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Le riforme sono più facili da distruggere che da ricostruire

di Ivan Cavicchi

30 OTT -

Gentile direttore,
proprio non riesco a capire, da quando c’è il governo di destra, soprattutto a sinistra, si dice urbi et orbi che bisogna “salvare la sanità”, non ho contato i comitati che sono stati messi in piedi per salvarla, la raccolta di firme, appelli scritti al grido la “sanità è sotto attacco salviamola” per non parlare dei piani di rilancio. La Cgil ha perfino fatto una manifestazione nazionale a Roma in difesa del “diritto alla salute” (24 giugno 2023) mentre la Schlein, senza mai perdere un’occasione attacca il governo prevalentemente sulla sanità.

A parte ciò tutti i giorni leggo di persone, anche molto stimate, che su questo giornale ci propongono, come se fossero consumati “mossieri” del palio di Siena, di salvare la sanità in “tre mosse”, altri con “otto mosse”, altri con “10 punti” e ancora altri con “tre macro-questioni” ecc.

Sono d’accordo con tutti coloro che sono preoccupati delle sorti della nostra sanità anche se temo che, le mie preoccupazioni. non sono proprio uguali alle loro.

Le mie preoccupazioni

Nel quadro descritto dall’Ocse (Health care financing in times of high inflation 2023) personalmente sono preoccupato:

-di perdere del tutto l’art 32, controriformato dai nostri neoliberisti di sinistra,

-di rompere del tutto i rapporti ormai molto logori tra economia e sanità, tra salute e sanità, tra sanità e società

-di veder compromessi i valori portanti del Ssn

-di essere contro-riformato dagli esiti nefasti delle controriforme neoliberiste fatte negli anni 90 (aziendalizzazione e privatizzazione universalismo selettivo, seconda gamba ecc ) perché oggi con la crisi che abbiamo queste controriforme risultano insostenibili

-di avere come al tempo della crisi delle mutue enormi problemi di sostenibilità e quindi di lasciare il campo al mercato.

Oggi il governo, nell’impossibilità di finanziare in modo adeguato il servizio pubblico, innalza il tetto di spesa per comprare come Stato sanità dal mercato.

Ma questo è possibile solo perché qualcuno ha pensato di fare, a partire dalla 229, una sanità privata quando, secondo l’art 46 della 833, non c’era nessun bisogno di farlo ma soprattutto di farlo a spese del fisco. Sarebbe bastato rispettare la 833 e finanziare così al meglio la sanità pubblica

La contraddizione più grossa

Oggi, il finanziamento pubblico del privato in luogo di un finanziamento adeguato del pubblico è oggettivamente la contraddizione più grossa ma anche più pesante che abbiamo.

Alla fine, invece di fare una sanità pubblica abbiamo messo su un sistema mezzo pubblico e mezzo privato che costa un botto di soldi (complessivamente più di 170 mld), e che trascurando disfunzioni inefficienze e altre ben note criticità, non garantisce il diritto alla salute allo stesso modo a tutti.

Un sistema che sembra programmato per auto-negarsi nel tempo e lasciare il posto a quel sistema concorrente che non si è mai rassegnato ad uscire di scena

Tra fervorini e minacce

Gli altri, quelli che vorrebbero salvare la sanità, a dir il vero mi sembrano preoccupati di una sola cosa: rifinanziare il carrozzone tale e quale e andare avanti costi quel che costi.

Poi leggo Quotidiana sanità del 27 ottobre e mi trovo un fervorino di Panti che mi accusa di “discutere del sesso degli angeli” (QS 27 0ttobtre 2023) e uno smisurato articolo di Grazia Labate che, come una bomba d’acqua, ci inonda come una enciclopedia di numeri di citazioni di aneddoti, ma che come Panti non ci spiega:

-come salverebbe, nel quadro Ocse citato, una sanità da salvare ammesso sia chiaro che la sanità sia da salvare

-perché è contro la “quarta riforma cioè perché non vuole correggere gli errori contro riformatori fatti in passato

-perché alla fine sui problemi veri di sostenibilità non dice una parola soprattutto quando giustamente lei stessa fa notare che oggi la sanità universale è comunque “minacciata” anche nei paesi più ricchi

A entrambi vorrei rispondere con affetto e cortesia.

