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Organizzazione non è follia

di Elena Bravi e Guido Rocca

02 NOV -

Gentile Direttore,
in rappresentanza della SIPSOT (Società Italiana di Psicologia dei Servizi Ospedalieri e Territoriali) riteniamo opportuno intervenire sui contenuti dell’articolo pubblicato il 26 ottobre scorso a firma dei dottori Fioritti e Nicolò, del Collegio Nazionale dei Dipartimenti di Salute Mentale, poichè concordiamo pienamente con la chiosa che evidenzia la necessità di affrontare in maniera approfondita, documentata e disinteressata gli argomenti che riguardano la salute dei cittadini.

La SIPSOT è una società scientifica che, dal 1998, ha come mission lo studio, il confronto, la valutazione e promozione dell'organizzazione dell'intervento psicologico, degli strumenti e delle pratiche psicologiche nel SSN. Promuove inoltre l'implementazione delle strutture di Psicologia, al fine di garantire il governo clinico delle attività, nel Servizio Sanitario pubblico.

Se, come scontato, è condivisa l’idea che l’analisi di un problema complesso non può che implicare una argomentazione articolata, siamo rimasti sorpresi da un titolo ed una illustrazione ai limiti della banalizzazione.

Non vogliamo evidentemente entrare in polemica sulla lettura delle norme citate, ritenendo che il Ministero della Salute sia l’organismo istituzionale deputato ad assicurare una corretta interpretazione ed applicazione delle stesse.

Nello specifico, le “Linee di Indirizzo per la Funzione della Psicologia nel SSN” che vengono citate, sono state sviluppate in un Tavolo di Lavoro coordinato dal Ministero della Salute e composto da funzionari ministeriali dell’Istituto Superiore di Sanità, di Agenas, delle Regioni, della Consulta delle Società Scientifiche e, infine dal CNOP.

Riteniamo quindi che le competenze e professionalità che hanno contribuito alla redazione di tale documento, siano una garanzia della tutela dei diritti di salute di tutti i cittadini.

Il titolo dell’articolo di Fioritti e Nicolò (“Una follia separare la psicologia dalla salute mentale”), al netto delle esigenze di sintesi editoriale, non trova, a nostro parere, nel contenuto dell’articolo stesso la doverosa articolazione evocata, limitandosi ad osservare che “Immaginare nel SSN una funzione di psicologia separata e distinta dalla funzione di salute mentale equivale a nostro avviso a distruggere l’assetto di integrazione degli interventi e di solidarietà interprofessionale”.

Il tenore di tali affermazioni induce a ipotizzare che non vi sia stata una lettura approfondita degli argomenti illustrati nelle “Linee di Indirizzo per la funzione della Psicologia nel SSN”. Ridurre l’esigenza di sviluppare una sistema di organizzazione della Psicologia adeguato alla complessità delle articolazioni di tale disciplina nel SSN, ad una semplice operazione di “separazione”, sarebbe come ritenere che il riconoscimento delle funzioni di una Regione corrisponda ad una pericolosa operazione secessionista e di disgregazione del tessuto nazionale.

Vogliamo cogliere benevolmente, nella preoccupazione per gli effetti della paventata separazione della Psicologia, un implicito riconoscimento al contributo essenziale di tale disciplina nella maturazione culturale di una logica di cura integrata, anche con il contesto. Detto questo, meraviglia che questo naturale processo di evoluzione organizzativa evochi fantasie di fratture professionali e di regressioni nell’approccio integrato. L’organizzazione che viene illustrata nel documento delle Linee di Indirizzo non costituisce, infatti, una soluzione creativa, né originale, ma una declinazione ampiamente collaudata nel nostro sistema sanitario e di cui siamo tutti fruitori come cittadini da anni.

Ci riferiamo, solo per fare un esempio, alle Strutture Complesse di Anestesia e Rianimazione, che hanno pazienti “loro”, ma collaborano con tutte le altre UO ospedaliere, per la gestione di pazienti critici, sistemi con una organizzazione definita, necessaria a garantire la corretta e ottimale gestione delle articolate risorse nei diversi ambiti assistenziali.

Ora, se si parte da un autentico riconoscimento del valore di una disciplina e della sua intrinseca complessità gestionale, crediamo che a nessuno verrebbe mai in mente di definire la necessità organizzativa di un Servizio come l’espressione di una logica corporativa e di potere. Va detto, peraltro, che le stesse Psichiatrie sono già tutte organizzate nella forma di Struttura Complessa, pur prendendo parte alle logiche dipartimentali e interprofessionali.

Non si comprende, quindi, questa levata di scudi di fronte alla legittima proposta di organizzare i Servizi di Psicologia, che continuerebbero, certamente, a collaborare per tutti gli importantissimi ambiti della Salute Mentale, ma, analogamente a quanto succede per le UU.OO di Anestesia e Rianimazione, ma anche di Psichiatria, necessitano di una loro specifica organizzazione, finalizzata anche alla possibilità di rilevare e rendicontare le loro prestazioni, i differenti livelli di cura, gli ambiti di intervento, il soddisfacimento dei LEA psicologici, la valutazione routinaria degli esiti, etc.

I Servizi di Psicologia rappresentano già una realtà organizzativa diffusa nel nostro Paese, ma “a macchia di leopardo”, condizione che impedisce di garantire ai cittadini risposte eque ed omogenee ai bisogni psicologici. Quando esiste un vero riconoscimento della professionalità altrui, la differenziazione e il processo di autonomia, come nelle relazioni umane, non possono essere configurate come un processo patologico, quanto piuttosto integrativo ed evolutivo.

Nell’ambito del SSN poi, l’organizzazione è ampiamente dotata di strumenti formali, scritti e soggetti a periodica revisione quali i protocolli operativi, i percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (PDTA), i percorsi clinici integrati (PIC), che garantiscono l’integrazione professionale e regolano le modalità attraverso cui assicurare la specificità dell’intervento assistenziale sull’utente. Questo è quanto accade nelle Strutture Complesse che abbiamo citato e questo è anche il bagaglio di esperienza che i Servizi di Psicologia italiani, seppure in maniera disomogenea sul territorio nazionale, sono in grado di documentare ormai da oltre vent’anni.

Ma evidentemente, anche questo dato non è stato tenuto in considerazione. La follia, quindi, (e di follia gli Psichiatri si intendono…) sta proprio nel voler rinchiudere la Psicologia nei confini dei DSM, quando è ormai sotto gli occhi di tutti che la gran parte dei bisogni e delle richieste dei cittadini, degli operatori sanitari, dei bambini, dei ragazzi, degli studenti e delle famiglie è già fuori dai DSM.

Elena Bravi

Presidente SIPSOT (Società Italiana di Psicologia dei Servizi Ospedalieri e Territoriali)

Guido Rocca
Vicepresidente SIPSOT (Società Italiana di Psicologia dei Servizi Ospedalieri e Territoriali)



02 novembre 2022
© Riproduzione riservata

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