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Le decisioni giudiziarie sui figli di 33 coppie di donne a Padova sono una mostruosità morale

di Stefania Manetti e Giorgio Tamburlini

28 GIU -

Gentile direttore,
i pediatri e le pediatre italiane con sempre maggiore frequenza si confrontano con temi attuali di “pediatria sociale”, fra cui i nuovi modelli familiari, il contrasto agli stereotipi di genere educativi e le questioni di orientamento/identità di genere che riguardano minori e genitori.

Per tale motivo come Associazione Culturale Pediatri (ACP) e Centro per la Salute del Bambino (CSB) sentiamo la necessità di inserirci nell’attuale dibattito pubblico che riguarda la tutela della doppia genitorialità di bambini nati e cresciuti in coppie omosessuali, alla luce anche delle robuste evidenze scientifiche nazionali/internazionali e dell’esperienza maturata anche in Italia negli ultimi 20 anni che ci consente di dare il nostro contributo tecnico-scientifico nell’ottica del miglior interesse dei minori.

Ci riferiamo in particolar modo alle recenti decisioni giudiziarie per cui i figli di 33 coppie di donne residenti a Padova verranno privati del genitore non biologico (precedentemente riconosciuto con atto amministrativo del Sindaco) che non potrà più esercitare alcuna responsabilità genitoriale di ordine socio-sanitario su questi bambini. Tale situazione potrà in futuro essere ristabilita solamene attivando un percorso giudiziario di “step- child adoption” che sottopone minori e famiglie a un notevole impegno economico ed emotivo (psicologi, assistenti sociali) della durata di anni, periodo in cui i minori saranno sotto la tutela di un unico genitore con le immaginabili conseguenze che ne possono derivare.


Possono ad esempio verificarsi situazioni in cui devono essere prese decisioni sanitarie urgenti e per le quali è legalmente responsabile solo il genitore biologico, per non parlare inoltre del caso in cui avvenisse il decesso di quest’ultimo ed il bambino venisse affidato alla tutela degli unici parenti biologici riconosciuti legalmente, che non avrebbero nessun obbligo di mantenere la continuità affettiva del bambino con il genitore sociale. Come pediatri impegnati in prima linea nella tutela dei bambini, vogliamo quindi portare all’attenzione del legislatore e dell’opinione pubblica quanto sancito dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia che all’art. 3 sostiene che in tutte le vicende che coinvolgano bambini o comunque soggetti di minore età, è il loro diritto - alla sicurezza, alla salute, allo sviluppo, al benessere - che deve prevalere su ogni altra considerazione. Iniziative legislative e provvedimenti dell’autorità giudiziaria non fanno eccezione.

Il diritto dei bambini ad avere degli adulti che se ne prendono cura - che siano genitori biologici, adottivi, sopravvenuti - e che siano pienamente legittimati in questo loro ruolo è inalienabile ed è quindi inaccettabile che venga ignorato per ragioni che non riguardano i bambini stessi. Le opinioni sulla legittimità di forme di procreazione o di unione tra persone che comprendano bambini, possono e devono essere oggetto di discussione ed eventualmente di normativa, ma non devono in nessun caso implicare per loro situazioni che li privino dei diritti fondamentali. I provvedimenti di questi giorni che portano a deprivare i bambini della piena riconoscibilità e legittimità dei genitori che li hanno voluti, e a porli in una situazione di orfani di diritto con ovvie implicazioni per il loro benessere psicologico, costituiscono una mostruosità morale e sono in evidente e pieno contrasto sia con la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, ratificata anche dall’Italia, e sia con la stessa Costituzione laddove prevede uguali diritti e opportunità per tutti.

I bambini che crescono in famiglie di genitori omosessuali sono una realtà sempre più presente nel tessuto sociale italiano e la maggior parte di esse sono di prima costituzione, formate da coppie di donne che hanno avuto accesso alla procreazione medicalmente assistita (PMA eterologa) all’estero dove è regolamentata. In Italia la PMA è vietata a donne single o coppie di donne in base alla Legge n. 40 del 2004. Inoltre alla nascita il genitore “sociale”, detto anche “intenzionale” perché ha firmato all’estero il consenso informato per l’inseminazione della compagna e per assumersi la “responsabilità genitoriale” del bambino anche se non legato a lui biologicamente, non ha alcun riconoscimento legale.

Dopo 40 anni di studi nazionali e internazionali il consensus scientifico è ormai univoco nel dire che i percorsi di crescita di bambini/e in queste famiglie non si discostano da quelli dei coetanei che vivono in famiglie eterosessuali. I rischi aggiuntivi per il loro benessere psico-fisico possono essere dovuti a fattori extra-familiari (società e istituzioni) su cui possono però incidere adeguate politiche socio-sanitarie di sensibilizzazione e riconoscimento legale dei legami affettivi familiari.

Tali evidenze sono già state sottolineate da ACP in un recente comunicato inviato alla Ministra della famiglia On. Roncella, che riprende la posizione già espressa dall’Associazione nel 2016 in occasione della discussione della legge sulle Unioni Civili. È quindi di nostro interesse ribadire la posizione delle Associazioni che rappresentiamo affinché possa servire da parere di indirizzo per i professionisti socio-sanitari e soprattutto per i legislatori nell’attuare politiche di salvaguardia dei minori ed evitare qualsiasi intervento che vada a danneggiare il loro benessere ed equilibrio familiare.

Stefania Manetti
Presidente Associazione Culturale Pediatri (ACP)

Giorgio Tamburlini
Presidente Centro per la Salute del Bambino Onlus



28 giugno 2023
© Riproduzione riservata

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