Salvare il salvabile

Prendo atto che Panti sulla “quarta riforma” ha cambiato idea. Conoscendolo da anni so che gli succede spesso ma vi risparmio gli esempi. Qui mi limito solo a ricordargli ciò che ha scritto su questo giornale (QS 10 novembre e QS 15 novembre 2016)

Ad Antonio vorrei dire solo che, in particolare nella situazione in cui ci troviamo oggi, bisogna smetterla di dire tutto e il contrario di tutto. Oggi dobbiamo essere per forza seri e decidere una linea.

Oggi la vera novità è, che c’è, con un governo di destra, un processo contro-riformatore in atto messo in moto dalla sinistra il quale se non interferiamo con fermezza coraggio intelligenza e onestà intellettuale, si compirà nel modo peggiore.

Se caro Antonio facciamo come proponi tu cioè “salvare il salvabile”. rimandando la discussione su come “inventare nuove soluzioni “aspettando in sostanza che la sinistra torni al governo allora sappi che sarà sconfitta sicura. Secondo me, se, la sinistra sulla sanità, nella crisi data, continuerà a chiedere di rifinanziare l’invarianza quindi le controriforme fatte nonostante la loro evidente insostenibilità, cioè si rifiuterà alla “quarta riforma”, non solo ci farà perdere il SSN ma non è escluso che la destra resti al governo ancora per un bel po’.

Mi resta la curiosità di sapere da te cosa intendi per “salvabile” ma conoscendoti non mi meraviglierebbe scoprire che il tuo salvabile potrebbe coincidere solo con ciò al quale tiene di più e cioè con gli interessi dei medici di medicina generale.

Contro a priori

Alla mia amica Grazia Labate dico che proprio perché la sanità, è da salvare non comprendo la sua avversione per la “quarta riforma” cioè la sua avversione contro una strategia pensata per non far deragliare il treno cioè per salvare l’art 32 e la 833.

Perché l’idea di una “quarta riforma” ti crea, ma non solo a te, anche a tante persone di sinistra, così tanti problemi?

Prova a pensarci su. Tu sei stata Sottosegretario di Stato alla Sanità nel secondo governo di Giuliano Amato ma anche per molti anni responsabile della sanità dei DS quindi deputata e nel periodo dell’Ulivo sei stata una delle massime sostenitrici dopo la Bindi della seconda gamba. Io penso che fare l’apologia del proprio operato ci sta cioè sia umanamente comprensibile ma il rifiuto dell’autocritica in una situazione grave come la nostra è inaccettabile.

Oggi cara Grazia mi scuso se parlo in modo provocatorio della “grande marchetta” ma non è colpa mia se l’Ocse ci dice che oggi, in questa crisi economica, la revisione del rapporto pubblico e privato è una “questione strategica”. Mi dispiace per il tuo amor proprio, rispetto la tua storia, ma il problema della grande marchetta c’è nostro malgrado.

Il rifiuto dell’autocritica

Il rifiuto dell’autocritica presuppone una idea di infallibilità che pur con il bene che ti voglio cara Grazia non riesco a concederti. Né a te né a nessun altro. Bindi e Dirindin in testa. Per non parlare di Speranza. Prima del nostro amor proprio, se fossimo davvero gente di sinistra cioè gente seria e responsabile dovrebbe venire il bene pubblico. L’interesse generale. Se noi per primi non ammettiamo gli errori fatti è come chiedere alla destra di mutuarli.

Ma come è possibile che una persona seria e rigorosa come tu sei proprio sul discorso “verità e giustizia” mi proponga come esempio di “cultura innovativa e riformatrice” uno dei principali esponenti del pensiero neoliberale in sanità peraltro il più convinto teorico dell’universalismo selettivo e del ruolo fondamentale dell’intermediazione finanziaria e dei fondi sanitari integrativi?

Ma poi, perché mai oggi se si dovesse salvare la sanità non dovrei correggere gli errori fatti? Mi si dirà che di errori strategici importanti non ne sono stati fatti. Bene me lo si dimostri ed io ritiro la proposta di “quarta riforma”. Ma se gli errori non sono stati fatti allora mi si spieghi perché oggi rischiamo di perdere l’art 32 e il SSN e io essere accusato di parlare del sesso degli angeli, solo perché voglio fare una quarta riforma?

Possibile non è uguale a compatibile

Da ultimo vorrei approfittare della circostanza per spiegare a Grazia Labate e senza scomodare l’epistemologia che cosa è politicamente la compossibilità e che differenza c’è con la compatibilità. Cioè cosa dovrebbe essere oggi una riforma.

