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Farmacia. Pace (Fofi): “Puntare allo sviluppo del nostro ruolo sul territorio”


Il segretario della Fofi è intervenuto al convegno “La farmacia in Italia oggi: tradizione e prospettive” promosso il 22 aprile dal Conasfa del Friuli Venezia Giulia. Borgonovi (Cergas Bocconi): “No alle liberalizzazioni totali del servizio farmaceutico”.

24 APR - Saper ricondurre le dinamiche nazionali a quelle locali, e viceversa, è la chiave per comprendere i fenomeni in atto, soprattutto in sanità. Ne sono convinti i relatori intervenuti al convegno “La farmacia in Italia oggi: tradizione e prospettive”, organizzato dalla  Conasfa del Friuli Venezia Giulia a Villa Manin di Passariano il 22 aprile. Dove non è mancato lo spazio anche per uno sguardo agli sviluppi della farmacia in atto in ambito europeo e mondiale.

La disamina della situazione italiana nel suo complesso è stata svolta dal segretario della Fofi, Maurizio Pace, che ha ricordato le criticità introdotte dal Decreto “Cresci Italia”. Pace, in particolare, si è soffermato su due aspetti: l’intervento sul numero delle farmacie, condotto non in base a una ricognizione dei bisogni del territorio e della popolazione, ma sulla base della decisione di aprire comunque 5.000 nuove farmacie e il meccanismo del concorso straordinario, che “penalizza il merito individuale sia per l’appiattimento dei punteggi, che equiparano attività tutte professionalmente importanti, ma differenti, ed elimina la prova d’esame”.

“Oggi - ha detto Pace - la farmacia rappresenta un presidio che racchiude al suo interno professionalità elevatissime, quelle dei collaboratori e del titolare, e che deve puntare allo sviluppo del suo ruolo e delle prestazioni offerte nel quadro della tutela della salute sul territorio“. Per il segretario della Fofi, se si vuole realmente puntare allo sviluppo del settore, tre sono i punti irrinunciabili: il ritorno della farmacia di comunità al centro della dispensazione sul territorio di tutti i farmaci, compresi tutti gli innovativi compatibili con la somministrazione territoriale-domiciliare; la modifica del sistema di remunerazione; solo così, infine, sarà possibile prevedere una pianta organica del personale della farmacia, legandola al fatturato. “A loro volta – secondo Pace - queste innovazioni sono la premessa per lo sviluppo del modello della farmacia dei servizi e, alla fine, a un reale miglioramento del servizio reso ai cittadini. Che non può e non deve essere ridotto alla questione dello sconto”.

Elio Borgonovi, direttore del Cergas Bocconi e uno dei padri dell’economia sanitaria in Italia, ha concordato sulla necessità che il servizio farmaceutico sia soggetto a una regolazione, in quanto una totale liberalizzazione, “è ovvio”, farebbe sì che “ciascun attore persegua un interesse particolare, anche ottimo, ma difficilmente una somma di interessi particolari mette capo all’interesse generale”. In questo senso, però, pur promuovendo il sistema italiano nel suo complesso, secondo Borgonovi “non si può trascurare che l’iniziativa di singoli può offuscare l’immagine di una categoria”, e il riferimento qui è alle azioni legali nei confronti delle nuove aperture.

Per Borgonovi è evidente che la farmacia non sia soltanto un’impresa, ma la componente imprenditoriale deve servire a finanziare la componente di servizio di qui la necessità per il farmacista di sviluppare anche competenze di marketing in una misura superiore al passato. Il quadro, in definitiva, è quello di una struttura, la farmacia, che deve superare il ruolo della semplice distribuzione del farmaco, un ruolo nel quale le catene, le grandi organizzazioni, sono sicuramente vincenti, non fosse altro che per la possibilità di attuare economie di scala.

