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Medici e infermieri possono diffondere tra i cittadini il senso della perdita del Ssn

di Antonio Panti

02 NOV - Gentile Direttore,
Cavicchi nel suo ultimo intervento mi contesta sul piano personale, come è solito fare nella sua estatica contemplazione di sé stesso. Non mi sembrava utile ripetere il mio pensiero, poi ho riflettuto sui risvolti politici della discussione e ho pensato meglio chiarire ancora, a partire dall’accusa che mi fa di cambiare opinione. Un rilievo che sfiora il ridicolo, tanto più quando proviene da chi ha indossato tante e differenti casacche.

Ho sempre pensato che lo sforzo di tutti gli uomini di buona volontà, dovesse volgersi all’applicazione dei principi della 833, l’universalità del diritto e l’uguaglianza delle prestazioni. Un perno di questo assioma risiede in una forte medicina generale, porta del servizio e unica relazione dei cittadini con un medico da essi scelto.

Quindi fine del lavoro individuale, il medico generale opera soltanto nella AFT che è presidio di prossimità, connessa con l’ospedale mediante percorsi assistenziali interprofessionali, con ambulatori aperti h12, in cui si garantisce l’attenzione all’ambiente fondamento della prevenzione, si utilizza la diagnostica di base e si affrontano i codici semplici, si opera in sintonia con gli infermieri di comunità. Il tutto integrato con le case di comunità, in cui si offre assistenza sociale e si recepiscono i bisogni della cittadinanza. Questo e altro ma non voglio ripetermi.

In realtà il problema che pongo ora è del tutto diverso: come salvare il servizio sanitario? Cavicchi mi chiede cosa intenda per “salvare il salvabile”. Candidamente rispondo che non lo so. Contestare il Governo di volta in volta a seconda di quel che accade e che si oppone ai valori della 833, cercando di correggere le peggiori distorsioni.

Riflettere sulle colpe del passato è utile ma ora non serve, ora occorre agire sul presente, prendere armi contro questo barbaro dominio. Confesso che quando Cavicchi ha erroneamente riferito a sé stesso la mia citazione sui sapienti che in Santa Sofia discutevano del sesso degli angeli mentre Costantinopoli cadeva in mano ai Turchi, ho compreso meglio perché siffatta metafora mi girava nella mente.

Maometto II il Conquistatore, quando scendeva alla testa dei suoi Giannizzeri lungo le arcate dell’acquedotto Valentiniano, e il palazzo delle Blacherne era in fiamme e ucciso Costantino XI Porfirogenito, ultimo Imperatore Romano, portava una visione del mondo diversa rispetto a quella dei romani, una diversa cultura. Questo è il nodo della vicenda d’oggi.

Leggiamo la legge di bilancio, espressione massima del pensiero della maggioranza di Governo. Quando si riduce il finanziamento del servizio fino a farlo ansimare; quando si favorisce platealmente il privato; quando si riducono le pensioni a medici e infermieri che hanno salvato l’Italia dalla pandemia; quando si tagliano i fondi del PNRR per la sanità: quando si rinuncia a qualsiasi progetto sul territorio mettendo in forse quel poco che la precedente Amministrazione aveva pensato; quando si contrae il numero delle Case di Comunità lasciando intendere che si ha un altro pensiero, tutto questo sta fuori o dentro la 833?

Quando si dedica un articolo intero della manovra a migliorare i proventi delle farmacie per favorirne la trasformazione in presidi di prossimità, con tutto quel che ciò prospetta di libero mercato di prodotti sanitari che però incidono infine sulla spesa pubblica, quando si lascia alla trattativa dei farmacisti l’acquisto di farmaci finora riservato alla pubblica contrattazione, tutto questo sta fuori o dentro i principi della 833?

Penso che né la Meloni né il Sottosegretario né qualcuno del suo think tank legga il dibattito tra esperti: penso invece che si preoccupino del consenso. Questa è, a mio avviso, l’arma di cui dispone chi vuol salvare il servizio pubblico. Minare il consenso. Medici e infermieri possono diffondere tra i cittadini il senso che la perdita del servizio sanitario pubblico non rappresenta soltanto un gravissimo danno economico per chi si ammala o invecchia tra mille disagi, ma una crisi della convivenza civile, un taglio netto alla democrazia. Smuovere la gente da quell’individualismo che è frutto del caos che ci circonda per richiamare alla custodia di un bene comune.

“Facciamocene una ragione” ci esorta la Premier quando perde il suo aplomb da Palazzo Chigi. Ora c’è un Governo con idee diverse da prima, un po' confuse invero, ma assai vicine al più conservatore dei liberi mercati. Il che significa, a mio avviso, che dobbiamo cercare non di conquistare il potere, il che è impossibile attraverso la sanità che è ancella della politica, ma almeno di condizionarlo, il che è possibile con uno sforzo unitario di tutte le forze che su diverse piazze cominciano a protestare. Non è una crisi di passaggio è una crisi di sistema. Poi potremo discutere sui modi e sui mezzi per garantire i valori della riforma in un mondo dominato dal libero mercato finanziario.

Questo è ciò che mi assilla e ha ragione Cavicchi, ho mutato prospettiva rispetto al mio pervicace ottimismo, convinto di poter cambiare il mondo con il civile confronto. Qualcuno il mondo lo sta cambiando. In peggio. Allora, caro Ivan, ascolta chi è perfino più vecchio di te, rispondi a questo pessimismo e affronta gli argomenti (che contano) non le persone (che non contano).

Antonio Panti

02 novembre 2023
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