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La sanità privata e i viaggi di Gulliver

di Enzo Bozza

02 MAG - Gentile Direttore,
una mia amica e collega mi scrive un messaggio a metà tra affranto e allarmato. In sostanza, mi chiede se ho notato quanta gente chiede visite ed esami privati e, con non poco nervosismo, mi chiede se trovo giusto trascrivere tutti gli esami e terapie “suggerite” dai colleghi che visitano in privato.

Che noi fossimo i traduttor dei traduttor di Omero, lo avevo già capito con acquiescenza rassegnata da anni. Il privato che esonda non dovrebbe sorprendermi, perché se il pubblico non risponde, e la salma comincia a puzzare, ovviamente gli avvoltoi oscurano il cielo. E’ uno stuzzicante progetto velato di efficienza e dedizione alla salute, da Formigoni in poi. Del tutto marginale che il denaro si piazzi davanti alla salute, reclamando le sue regole. E’ il mercato. Se abbiamo scelto di essere liberali capitalisti, non fa una grinza.

Mi sorprende, invece, la mia amica e collega, il messaggio ha tanta purezza d’animo e nonostante la mezza età, sente ancora nelle vene l’onestà sensibile dell’articolo 32 della Costituzione e il nostro giuramento di Ippocrate che col tempo, più che giuramento, è diventato una promessa poco mantenuta. Eppure, nel 1726 Jonathan Swift, nel suo Viaggi di Gulliver, scriveva: “...le leggi sono spiegate, interpretate e applicate proprio dalle persone che hanno tutto l’interesse e la capacità di travisarle, imbrogliarle o eluderle”. Ecco spiegato, già in tempi lontani, come un buon principio democratico, quello sulle cure universalistiche, possa diventare l’occasione per fare un po’ di quattrini, con un equilibrismo ideologico e diversi giochetti di prestigio degni di una prosopopea bronzea e con sontuosi deretani prestati alla politica.

Se a qualcuno venisse in mente che privatizzare sia cosa buona e giusta, basta guardare i numeri di chi ha fatto della privatizzazione un mantra politico: Stati Uniti. Secondo i dati OCSE nel 2019 in America la spesa sanitaria va oltre il 17% del PIL: 11mila dollari pro-capite. Nonostante questo, 32 milioni di cittadini sono privi di ogni copertura, 2,8 posti letto e 2,6 medici ogni mille abitanti. La media OCSE sarebbe di 4,4 e 3,6. Il tasso di mortalità evitabile (DEF) in USA è di 265 su 100mila abitanti, contro i 199 della media OCSE. La mortalità neonatale è di 19 su 100mila nascite, rispetto ai 2 dell’Italia. Il 10,8% della popolazione adulta soffre di patologie croniche, rispetto al 6,7% della media. Questi sono i numeri esaltanti della privatizzazione istituzionale americana.

Tuttavia, la tipica pragmaticità americana un po’ genuina, dichiara apertamente un proposito privatistico, da noi, si lascia il cittadino bisognoso di esame urgente alle prese con un burocratico CUP e svariate musichette di intermezzo, di “scegliere” se aspettare i sei mesi della prenotazione o un domani radioso presso una struttura privata, per poche centinaia di euro. Libero mercato, libera iniziativa, libera “scelta” del cittadino. Cosa c’è di male? Cos’è il denaro davanti alla salute? Peccato che ultimamente i cittadini si sentano meno liberali e un po’ presi per i fondelli e per questo stiano incominciando ad incazzarsi. Ma con le persone sbagliate. Al Pronto Soccorso, con i Medici di Base, con gli infermieri. Altri compagni di sventura per un sistema che rivolge al denaro un ossequio che guarda alle tasche con due diverse misure: quella dei profitti per i soliti ignoti e quelle già vuote di medici e pazienti.

Nemmeno la soddisfazione per Jonathan Swift di scrivere a caratteri cubitali sul muro del San Raffaele di Milano:” Ve lo avevo detto, io...”

Enzo Bozza
Medico di base a Vodo e Borca di Cadore (BL)

02 maggio 2023
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