2019). I casi denunciati sono raddoppiati, passando dai 1.788 del marzo 2019 ai 3.613 del marzo 2020 (tre denunce su quattro riguardano il contagio da Covid-19).
 
“Siamo certi, sottolinea Filippo Anelli, presidente FNOMCeO, che il totalizzatore crescerà notevolmente con numeri anche a cinque cifre adesso che perverranno all’Istituto anche quelli eventi riferiti a febbraio ed aprile, utilizzando le deroghe che sono state previste a tal proposito. Per non parlare dei casi di stress post traumatico che saranno evidenziati presumibilmente da un operatore sanitario su due, secondo un indagine condotta dal Policlinico di Tor Vergata e pubblicata su QS”.
 
Occorre immediatamente porre mano ai rimedi per la salute e la sicurezza sul lavoro in questo delicato comparto, tra i più esposti alla pandemia, in considerazione soprattutto del livello di rischio “alto” confermato per la sanità i servizi sociali e le farmacie dal Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile per la cosiddetta “Fase 2”.
 
La valutazione deve riguardare tutti i rischi derivanti dall’attività lavorativa nel comparto sanità che risultino ragionevolmente prevedibili, come richiamato al dal Documento Tecnico Inail, pubblicato su QS: vanno quindi conciliate le contrapposte esigenze di “esaustività” della valutazione e della identificazione dei principali problemi di prevenzione, peculiari della specifica attività, compresi anche quelli organizzativi e psico-sociali su cui concentrare l’analisi.
 
In una prima fase, da avviare in tempi brevi, occorre che il datore di lavoro insieme al Servizio di Prevenzione e Protezione, con la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori, programmi (indicando tale programma nel documento) una successiva fase di valutazione dei rischi che ad un primo esame appaiono meno prevedibili e comunque tali da provocare lievi conseguenze.
 
Gli orientamenti comunitari indicano a tale proposito l’utilità di partire dalla valutazione complessiva per separare i rischi in due categorie: quelli ben noti per i quali si identificano prontamente le misure di controllo e quelli per i quali è necessario un esame più attento e dettagliato.
 
Questa fase può attivarne altre se si deve applicare un sistema più sofisticato di valutazione dei rischi a situazioni effettivamente complesse come avviene in questo momento.
 
L’identificazione dei fattori di rischio sarà guidata dalle conoscenze disponibili su norme di legge e standard tecnici, dai dati desunti dall’esperienza e dalle informazioni raccolte, dai contributi apportati da quanti, a diverso titolo, concorrono all’effettuazione della stessa valutazione: responsabile del Servizio di prevenzione e protezione, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, medico competente, altre figure che possono essere utilmente consultate nel merito (lavoratori, preposti, dirigenti...).
 
Questo procedimento consentirà di identificare i pericoli non soltanto in base ai principi generalmente noti, ma anche all’esistenza di fattori di rischio peculiari delle condizioni in cui ha luogo l’attività lavorativa.
 
Si avrà cura di controllare l’influenza che su tale identificazione può esercitare la percezione soggettiva del rischio, che talvolta può portare a sottostimare o sovrastimare un pericolo sulla base dell’abitudine al rischio o dell’eccessiva fiducia concessa alle impressioni sensoriali.
 
Va sottolineato che laddove esistano posti di lavoro e/o lavorazioni omogenee nella stessa unità o in unità del medesimo comparto è possibile definire in modo unitario un elenco orientativo dei fattori di rischio da considerare fermo restando che per ogni contesto considerato andranno verificate le eventuali differenze significative, le quali peraltro possono condurre all’attivazione di conseguenti diversificate e specifiche misure di tutela.
 
In relazione alle situazioni pericolose messe in luce dalla prima fase della valutazione, si evidenzierà il numero dei lavoratori che sono o possono essere esposti ai fattori di rischio, individualmente o come gruppo omogeneo, come più volte richiesto in questi ultimi giorni dalle rappresentanze sindacali di categoria.
 
E’ opportuno che i lavoratori esposti siano identificati nominalmente, sia in funzione della eventuale segnalazione al medico competente per gli adempimenti in merito alla sorveglianza sanitaria, sia per la programmazione dei successivi interventi di informazione/formazione.
 
L’identificazione dei lavoratori esposti non potrà prescindere dalla rilevazione delle effettive modalità di lavoro; a tale fine si richiama l’esigenza di avvalersi di modalità partecipative nella raccolta delle informazioni in merito.
 
A questo proposito giova ricordare che l’utilizzo di check-list, se pur di utilità al responsabile del Servizio di prevenzione e protezione aziendale, non può essere considerato come l’unico mezzo per la valutazione. Le check-list, infatti:
• essendo “universali” possono rivelarsi talora eccessivamente dettagliate e talaltra generiche a seconda del comparto produttivo dell'azienda;
• se elaborate in altre nazioni non presentano utili richiami alla legislazione italiana;
• non sostituiscono la conoscenza e le informazioni pregiate di cui dispongono gli operatori sanitari sulle specifiche condizioni di rischio.
 
Una prima stima dell’entità delle esposizioni (misura semiquantitativa), utile nel comparto sanità in considerazione del rischio “alto” implica una valutazione della frequenza e della durata delle operazioni/lavorazioni che comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
 
Si verificherà, in talune situazioni, la necessità o l’opportunità di procedere ad una stima più precisa delle esposizioni ai pericoli, tramite misure di igiene ambientale o a criteri di valutazione più specifici e dettagliati nei casi in cui vi sia esposizione ad agenti biologici (coronavirus) e/o qualora si siano verificati (o si possano prevedere) infortuni/incidenti gravi.
 
Tale fase di approfondimento, per analogia con quanto detto al punto precedente, può peraltro essere programmata per un tempo immediatamente successivo alla prima valutazione e alla prima adozione delle misure di prevenzione e di protezione individuate.
 
Al contrario, la quantificazione dell’esposizione è esplicitamente citata a proposito di agenti cancerogeni con particolare riferimento, però, alla verifica di efficacia delle misure adottate.
 
Domenico Della Porta
Esperto FNOMCeO Gruppo di Lavoro Prevenzione e Sicurezza Operatori Sanitari


26 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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