La compossibilità è una politica una strategia che si sforza di rendere possibile quindi di far coesistere l’art 32 con l’economia esattamente come prevedeva la 833 tanti anni fa (Capo 2 art 3 Programmazione di obiettivi e di prestazioni sanitarie).

La compossibilità quindi è un nuovo accordo tra economia e salute e sanità al quale dobbiamo aggiungere per estensione i nuovi art. 9 e 41 della Costituzione. Cioè l’ambiente, ormai considerato da tutte le Costituzioni del mondo, il diritto di “quarta generazione”.

La compatibilità, anche essa è una politica, ma che appartiene all’orizzonte neoliberista quindi che non riconosce al diritto il suo carattere fondamentale anzi che pretende che questo diritto si adegui e si adatti alle risorse finanziarie disponibili. Cioè sia compatibile a priori.

Nel momento in cui il diritto si adegua alle risorse disponibili esso suo malgrado diventa un diritto potestativo cioè perde la caratteristica di essere fondamentale.

Tutti i nostri guai oggi nascono da questa politica e dal suo presupposto sbagliato. Le controriforme fatte in passato si basano integralmente sull’idea neoliberista di compatibilità.

Un modo altro di fare economia e salute

Compossibilità sia chiaro non vuol dire che il diritto alla salute, come pensa il PD oggi, sia un diritto da rifinanziare e basta quindi esentato dal fare i conti con l’economia con le crisi, con la spesa pubblica, con le diseconomie ma vuol dire il contrario e cioè che i conti con l’economia questo diritto li fa ma seguendo logiche culture approcci completamente diverse da quelle liberiste.

Capisco che questo discorso a Grazia Labate che è senz’altro una compatibilista risulti indigesto e non mi meraviglia, che lei nell’indicarci i suoi cavalieri preferiti indichi 6 nomi 4 dei quali a parte essere economisti sono tutti compatibilisti cioè convinti che il problema della sanità è adattare il diritto alla salute alla economia.

Ma siccome rivendico il diritto di proporre quello di cui sono convinto ditemi, di grazia, come faccio con un governo di destra a riprendermi l’art 32 e a rifinanziare la sanità pubblica se resto in un regime compatibilista? Cioè se resto in un regime dove il privato come ci ha spiegato tanto la Bindi che la Dirndin ma anche Grazia Labate è praticamente delegato a garantire la sostenibilità del sistema dal momento che il pubblico è considerato a priori non autosufficiente? (QS 23 gennaio 2023)

La quarta riforma

La parola compossibilità nel vocabolario di Grazia Labate e in quelli dei suoi cavalieri non esiste, esiste solo la parola compatibilità. Ma allora mi chiedo come faccio a salvare la sanità lasciandola marcire nelle compatibilità sapendo che essa è la prima giustificazione per non finanziarla?

Ma secondo voi la Meloni per decidere il definanziamento della sanità quale ragionamento ha seguito?

Possibile mai che sia così difficile capire che se faccio una quarta riforma senza superare le logiche compatibiliste usate come giustificazione politica dal governo è come se la quarta riforma non la facessi?

Possibile mai che non si capisca che se voglio rifinanziare davvero la sanità devo cambiare strategia e passare dalla compatibilità alla compossibilità. Se resto nella compatibilità dal governo avrò solo elemosine ma mai finanziamenti veri.

La grande contraddizione

Quale è la contraddizione politica? In tutto questo anno abbiamo fatto comitati appelli manifestazioni con il risultato di portare a casa un pugno di mosche. E’ un dato di fatto.

Per salvare la sanità abbiamo chiesto più soldi e riempito le piazze ma restando nelle compatibilità cioè restando nel passato.

Ma è ovvio che i soldi che chiedi per ragioni di compatibilità non li avrai mai.

Oggi “salvare la sanità” per la sinistra senza un vero pensiero riformatore è solo propaganda. Non prendiamoci in giro. A sinistra a nessuno interessa per davvero salvare la sanità.

Conclusione

Spero che comprendiate che per me, proporre una quarta riforma è un dovere politico cioè una questione di onestà intellettuale, nei confronti del mio paese e nei confronti di milioni di persone destinata per colpa nostra ad essere nei confronti delle malattie sempre più indifese.

Non mi interessa che mi ridiate dietro ma nei confronti di ciò a cui ho sempre creduto capirete (spero) che dopo tante battaglie voglio stare per lo meno con la coscienza a posto.

Le riforme sono più facili da distruggere che da ricostruire.

Ivan Cavicchi



30 ottobre 2023
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