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Sanità di montagna. Il Governo si in contraddizione con sé stesso

di Giuseppe Belleri

11 MAR - Gentile Direttore,
è passata una settimana dalla divulgazione del DM 71 che prevede 1 Casa della Comunità (CdC) ogni 45-50 mila abitanti e un Ospedale ogni 100mila; quasi contemporaneamente il governo ha varato un provvedimento per favorire lo sviluppo economico e la ripresa delle aree montane, con l’obiettivo di contrastarne lo spopolamento, attraverso norme ed incentivi per compensare le aree svantaggiate, anche a favore di medici e figure socio sanitarie che vi prestano la propria opera professionale.
 
Gli standard demografici deliberati per le strutture del PNRR sono più adatti alla zone urbane ad alta densità demografica che non a quelle extraurbane scarsamente popolate della pianura, della collina e soprattutto della montagna. Tenuto conto che il 90% degli 8mila comuni italiani ha meno di 15mila abitanti e che il 30% della popolazione abita in località con meno di 10mila residenti sarà impossibile garantire l’attuale capillarità assicurata dagli studi dei MMG.
 
I residenti in zone disagiate con difficoltà di collegamenti stradali, già ora penalizzati per la distanza dagli ospedali, difficilmente potranno gravitare e fruire delle CdC e degli OdC. Inoltre in queste aree i MMG saranno restii a lasciare i propri studi, diffusi sul territorio, per confluire in poliambulatori lontani dalle residenze dei propri assistiti. Medicina di prossimità significa rapporto stretto con il proprio territorio mentre 1.350 CdC a livello nazionale non garantiscono un solido legame con le aree extra-urbane di riferimento.
 
Nei piccoli comuni dove CdC ed OdC non saranno proponibili l’attuale rete di studi di medicina generale, dalle medicine di gruppo alle le AFT/UCCP continueranno ad essere un riferimento per i cittadini svantaggiati per lo spopolamento delle zone alpine ed appenniniche. Con il concreto rischio di costruire strutture inadatte alle caratteristiche geodemografiche ed orografiche della montagna, quindi non di prossimità ma di distanza specie per l'assistenza domiciliare.
 
Per questi motivi gli standard introdotti dal DM71 appaiono inappropriati per i bisogni delle popolazioni delle aree in via di spopolamento; tant'è che in Lombardia con una Delibera ad hoc, sull'esempio della diversificazione della Case della Salute emiliane, è stato dimezzata lo standard delle CdC degli OdC nell'ATS della montagna, affinché nei “territori montani siano individuati strumenti adeguati a garantire la presenza capillare dei servizi, l’attrazione dei professionisti e in generale la capacità di assicurare le cure necessarie su un territorio molto vasto e non densamente popolato”, prevedendo “una serie di strumenti e modalità che consentano di rendere fattive le previsioni di una sanità di montagna realmente capace di rispondere ai bisogni dei cittadini”.
 
Quindi da un lato le strutture della Missione 6 rischiano di penalizzare proprio le zone di montagna mentre dall'altro un altro si introducono incentivi rivolti al personale sanitario per contrastare l'abbandono delle stesse aree. Non sarebbe stato più opportuno che i due ministeri si coordinassero o si consultassero sulla ratio di queste misure, che hanno tutta l'aria di decisioni di policy "a silos"? I paladini del centralismo sanitario forse dovrebbero riflettere sulle virtù di modelli organizzativi definiti centralmente, a tavolino, in modo rigido e calati sul territorio a prescindere dalle caratteristiche delle zone a cui invece dovrebbero adattarsi, per poter "garantire la presenza capillare dei servizi e l’attrazione dei professionisti".


Dott. Giuseppe Belleri
MMG e Animatore SIMG

11 marzo 2022
© Riproduzione riservata

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