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Psicologi e Dsm... un po’ di confusione

di Andrea Angelozzi 

18 GEN -

Gentile Direttore,
su Quotidiano Sanità il Presidente CNOP David Lazzari puntualizza in maniera preoccupata lo scarso numero degli psicologi previsti negli standard territoriali indicati nellintesa Stato-Regioni sugli standard del personale per i servizi di salute mentale del 21.12.22. Peraltro personalmente fatico a comprendere come questi standard si integrino con gli altri indicati nelle “Linee di Indirizzo per la funzione della Psicologia nel Ssn” redatte dal Tavolo di lavoro per la Psicologia istituito presso il ministero della Salute ed approdato al tavolo della Conferenza Unificata di cui ci dava notizia Quotidiano Sanità, ove, per i servizi territoriali è previsto uno psicologo ogni 9000 abitanti nelle Case della Comunità ed uno ogni 11.000 abitanti per i servizi specialistici.

Ma a parte il rebus matematico dei diversi parametri indicati in documenti ministeriali che hanno solo pochi mesi di differenza, vi è anche un altro aspetto su cui mi sembrava importante soffermarmi. Lazzari indica infatti nella funzione aziendale di psicologia delle Azienda sanitarie una pura azione di coordinamento senza sottrarre risorse a strutture specifiche quali i Dipartimenti di Salute Mentale. Se però leggiamo con attenzione le “Linee di Indirizzo per la funzione della Psicologia nel Ssn” redatte dal Tavolo di lavoro per la Psicologia istituito presso il ministero della Salute ed approvato al tavolo della Conferenza Unificata di cui ci dava notizia il18 ottobre 2022 Quotidiano Sanità, la questione appare un po’ più complessa.

ll documento, che esplicita l’obiettivo di far diventare le attività psicologiche un servizio sanitario pubblico alla portata di tutti, indica, nella istituzione di questa funzione, la finalità di una “ottimizzazione organizzativa e massima integrazione delle competenze e attività psicologiche con le attività complessive del SSN” che valorizzi una logica di “sistema a rete”.

Di fatto questa modifica offre invece ampi rischi di separazione e frammentazione per quanto riguarda la salute mentale.

Già le indicazioni per i Servizi di Psicologia Ospedaliera avevano dato origine a strutture autonome rispetto ai Dipartimenti di Salute Mentale. E’ vero che l’ambito della psicologia in ambiente ospedaliero non si identifica con quello di cui ormai si occupano i DSM, ma è anche vero che si è sempre sottolineato come la “psichiatria” non esaurisca il concetto di salute mentale, ed è a quest’ultima più ampia visione che i Dipartimenti di Salute Mentale per definizione dovrebbero rivolgersi.

La volontà di preservare l'autonomia della Psicologia Ospedaliera opera di fatto per converso una individuazione ancor più psichiatrica dei DSM, collaborando, insieme a tanti altri fattori, al progressivo restringimento delle sue funzioni ad un approccio medico/assistenziale che si occupi soprattutto, se non solamente, delle patologie gravi e della cronicità.

Uno dei sensi della Legge 180 era proprio quello di rompere la separazione fra la psichiatria istituzionale del manicomio, che doveva occuparsi solo delle patologie gravi, e gli altri soggetti da essa scollegati (le neurologie, le cliniche ed i terapeuti privati) che si occupavano delle altre patologie psichiatriche. Continua lo smantellamento della legge di riforma, sotto gli occhi un po’ disattenti degli operatori della salute mentale.

Il documento sulla funzione di psicologia si basa sull’art. 20 bis della L. 18 dicembre 2020 n° 176, passato infatti ampiamente inosservato, con cui "al fine di garantire la salute e il benessere psicologico individuale e collettivo nell'eccezionale situazione causata dall'epidemia da COVID-19 e di assicurare le prestazioni psicologiche, anche domiciliari, ai cittadini e agli operatori sanitari, di ottimizzare e razionalizzare le risorse professionali degli psicologi dipendenti e convenzionati nonché di garantire le attività previste dai livelli essenziali di assistenza (LEA) [….] le aziende sanitarie e gli altri enti del Servizio sanitario nazionale possono organizzare l'attività degli psicologi in un'unica funzione aziendale.”

Le Linee di Indirizzo successivamente attuano e normano questa Funzione Aziendale, indicando che le spetta di fatto il coordinamento tecnico-professionale, la programmazione e verifica degli interventi degli psicologi in azienda oltre alla organizzazione e gestione dell’integrazione funzionale e professionale degli psicologi con altre UU.OO. aziendali.

Le spettano anche funzioni di monitoraggio delle loro attività, miglioramento della qualità dei processi e la predisposizione di un piano annuale di formazione in ottemperanza a quanto previsto dalla normativa nazionale dell’E.C.M. Quanto al rapporto fra la Funzione aziendale di Psicologia e gli altri servizi, sanitari e non, questo verrà attuato tramite la definizione di protocolli di collaborazione.

Sarà la Funzione aziendale di Psicologia ad indicare quindi le funzioni, le prestazioni e il tempo che lo Psicologo deve dedicare al team multiprofessionale; a descrivere l’attività di cui lo Psicologo è responsabile all’interno del team multiprofessionale; le procedure riguardanti la tipologia e la modalità della presa in carico psicologica e di rilevazione dati; le indicazioni sulle procedure per garantire la continuità̀ assistenziale; la raccolta dei dati di attività̀ nel sistema informativo aziendale. Se la vogliamo intendere come una pura funzione di “coordinamento”, possiamo certo dire che è intesa in maniera molto ampia e incisiva …

Da quello che dunque pare di capire dal documento di 91 pagine, in cui il DSM è citato solo in una tabella, ove vengono descritte le attività prevalenti in quell’area, per gli psicologi attualmente presenti nei Dipartimenti di Salute Mentale si prospetta la possibilità che non facciano più riferimento a questi, bensì alla Funzione aziendale, per la definizione degli ambiti operativi, delle modalità di intervento, della integrazione pluriprofessionale o la formazione, .

Siamo certi che nella attuazione locale prevarrà la collaborazione ed il buon senso, ma non può non colpire il fatto che in una situazione in cui il “rafforzamento del DSM” è una specie di mantra salvifico ripetuto ovunque e che gli operatori ritengono una garanzia rassicurante, di fatto una figura professionale così importante al suo interno corre il rischio di diventare un ibrido con più riferimenti, dove si indica che al di fuori del DSM si definisca cosa farà nel DSM, come e con quale formazione.

Si tratta di scenari del tutto nuovi per i DSM, dove le specificità richiedono forti integrazioni operative e scelte condivise al proprio interno, che di fatto possono modificare radicalmente non solo la loro funzionalità ma la stessa logica costitutiva dei Dipartimenti.

È singolare che, mentre la maggioranza degli psichiatri difende ad oltranza la attuale organizzazione, il Ministero, attraverso tavoli di lavoro in cui gli psichiatri sono assenti, le modifiche le introduce nel silenzio generale, e non certo marginali.

Andrea Angelozzi

Psichiatra



18 gennaio 2023
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