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Medicina generale. La soluzione non è snaturarla

di Enzo Bozza

14 LUG - Gentile Direttore,
mi capita, ormai quasi quotidianamente, di leggere di mirabolanti soluzioni e trovate fantasmagoriche per la medicina di base. Si avverte a vari livelli la necessità di un cambiamento nella organizzazione della medicina del territorio e, come capita spesso di fronte ad un edificio pericolante, la folla si divide tra conservatori che vogliono solo puntellarlo e progressisti rivoluzionari che vorrebbero demolirlo. Il lavoro di restauro è più faticoso e richiede la capacità di conservare ciò che è valido e bello e ritoccare quello che non funziona più.

Il nucleo strutturale che dà significato alla medicina del territorio è la vocazione ad essere vicina alla gente, prontamente presente come primo approccio e conoscenza approfondita dei pazienti per storica frequentazione. Questo nucleo estremamente valido e significante, va conservato. Mutuare altri comportamenti da setting che non appartengono alla natura della medicina di base, la danneggiano snaturandola e diventa un danno per le persone. La sola modalità di visite su appuntamento, come da specialistica ospedaliera, non ha senso. Difficoltosa gestione dell’agenda appuntamenti, liste limitate con poche visite giornaliere, liste lunghe, necessità di ricorrere ad una segretaria, cosa possibile solo per le medicine di gruppo, tante persone che fuggono verso il pronto soccorso affollandolo di codici bianchi, cosa pericolosissima perché significa rendere difficile un triage con la possibilità che i casi gravi vengano coperti da troppo rumore di fondo. E qualche volta si arriva anche alle mani, con aggressioni ai sanitari.

Se la medicina del territorio non funziona, facendo da filtro e scrematura, non funzionerà nemmeno il pronto soccorso. E’ il fallimento dei primi due anelli della catena del SSN.

Con fantasiosa incoscienza e totale ignoranza del setting della medicina di base, si è arrivati a proporre la diagnostica di primo livello negli ambulatori territoriali: ecografie, elettrocardiogrammi, spirometrie. A parte la prosaica e venale considerazione che l’onere della spesa ricade totalmente sul medico che acquista a sue spese, a fronte di uno stipendio tra i più bassi in Europa e falcidiato da una IRPEF da imprenditore, c’è la non marginale questione medico legale. Con tutta la buona volontà, posso paragonare la mia capacità diagnostica di medico di base con quella del radiologo per un referto ecografico? Posso paragonare le mie conoscenze in tema di lettura di un elettrocardiogramma con le conoscenze di un cardiologo? E l’esame spirometrico che in mani esperte richiede non meno di 40 minuti con tanti possibile errori, comunque, posso tranquillamente farlo in ambulatorio e refertarlo come farebbe un pneumologo?

Perché non impegnarsi nella storica tradizione della medicina di base strutturata nella potenza della relazione e conoscenza anamnestica del paziente, lasciando fare ad altri il proprio mestiere? Da quando, modernizzare il medico di base significa fargli fare il cardiologo o il pneumologo a suo rischio e pericolo? E da quando il rapporto di fiducia che si instaura tra il medico di famiglia e il paziente, dipenderebbe dal tipo di contratto con cui viene pagato il medico?

Secondo alcuni sindacati, con la dipendenza pubblica cadrebbe la libera scelta del paziente: come dire che vige l’obbligo di avere quel solo medico a vita e non poterlo cambiare, oppure che il paziente sceglie il medico perché lo conosce da una vita, quando tutti sanno benissimo che al momento della scelta il paziente non conosce nemmeno il nome del medico che sceglie. La fiducia si costruisce nel tempo e con il tempo.

Ma la mia perplessità maggiormente critica resta sospesa da anni nella mia testa: se noi medici abbiamo finalmente realizzato che i sindacati sono solo potentati che tutelano solo i propri interessi, visti gli ormai 40 anni di inettitudine, perché iscriversi ancora? Che senso ha affidarsi ad un sindacato che non garantisce nemmeno il minimo sindacale per un lavoratore? A questo proposito, mi viene in mente un episodio della mia infanzia in Puglia. Giocavo con il pallone in strada e vedo uscire la mia vicina di casa con la scopa in mano all’inseguimento di un gatto con un grosso pezzo di carne in bocca, rubato dal tavolo della cucina in un momento di distrazione della signora. Il nonno, seduto fuori, commentando la scena, mi dice in dialetto: è colp de la iatt se la padrona è fessa? Traduco: è colpa del gatto se la padrona è stupida?

Enzo Bozza
Medico di base a Vodo e Borca di Cadore (BL)

14 luglio 2023
© Riproduzione riservata

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