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Salute mentale, diamo un senso alla raccolta dei dati

di Andrea Angelozzi

27 SET -

Gentile Direttore,
una importante corrente epistemologica sostiene che le teorie scientifiche sono una impresa retorica, dove non sono i fatti a portare alle teorie ma viceversa, e lo sforzo dello scienziato diventa solo quello di confermare a tutti i costi la propria idea e convincere gli altri. Galileo non avrebbe fatto nessuno degli esperimenti che cita, Mendel avrebbe taroccato i dati e perfino Tolomeo non sarebbe altro che un impostore che millanta osservazioni che non ha mai fatto.

Ad un livello molto più quotidiano è lecito domandarsi quale sia l’uso e quindi la reale utilità degli infiniti dati che vengono costantemente chiesti ad operatori e servizi, aggiungendo un impegno importante di registrazione alla già onerosa attività clinica.

Ogni anno puntualmente il SISM sforna i suoi dati che mostrano il quadro devastato della salute mentale… e di fatto non è mai successo nulla. Non avviene cioè che questi dati poi portino ad una qualche decisione programmatoria, o ad una correzione della operatività .. Si assiste a tabelle e grafici con lo stesso atteggiamento con cui si guarderebbe l’analisi delle pietre lunari, dimenticando che, mentre sulla luna nessuno di noi probabilmente andrà, alcuni di noi hanno a che fare, se non altro come operatori, con i servizi che quei dati hanno fornito.

Forse sono utili per qualche pubblicazione scientifica, ma il loro senso era altro.

Credo che poche cose ostacolino il coinvolgimento e la disponibilità degli operatori alla raccolta di dati che la sua trasformazione in un impegno burocratico privo di ricadute e quindi di una qualche sentita utilità. In taluni casi peraltro si va ancora oltre ed i dati vengono forse raccolti, ma non prendono alcuna forma.

Nel 2011 la Regione Veneto con la DGR 1533 faceva obbligo ai servizi per minori di fornire i dati relativi alla neuropsichiatria infantile, indicando con un chiaro disciplinare quali dovevano essere relativamente alla utenza, ai suoi problemi, agli interventi fatti ed agli operatori. Nel documento veniva spiegato che “La conoscenza dettagliata dell’attività svolta dai servizi, in termini di utenza, interventi, pattern di trattamento e risorse a disposizione, è una delle componenti fondamentali della programmazione e pianificazione dei servizi stessi: è solo disponendo di queste informazioni, infatti, che è possibile prendere decisioni che vadano incontro ai reali bisogni della popolazione.”

Su questa base erano stati pubblicati due report nel 2013 e 2014, tuttora disponibili ai cittadini sul sito della Regione.

È comprensibile pertanto la sorpresa quando, chiedendo - con accesso agli atti in base alla trasparenza - di avere i dati aggiornati agli ultimi anni secondo lo stesso formato indicato della DGR e attuato in quei vecchi report, ci è stato risposto che non è possibile fornirli e per due motivi importanti.

Il primo è che violano la privacy dei minori, con una affermazione che pone molte domande, non solo per fatto che si tratta di dati del tutto aggregati e che la privacy non ha impedito la loro pubblicazione in anni successivi al pronunciamento del Garante citato a supporto. Ma non si comprende poi come dati aggregati relativi a prestazioni ed ancora più quelli numerici relativi al personale dei servizi possa rappresentare una qualche minaccia alla privaci degli utenti.

Il secondo ostacolo indicato è che l’accesso agli atti non può costituire un onere elaborativo aggiunto per la Amministrazione, “un’attività di elaborazione dati (ad esempio, redigendo relazioni, elenchi o fornendo chiarimenti sul suo operato) che non siano ricavabili da documenti già esistenti ed in suo possesso”, che significa quindi che, ammesso che i dati siano tuttora raccolti come aveva indicato la DGR, su di essi in questi anni non è stata fatta alcuna elaborazione, cioè non viene attuata quella conoscenza della realtà dei servizi che la Regione aveva dichiarato come indispensabile per una corretta programmazione.

Come Galileo, quindi, c’è già una idea (anche se alcuni ritengono per la loro esperienza sui servizi, che non sia molto chiara ..) e non c’è alcun bisogno dei dati …
Considerato che recentemente la Regione aveva sottolineato la pubblicazione della Relazione Socio Sanitaria come un inno alla trasparenza, forse qualche cosa è ancora da perfezionare …

Peraltro, non credo che il problema sia limitato al Veneto, e questo apre una serie di questioni.
La prima è: che ricadute effettive ha la raccolta infinita dei dati che viene richiesta agli operatori dei servizi?
La seconda è se la salute dei cittadini possa essere una faccenda gestita solo fra le quattro mura dei decisori, senza che ai cittadini (ed agli operatori stessi) venga fornito alcun dato su come la popolazione stia e come stiano i servizi che se ne dovrebbero prendere cura

Il terzo è se aspetti non meglio definiti di minaccia alla privacy possano costituire una autorizzazione a negare la trasparenza su dati essenziali per la comunità sociale, che è poi il vero committente per Regioni e ASL.

Andrea Angelozzi
Psichiatra



27 settembre 2023
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