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Un’analisi dei rapporti tra Pronto soccorso e rete sociosanitaria

di Giuseppe Belleri

05 OTT -

Gentile Direttore,
nei mesi estivi il difficile rapporto tra il Pronto Soccorso e il territorio è stato al centro dell’interesse sia dell’opinione pubblica sia degli ambienti sanitari. Ha destato sconcerto, ad esempio, l’apertura dei cosiddetti PS a pagamento in alcune strutture private lombarde, che in realtà non svolgono propriamente tale funzione, mentre i decisori regionali hanno avviato ristrutturazioni della rete dell’emergenza sanitaria, con logiche e modelli organizzativi peraltro difformi.

La Lombardia ad esempio propone la Centrale Medica Integrata (CMI) come "pronto soccorso virtuale" sul quale verranno dirottate le ambulanze richieste per pazienti che in realtà che non necessitano di un accesso in PS e che potranno essere curati con un servizio domiciliare alternativo; la soluzione emiliana punta invece sui Centri di Assistenza per le Urgenze (CAU) nuove strutture territoriali in affiancamento al PS per problemi a bassa complessità, che dovrebbero integrare i medici del territorio nella rete dell’emergenza.

Ad alcuni aspetti di questo complesso argomento ho dedicato il libro “Pronto Soccorso e medicina territoriale: un approccio sistemico. Sovraffollamento, codici bianchi e accessi inappropriati tra autopresentazioni e boarding: quali soluzioni?”, disponibile nello store Amazon in formato cartaceo ed elettronico.


La crisi endemica del PS ha radici lontane e concause profonde: sulle strutture convergono e si concentrano nel tempo e nello spazio contraddizioni, limiti e vincoli sistemici, di cui fanno le spese gli utenti e gli operatori, in termini di disagi, stress, sovraccarico di lavoro e concreto rischio professionale. Due sono i nodi organizzativi che, in diversa misura, concorrono al sovraffollamento del PS: in primo luogo per importanza il cosiddetto boarding, ovvero la prolungata permanenza nelle sale d’attesa e di visita per carenza di posti letto dei pazienti destinati al ricovero e in subordine l’accesso dei cosiddetti codici minori bianco/verdi.

Alla posizione di interfaccia del PS, tra ospedale a ambiente, si aggiungono altri problemi, di natura organizzativa, sociale e comportamentale, vale a dire:
· la ristrutturazione della rete ospedaliera, con la chiusura dei piccoli ospedali, di molte postazioni di PS e la riduzione dei posti letto, che per l’effetto “vasi comunicanti” produce un sovraccarico per le strutture in attività;

· l’aumento dei tempi d’attesa per prestazioni diagnostiche e specialistiche ambulatoriali, con conseguente domanda inevasa dall'offerta che si rivolge al PS come “ultima spiaggia”;

· le difficoltà del sistema sanitario nel suo complesso, e in particolare dell’assistenza primaria territoriale, ad influenzare le decisioni autonome dagli assistiti di recarsi in PS (l’autopresentazione dei codici minori).

Il libro propone un’analisi dei rapporti tra PS e rete sociosanitaria focalizzata su tre frame:
· le relazioni funzionali dell'ospedale con il territorio, analizzate con la chiave di lettura delle inter-retroazioni tra sistemi organizzati (ospedaliero sanitario e network sociosanitario territoriale) e sistema ambientale non organizzato;

· la descrizione dei determinanti della scelta dei codici minori di autopresentarsi in PS, saltando la mediazione della medicina territoriale, secondo lo schema interpretativo economico (l'espressione della domanda) e psicologico comportamentale (le motivazioni dell'autopresentazione);

· i processi cognitivi e decisionali che guidano la valutazione e la gestione dei codici minori (euristiche e bias, approccio bayesiano a soglia e problem solving) dal triage fino alla dimissione, a rischio di sovra o sottostima del codice cromatico e di ritardo diagnostico-terapeutico.

Il testo vuole contribuire al dibattito sulla crisi del PS che non riguarda solo la struttura ma interessa tutta la filiera che precede e segue l'accesso, coinvolgendo la medicina territoriale spesso chiamata in causa come responsabile del sovraccarico del sistema.

A dispetto di tale luogo comune l’afflusso di codici minori, come ribadito dalla SIMEU fin dal 2015, non è il problema prioritario del PS. “La causa principale del sovraffollamento dei PS è il blocco dell’uscita, cioè l’impossibilità di ricoverare i pazienti nei reparti degli ospedali per indisponibilità di posti letto, dopo il completamento della fase di cura in PS mentre nei periodi di iperafflusso i cosiddetti accessi impropri incidono peraltro in piccola parte sull’affollamento (fino a meno del 5%) e non sono il fattore causale principale”.

Come suggerisce l’epidemiologo Paolo Vineis per affrontare problemi complessi “il primo passo è il superamento di concezioni semplificate e lineari dei rapporti causali, in una parola riduzioniste, per abbracciare modelli sistemici”.

L’ambizioso obiettivo di intercettare una parte dei codici bianchi prima che si rivolgano al nosocomio può essere conseguito con la diversificazione della rete, basata su strutture alternative al PS, ben attrezzate, riconoscibili e collocate in posizioni strategiche sul territorio, come quelle previste dai documenti ministeriali o in fase di attuazione in alcune regioni, ad esempio i CAU Emiliani.

Dott. Giuseppe Belleri
Ex MMG - Brescia



05 ottobre 2023
© Riproduzione riservata

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