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Psicologi e psicoterapeuti: facciamo chiarezza

di David Lazzari

20 GIU -

Gentile Direttore,
l’aumento del disagio e dei disturbi ha portato in primo piano la professione psicologica. Poco e male utilizzata sinora in campo pubblico nel nostro Paese. I cittadini sembrano avere le idee chiare: in un sondaggio CNOP assegnano allo Psicologo prima di tutto il compito di “promuovere il benessere psicologico” (84%), “Fornire sostegno a scuola” (89%), “Prevenire il disagio e i disturbi psichici” (80%), “Aiutare le persone a vivere meglio” (79%). Per un italiano su due l’immagine e il ruolo della professione è molto migliorato negli ultimi anni e se prima della pandemia (2018) il 51% chiedeva uno psicologo pubblico oggi siamo ad otto italiani su dieci.

E’ bene tuttavia fare chiarezza su alcuni aspetti relativi alle competenze di questa figura. In Italia abbiamo una delle leggi in materia più avanzate al mondo, che fornisce una importante tutela ai cittadini. Mi riferisco alla legge 56 del 1989 e a successive integrazioni: l’art. 1 della stessa chiarisce chi è e quali sono le attività dello Psicologo: “la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità”. Se prima di questa legge le attività in campo psicologico potevano essere svolte da varie figure, con la 56 abbiamo la istituzione di una riserva normativa di competenze: solo chi ha questa qualifica può svolgere queste attività nei confronti non solo delle singole persone ma anche dei gruppi, degli organismi sociali e delle comunità in generale.

Con la legge 3 del 2018 inoltre la 56/89 è stata modificata sancendo il fatto che tutte queste attività sono da considerarsi sanitarie, ovvero, al di là del contesto in cui si svolgono (cioè nell’ambito dei servizi sanitari o in altri ambiti, come scuola, mondo del lavoro, welfare, ecc.), rivestono un ruolo preminente nella promozione e tutela della salute. Quindi parlare ad es. di prevenzione o sostegno psicologico configura una attività sanitaria riservata ad una specifica professione.

La stessa legge 56/89 regolamenta all’art. 3 l’esercizio dell'attività psicoterapeutica: “L'esercizio dell'attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia”.

Come si vede non esiste una professione a sé stante di psicoterapeuta, essendo una specializzazione che può essere acquisita sia da psicologi che da medici: in sostanza – altro principio di tutela verso il cittadino – per fare psicoterapia bisogna non solo essere psicologi o medici ma avere una apposita specializzazione di almeno 4 anni.

Peraltro, è bene precisarlo, lo Psicologo dopo la laurea può conseguire altre e diverse specializzazioni universitarie, come ad es. quella in Psicologia Clinica o in Neuropsicologia che sono riservate anch’esse agli psicologi in quanto ambiti delle scienze psicologiche.

Si tratta di una normativa che è stata ribadita anche da numerose ed importanti sentenze, come ad es. la sentenza 20-27 luglio 1995 della Corte Costituzionale che ribadisce la riserva delle competenze riconosciute allo psicologo ex art. 1 legge 56 e a coloro che sono in possesso di una specializzazione in psicoterapia ex art.3 (“trattamento e cura non farmacologica dei disturbi”) o la sentenza del Consiglio di Stato n.11380/98 che stabilisce come la specializzazione in psicologia clinica “in quanto specializzazione della psicologia non può che essere riservata agli psicologi”.

E’ bene quindi che i cittadini, che sempre di più si rivolgono e considerano necessaria questa professione, la conoscano da vicino e conoscano le sue declinazioni e le differenze tra psicologo, psicologo specialista in un particolare ambito, psicoterapeuta. Oggi in realtà c’è sempre più bisogno di articolare i percorsi formativi, in particolare post laurea, per venire incontro alle richieste del mercato del lavoro e allo sviluppo di nuovi e specifici ambiti operativi così come dell’aumento delle conoscenze. Una sfida urgente da affrontare insieme al mondo universitario.

A volte su questi temi si generano confusioni, dovute anche a poca conoscenza, interessi di parte o confronti approssimativi con le realtà di altri Paesi. In altre nazioni ad es. la psicoterapia non è tutelata da specifiche norme di legge e a volte neanche l’attività psicologica ha confini normativi precisi, ma questo non è un vantaggio per il cittadino perché fornisce meno garanzie. La normativa del SSN italiano attualmente prevede che lo psicologo della ASL sia comunque anche uno specialista/psicoterapeuta, potendo così fornire al cittadino sia le attività psicologiche che psicoterapiche. Nel privato invece si può incontrare lo psicologo non specialista o lo specialista e lo psicoterapeuta e il cittadino può scegliere in base alle proprie esigenze. Oltre alla legge anche il codice deontologico prescrive trasparenza e garanzie su questo da parte del professionista.

Lo sviluppo della professione e il suo crescente riconoscimento comporta la necessità di evitare confusioni su questi aspetti, che non è solo dannosa per gli utenti ma presta anche il fianco a forzature di chi ha interesse a mantenere ambiguità o ad invadere terreni non di propria competenza.

Infine: le norme sono chiare e non possono costituire alibi per impedire che ai cittadini vengano assicurate gli interventi di promozione e tutela del benessere e della salute psicologica: esistono norme anche su questo che aspettano da troppo tempo di essere adeguatamente attuate.

David Lazzari

Presidente CNOP



20 giugno 2022
© Riproduzione riservata

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