Questo concetto ha attraversato anche l’intervento di Andrea Manfrin, ricercatore della Medway School of Pharmacy  della University of Kent and Greenwich (Gran Bretagna) ma soprattutto farmacista con una lunga esperienza professionale in Italia e all’estero, nella farmacia di comunità e nell’ospedale. I dati concreti dimostrano che oggi la componente servizio è largamente preponderante rispetto alla dispensazione del farmaco, in Gran Bretagna e in Canada, paesi con un servizio sanitario universalistico, ma anche in alcuni stati degli USA. Servizi che sono sempre più orientati all’assistenza del paziente all’interno del processo di cura (controllo dell’adesione alla terapia, personalizzazione del farmaco, supergalenica e altri aspetti ancora) che si basano in primo luogo sullo scambio di informazioni tra gli attori coinvolti.

A questo punto, però, si apre il capitolo della formazione. Carlo Rossi, preside della Facoltà di Farmacia di Perugia, ha sottolineato come ancora oggi il corso di laurea sia sbilanciato verso le discipline chimiche mentre in prospettiva si dovrebbe ampliare il ruolo di quelle mediche in vista di questa evoluzione della professione, non solo nella farmacia di comunità ma anche nell’ospedale. Analogo discorso, ha ricordato Rossi anche sulla base dei risultati del progetto europeo Pharmine, vale per il tirocinio, che risulta più lungo e articolato in altri paesi europei (a cominciare dalla Francia). “E’ innegabile che vi siano realtà più sfavorevoli di quella italiana a questo riguardo, ma questa non è una consolazione” ha concluso Rossi. Ma nonostante gli obiettivi ritardi con cui l’Italia si trova ad affrontare questo punto di svolta, sulla scorta della Legge sulla farmacia dei servizi alcune realtà si stanno già attrezzando, quantomeno sul piano culturale: lo dimostra la relazione di uno dei nomi storici della farmacia italiana, Damiano Degrassi, che illustrato le implicazioni della Legge 69/2009 con particolare attenzione a una malattia dal fortissimo impatto quale il diabete tipo 2.

E il decisore politico? Loredano Giorni, direttore del settore politiche del farmaco della Toscana e membro del Comitato Prezzi e Rimborso dell’Aifa, e la sua collega del Friuli Venezia Giulia, Francesca Tosolini, hanno svolto questo ruolo.  Anche Giorni ha concordato sull’impossibilità di una liberalizzazione totale della farmacia, così come ha detto che “abbiamo bisogno di una farmacia dei servizi sul modello inglese, o canadese o australiano”, ma ha criticato le disposizioni attuali che, elaborate senza consultare le Regioni,  prevedono da una parte  l’avvio dei servizi ma, dall’altro, impongono che questi vengano realizzati senza oneri aggiuntivi. E da qui ha origine il parere negativo a suo tempo espresso dalle amministrazioni regionali. Giorni ha poi rivolto l’invito alle farmacie a scegliere di stare pienamente dalla parte del Servizio Sanitario, e ha citato il caso della proposta della Toscana di  dispensare nelle farmacie gli equivalenti acquistati dalla stessa Regione, uno dei presupposti per liberare risorse destinabili allo sviluppo dell’assistenza sul territorio.

Ha replicato Alessandro Fumaneri, presidente di Federfarma Friuli Venezia Giulia, che ha ricordato come la farmacia italiana sia sempre stata dalla parte del cittadino e del servizio sanitario, e che questo è ben presente al cittadino, come dimostrano anche i dati della ricerca effettuata dall’ISPO e presentata a Roma due settimane orsono. Anche Fumaneri ha poi rivolto un invito: a considerare che il mondo della farmacia esprime voci differenti, e che fenomeni isolati non possono contraddire un orientamento generale teso a cercare la massima collaborazione.

Al tema del gradimento del servizio reso dalla farmacia si è infine collegato Heriberto Arrigoni, presidente di Conasfa nazionale: “Il gradimento del servizio dipende in larga misura dalla professionalità dei collaboratori” ha esordito “con i quali il cittadino entra in contatto nella maggioranza dei casi. Eppure ancora oggi al collaboratore non si prospetta un percorso di carriera adeguato, nemmeno dal punto di vista economico. Oggi, forse, si apre per lui la possibilità di diventare direttore una volta che il titolare abbia superato i 65 anni, ma non è una prospettiva sufficiente”. E su questo, non ci sono state obiezioni di nessuno.
 

24 aprile 2012
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