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Diciamoci la verità: la sanità italiana non ha buone performance

di Andrea Angelozzi

18 LUG -

Gentile Direttore,
i risultati del recente rapporto Crea Sanità sulle performance in ambito sanitario sono stati ripresi pubblicamente in alcune Regioni come una conferma dell’ottimo funzionamento locale della Sanità. L’articolo su Quotidiano Sanità del 15/07/2022 riporta in maniera molto corretta i limiti di questo “successo” segnalando che lo stesso rapporto indica che le performance ottenute sono comunque decisamente basse rispetto ai livelli ottimali che sarebbero auspicabili.

Il documento chiarisce inoltre che questa valutazione non ha come riferimento gli obiettivi del SSN ma aspetti generali legati al concetto di salute, così come segnala che taluni indicatori relativi ad “Equità” ed “Esiti” siano peggiorati rispetto all’anno precedente. Chiarisce infine che molte differenze nelle valutazioni fra le Regioni si devono al tentativo di misurare, peraltro con indicatori ancora limitati e poco collaudati, le conseguenze “sociali” delle performance sanitarie.

È comunque evidente, al di là di questi chiarimenti, la importante differenza fra il quadro che il rapporto sembra offrire e quanto emerge dai dati oggettivi relativi ad alcuni servizi, dalla percezione che ne ha il personale e soprattutto i cittadini.

Non possiamo non confrontare I buoni punteggi ottenuti del Veneto nel Rapporto Crea Sanità con la realtà molto preoccupante che emerge con evidenza dai dati oggettivi relativi ad un settore specifico ma rappresentativo che è la salute mentale (di cui abbiamo dati dettagliati), confermati da un generale importante impoverimento dei servizi sul territorio.

Soprattutto vi è difformità rispetto a quanto sembra emergere dalla percezione che ne hanno gli operatori, come emerge dai dati che l’Assessore alla Sanità e al Sociale della Regione del Veneto, Manuela Lanzarin ha reso pubblici, riportati anche su Quotidiano Sanità del 08/07/2022.

Questi dati segnalano che dal gennaio 2019 al giugno 2022 le uscite dei medici dal SSN nel Veneto hanno visto il pensionamento nel 32% dei casi, confermando un 68% di altri motivi (in particolare il passaggio al privato), mentre fra le uscite degli infermieri il pensionamento ha inciso per il 28%, segnalando un 72% di dimissioni per altri motivi. Questo in forte controtendenza con i dati Nazionali portati da ANAAO ASSOMED su Quotidiano Sanità del 21 aprile, 2022 riferiti agli anni 2019, 2020 e 2021. I dati non sono totalmente sovrapponibili, mancando i 6 mesi del 2022 ma il contrasto è comunque imponente. Segnalano infatti un 61% di dimissioni per pensionamenti (quasi il doppio rispetto al Veneto) con un 39% per passaggio probabile al privato (rispetto al 68% del Veneto). Alla fine i pensionamenti dei medici nel Veneto sono 8,6% di quelli complessivi nazionali, mentre il probabile passaggio al privato del personale del Veneto riguarda ben il 29% del complessivo italiano: uno cioè su tre medici dimessi non per pensionamento in Italia appartengono al Veneto. Si tratta di chiari segni di sofferenza che fatichiamo a rendere coerenti con il buon quadro della sanità che Il Rapporto Crea farebbe supporre

Il terzo elemento è legato a aspetti crescenti di insoddisfazione nella popolazione, con la costituzione di Comitati locali a difesa della sanità, manifestazioni e documenti pubblici.

Questi disallineamenti con il ranking Crea delle performance sono probabilmente in parte spiegabili con la metodologia particolare proposta dal Rapporto Crea Sanità, affidata ad un punteggio che “media” le valutazioni di una serie di stakeholder del sistema, che scelgono anche gli indicatori su cui viene svolta la valutazione e la loro pesatura su varie dimensioni. Nel 2022 le preferenze sono state elicitate con il contributo di un Panel di esperti/stakeholder composto da 107 esperti, di cui una gran parte appartenenti alle stesse istituzioni oggetto della valutazione. Questo filtro dei dati attraverso le “votazioni” del panel di esperti viene completato dalle valutazioni di un campione limitatissimo di 800 cittadini che dovrebbero essere rappresentativi di tutto il territorio nazionale.

Si tratta di una metodologia che sicuramente porta elementi di grande interesse, ma pone la questione se queste valutazioni di performance sia coerenti con quanto viene valutato come importante nella realtà da operatori e cittadini, se gli indicatori prescelti siano in grado di cogliere cosa effettivamente vien chiesto alla sanità pubblica e se questa mediazione fra “esperti” sia quello che garantisce una maggiore oggettività nelle valutazioni.

Si ripropone in altre parole la questione se queste valutazioni descrivano lo stato di produttività delle aziende o lo stato di salute dei cittadini a cui dovrebbero erogare servizi essenziali, e se quindi indicatori di performance aziendalistica rispondano davvero ai bisogni di salute di chi a quelle aziende deve rivolgersi. È anche la questione del rapporto fra aspetti quantitativi e qualitativi nella valutazione e di come sia possibile costruire modelli che abbiano una forte base nei dati oggettivi, affidando la discrezionalità valutativa soprattutto agli effettivi fruitori dei servizi.  Ed infine la questione di costruire indicatori che siano effettivamente in grado di cogliere non solo la realtà più strettamente ospedaliera ma anche quella territoriale, della sanità pubblica in Italia.

E credo che la questione degli indicatori di funzionamento, come peraltro quello della trasparenza nei dati, sia un punto cruciale per una reale valutazione dello stato di salute del SSN e di come si è declinato nelle diverse Regioni e realtà locali.

Andrea Angelozzi 

Psichiatra



18 luglio 2022
© Riproduzione riservata

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