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La crisi del SSN: anche se ci crediamo assolti, forse siamo lo stesso coinvolti

di Claudio Maria Maffei

28 APR -

Gentile Direttore,
nell’acceso dibattito che anima questo giornale sulla crisi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ho spesso la sensazione che prevalga la ricerca della spiegazione che tutto o quasi spiega e tutti o quasi assolve. Spiegazioni aiutate da immagini animali come la morte dell’albatros di Ivan Cavicchi, causata dal pensiero contro-riformatore e dalla “grande marchetta” della sinistra, o come quella della rana bollita in cui il coperchio, secondo un recente intervento di Maria Elisa Sartor, è il “New Public Management con le sue varianti, una sotto-narrazione del neoliberismo”, mentre il fuoco sotto la pentola secondo Gavino Maciocco, da cui l’ho letta per la prima volta, è la privatizzazione.

Le due metafore sono ripetutamente citate nel dibattito sulla sanità. Per i pochi che non lo sapessero, quella dell’albatros che porta sfortuna al marinaio che l’ha ucciso è di origine poetica (“La ballata del vecchio marinaio” di Coleridge), mentre la metafora della rana bollita che non esce dalla pentola dove l’acqua si riscalda lentamente è di Noam Chomsky di cui si cita di solito contemporaneamente la seguente espressione “ Questa è la tecnica standard per la privatizzazione: togli i fondi, assicurati che le cose non funzionino, fai arrabbiare la gente, e lo consegnerai al capitale privato”.

Ovviamente data l‘autorevolezza degli autori degli interventi che ho citato (e di molti altri dello stesso segno) le due metafore sono accompagnate da riflessioni ed analisi che colgono punti molto importanti della crisi del SSN, ma di recente quando le rileggo, sarà la stagione e sarà la mia cultura decisamente molto più pop, mi vengono in mente le ultime parole della Canzone del maggio di De Andrè “ Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti”.

Queste parole mi pare descrivano bene il rischio che si diffonda, magari involontariamente, una sorta di monocultura in cui la privatizzazione diventa la causa principale e quasi unica della crisi del SSN e diventa così per tanti uno stimolo alla autoassoluzione, anche quando una responsabilità in questa crisi ce l’hanno e nemmeno piccola.

Parlo ad esempio (sottolineo: ad esempio) degli Ordini Professionali e delle Università, della classe dirigente e quindi anche di parte dei professionisti e delle loro espressioni sia scientifiche che sindacali. In tempi drammatici come questi occorre pesare bene le parole per evitare equivoci visto che sono i professionisti assieme ai cittadini a pagare per primi la crisi del SSN, e a pagarlo a volte con la vita.

Ma questa consapevolezza non ci deve far chiudere gli occhi rispetto a fenomeni di deresponsabilizzazione in parte di quei soggetti, molto evidenti almeno nella mia realtà, la Regione Marche, una Regione in cui da anni sono impegnato, con gli strumenti di cui dispongo, a promuovere una cultura della programmazione e della gestione della sanità più adeguata.

Nelle Marche il privato è una componente marginale e certamente non maggioritaria. In questa Regione, di cui parlo spesso in queste pagine tentando di trarne stimoli utili per una riflessione più generale sul SSN, si sta discutendo un Piano Socio Sanitario tanto sconclusionato apparentemente, quanto pericoloso nei suoi effetti di ulteriore impoverimento dei servizi territoriali a favore di una ulteriore pericolosa capillarizzazione dei servizi ospedalieri (vedi questo mio recente intervento).

A distanza di settimane dall’inizio della circolazione della Bozza di Piano non si sentono voci critiche dai soggetti che ho nominato prima, come del resto è evidente l’assenza di coinvolgimento degli stessi soggetti sul (mal)governo delle liste di attesa sempre più legate anche (e sottolineo: anche) alla inefficienza delle strutture pubbliche troppo disperse, ma anche non presidiate nella dimensione della efficienza produttiva. Per cui forse le responsabilità della crisi del SSN e dentro di questa del processo di privatizzazione così ben descritto da Chomsky vanno distribuite tra più soggetti e non rimandate ad un processo in cui c’è un unico responsabile genericamente identificato.

Già che ci siamo la mia metafora animale preferita su questi temi è quella che ha dato il titolo al libro “Il volo del calabrone. 40 anni di Servizio sanitario nazionale” di Francesco Taroni, cui si deve l’immagine del SSN come un calabrone che secondo le leggi della fisica non dovrebbe volare, ma per lungo tempo ce l’ha fatta a volare. Per me per farlo tornare volare non basta prendersela con la privatizzazione. Ci sono molti altri fattori e attori in gioco. Buon primo maggio.

Claudio Maria Maffei



28 aprile 2023
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