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Pnrr, ennesima occasione mancata?

di Giuseppe Belleri

28 APR -

Gentile Direttore,
dopo lunghe discussioni sui tempi dell’attuazione del PNRR, con il rinvio di 30 giorni della rendicontazione di marzo per incassare la relativa tranche, si è arrivati alla decisione di chiedere una pausa fino ad agosto per rimodulare il piano, rinunciando ad alcuni interventi per concentrare gli sforzi sugli obiettivi alla portata. I problemi nell’utilizzo dei fondi comunitari non sono una novità e sono stati paradossalmente aggravati dall’imponente entità delle risorse stanziate. La missione 6C1 sconta per ora ritardi per quanto riguarda l’assistenza domiciliare, la telemedicina e le Centrali Operative Territoriali, come ha certificato la Corte dei conti.

Gli economisti milanesi Boeri e Perotti hanno osservato che “si è voluto portare a casa più soldi possibili per porsi il problema di come spenderli” mentre sarebbe stato più conveniente l’operazione inversa, ovvero definire “le nostre esigenze e le nostre priorità, le nostre capacità di realizzare e decidere di conseguenza quanto prendere a prestito”. Per usare la nota metafora è stato posto il carro davanti ai buoi e dopo averlo stipato al massimo se è realizzato che forse i bovini non sono in grado di trasportare tutto quel peso alla meta e quindi non resta che ridurre il carico.


Con lo stesso criterio sono state distribuite le risorse per le case della comunità (CdC); lo stanziamento iniziale di 4 miliardi è stato dimezzato proprio per privilegiare l’assistenza domiciliare ora in difficoltà. Con il risultato di finanziare solo “mega" Case da 45mila abitanti per tutti i territori, invece che una rete Hub&Spoke più adeguata alla diversificazione geo-demografica locale, riproponendo il modello del poliambulatorio INAM senza una reale connessione con la comunità ed adeguati spazi per i professionisti sanitari.

Alcune regioni sono corse ai ripari finanziando di tasca proprio ulteriori CdC fino al numero complessivo di circa 1430. Tuttavia secondo una stima indipendente ne servirebbero più del doppio per un appropriato network composta da 1/3 di Hub e 2/3 di Spoke. Non è superfluo ricordare che le iniziali risorse stanziate nella prima versione del PNRR potevano garantire questa configurazione.

Il sottofinanziamento delle CdC non è un caso isolato: nell’ultimo decennio sono stati deliberati progetti sulla carta adeguati ma senza le relative risorse, come la riforma Balduzzi del 2012 rimasta nel limbo per un decennio prima che l'ACN 2016-218, entrato in vigore a metà 2022, recepisse le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), forme organizzative a costo zero dell’assistenza primaria.

Così una buona riforma è stata applicata con grande ritardo per mancanza di un cronoprogramma di implementazione a tappe, come quello dettato dalla UE per l’erogazione dei fondi del PNRR. Peraltro anche l’altra forma organizzativa della Balduzzi, le Unità Complesse delle Cure Primarie, è stata recepita solo formalmente senza un adeguato progetto e piano finanziario. Come si potrebbe presentare oggi l’assistenza primaria se a suo tempo un ACN avesse subito attivato le aggregazioni previste e se contestualmente le regioni avessero attuato un programma decennale di ristrutturazione della rete sociosanitaria a tipo Hub&Spoke?

È il percorso che dovrebbe seguire il PNRR entro il 2026, concretizzando l’incompiuta legge Balduzzi; tuttavia la distanza tra "mega" CdC e studi dei MMG difficilmente verrà colmato dalla Missione 6C1, a differenza delle AFT e soprattutto delle UCCP, naturali candidate al ruolo di presidi Spoke rispetto agli Hub da 45mila abitanti, a garanzia di capillarità e prossimità nelle aree disagiate della collina e della montagna..

Dopo l’insediamento del Governo Meloni il viceministro Gemmato ha ripetutamente messo in discussione queste scelte ma a distanza di 6 mesi non si intravvedono correzioni a quella che appare la principale criticità della Missione 6. Aggravata dal fatto che dopo quel fatidico 24 febbraio è cambiata l’economia, la geopolitica, l’orizzonte strategico, con una diffusa carenza di operatori sanitari sul territorio che mette a rischio la piena funzionalità degli Hub.

Ancora recentemente l’onorevole Gemmato ha dichiarato in proposito: “una critica è la parametrazione: una ogni 45mila, non è sanità territoriale”. Per rimediare servirebbe una revisione delle priorità del PNRR, ad esempio stornando sulle CdC i 2 miliardi dirottati verso l'assistenza domiciliare, con 2 obiettivi: trovare una collocazzione per gli operatori sanitari nelle UCCP/Spoke e coprire l’aumento dei costi, a fronte della stabilità di quelli per l’assistenza domiciliare, peraltro oggi a rischio.

Nella rimodulazione del PNRR esistono i margini per una manovra simile? Temo di no: purtroppo ci stiamo avviando verso l'ennesima occasione mancata.

Dott. Giuseppe Belleri
Ex MMG - Brescia



28 aprile 2023
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