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Nel 2022 in pensione 200 medici di famiglia milanesi, 300 mila cittadini senza riferimento

di Roberto Carlo Rossi

07 FEB - Gentile Direttore,
la medicina del territorio milanese e lombardo non può essere riorganizzata se non ci sono più medici del territorio da riorganizzare. Tra carenze ormai storiche, decessi e invalidità da Covid, migliaia di pensionamenti in arrivo, concorsi che vanno deserti perché il lavoro del medico di famiglia è diventato ingestibile ed economicamente insostenibile, non resta più nulla da riorganizzare. Solo macerie. Non solo. È tutta la professione medica a risentire del contraccolpo dovuto alla pandemia, a turni di lavoro insostenibili che ormai vanno avanti da quasi 2 anni, da azioni legali nella maggior parte dei casi immotivate e poi vinte, ma dopo mesi, anni di battaglie. Non ci sarà PNRR che tiene se non si mette mano una volta per tutte al riallineamento del numero della professione medica in Italia. Basta un pensionamento non sostituito perché oltre millecinquecento assistiti restino senza medico di famiglia.

Oggi parliamo, solo per quanto riguarda l’ordine di Milano, di circa 200 medici pronti per la pensione entro il 2022. Ma la stima potrebbe essere largamente in difetto poiché, di questi tempi, sono sempre di più i medici di famiglia che abbandonano molto prima dei 68 anni, delusi e umiliati da una Regione e da uno Stato che li oberano di compiti burocratici, da campagne di stampa che li dipingono come fannulloni e da compensi sempre uguali da 15 anni. Duecento medici di famiglia che moltiplicato per il numero di 1500/1800 assistiti ciascuno fa un conteggio facile: siamo oltre i 300 mila cittadini. Questo si somma alla carenza di almeno 1500 medici di medicina generale lombardi già in essere. Senza contare che – come denunciato ieri dall’Ordine di Brescia – otto su 10 sono pronti a dare le dimissioni. Un dato che non immagino diverso da quello dell’Ordine di Milano. E per finire, si inizia la conta – con gli esposti alle procure – delle minacce, delle violenze, dei ricatti da parte di chi continua a rifiutare di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid.

Non è certo un ricatto questo che giunge da Brescia, ma un grido di aiuto e una richiesta di attenzione, che però fa pelo e contropelo ad una gestione disastrosa del fenomeno da parte delle Istituzioni (Ministero e Regione) che dura ormai da 10 anni, e che il Covid ha solo fatto emergere ancora di più nella sua drammaticità.

Indipendentemente da come la si vorrà riorganizzare, la professione del medico di famiglia va assolutamente salvata. È stata il cardine della sanità ‘popolare’ per 50 anni, funziona quando ci sono i numeri giusti di medici a farla funzionare, sono un servizio molto più capillare di quello che una peregrina proposta di ‘case di comunità’ vorrebbe cancellare, mettendo un servizio pubblico di base nelle mani di privati. Al di là di rarissimi casi, i medici di famiglia sono nella loro totalità punti di riferimento amati e rispettati dai cittadini; e non potrebbe che essere così poiché i pazienti scelgono liberamente il proprio medico.
 
Solo la malevolenza di qualche politico in cerca di facili consensi può immaginare il contrario e rilasciare dichiarazione che portano a incattivire i cittadini già provati dalla pandemia che trovano il telefono occupato o il medico impossibilitato a rispondere perché impegnato a curare una persona. A tutto questo, si somma uno scadentissimo supporto informatico fornito dalla Regione (il celeberrimo, in senso negativo, SISS), che quotidianamente blocca o rallenta le attività, facendo perdere al medico minuti su minuti, che diventano ore, tolte necessariamente ai cittadini.

Roberto Carlo Rossi
Presidente Omceo Milano


07 febbraio 2022
© Riproduzione riservata

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