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Rifinanziare la sanità senza riformarla non ci salverà dalla privatizzazione

di Ivan Cavicchi

15 NOV -

Gentile direttore,
il 10 novembre 2023 la Bindi e la Dirindin hanno organizzato come associazione “salute diritto fondamentale” un convegno a Bologna presso l’auditorium dell’ospedale Maggiore. Il suo titolo era “sentinella quanto resta della notte. Il declino della sanità pubblica” e nel sottotitolo era citata una frase di Bissoni .

Bissoni, come tutti sanno, purtroppo è scomparso il mese scorso per cui ricordarlo in un convegno, per di più a Bologna, sul declino della sanità, mi è sembrato un doveroso omaggio alla memoria di un protagonista vero della sanità del quale ero amico e al quale mi sento di inchinarmi con stima e rispetto.

Le nostre idee sulla sanità, quelle di Bissoni e le mie, come è noto, non erano del tutto coincidenti, anzi il più delle volte erano conflittuali.

Non si dimentichi che Bissoni è stato assessore alla sanità dell’Emilia-Romagna dal 1995 al 2010 (per ben 15 anni) e quindi è stato un regionalista convinto e quindi un sostenitore della controriforma del titolo V. Con la sua esperienza avrebbe potuto fare il ministro della sanità, come del resto gli avevano promesso più volte. Oggettivamente era lui il ministro più naturale. Il più competente.

Quando nel 2006 si decise come ministro della salute di nominare la Turco Bissoni ci rimase male e alla Turco, pur nel più rigoroso stile politically correct, di certo non fece sconti. Non essere riuscito a diventare ministro era una ragione in più per essere comunque dalla parte delle regioni e piuttosto critico nei confronti dello Stato centrale e del ministero. Come si evince anche dalle sue interviste era di fatto un sostenitore del regionalismo differenziato che alla fine diceva di non condividere ma che giustificava sempre in qualche modo. Ma, a parte ciò, egli è stato sicuramente uno dei principali coautori di un’altra importante controriforma quella firmata dalla Bindi nel 1999 cioè quella che istituì il secondo pilastro. La Bindi con Bissoni e con la 229 ha dovuto mediare e anche un bel po’.

Nonostante le tante divergenze tra di noi vi era un forte rispetto e una sincera stima reciproca che oggi a proposito di onestà intellettuale è davvero una merce rara.

Le nostre posizioni si sono riavvicinate, come potrebbe testimoniare Vasco Giannotti (Bissoni era anche un collaboratore del forum risk management), dopo la fine della sua collaborazione con Speranza quando entrambi cominciammo a nutrire serie preoccupazioni per i problemi di sostenibilità del sistema e sulla crescente privatizzazione.

La frase di Bissoni citata nel sottotitolo del convegno di Bologna proprio perché detta da lui cioè da uno che ha partecipato nel bene e nel male, come protagonista alle scelte del suo tempo, proprio oggi, più che mai, è molto significativa: “È da tempo che la sanità pubblica, patrimonio indispensabile per un paese civile, non ottiene la giusta attenzione. Oggi il vero pericolo è la privatizzazione e la perdita del Ssn”.

Ma il giorno del convegno, in bella mostra, sullo schermo dell’aula magna, la citazione fu taroccata cioè artatamente modificata e la frase di Bissoni venne tagliata: “Oggi il vero pericolo è la privatizzazione e la perdita del SSN” diventa “Oggi il vero pericolo è la perdita del SSN”.

Una correzione per me significativa, perché, se da una parte ha mostrato inequivocabilmente la coda di paglia degli autori della seconda gamba, dall’altra ha fatto sparire dalla discussione la questione della privatizzazione.

E infatti, in tutto il convegno, nonostante l’indubbia competenza dei relatori e dei personaggi politici coinvolti, la questione incredibilmente, non è stata neanche sfiorata.

Questo episodio che ai più può sembrare senza importanza come se fosse un refuso, (immagino che molti diranno ex post che è stato un refuso) mi ha fatto riflettere facendomi comprendere che in realtà non si trattava di un refuso ma solo di una mera manifestazione di stupidità da parte di chi, voleva evitare imbarazzi e incidenti di percorso. Cioè voleva evitare il rischio di parlare di corda in casa dell’impiccato.

Ho seguito il convegno da remoto ma ritengo che non sia il caso di farne il resoconto (potete consultarlo su internet) tuttavia basterebbe ascoltare il discorso conclusivo della Bindi per comprenderne il succo politico.

Che è il seguente: per salvare la sanità dal declino serve fare una grande alleanza con la società e con tutte le forze politiche di opposizione per obbligare il governo a rifinanziare la sanità a sanità invariante cioè così come è; quindi, a rifinanziare le controriforme che sono state fatte e attraverso le quali si sono istituite le aziende e il secondo pilastro. Cioè il succo politico è bisogna fare “una alleanza ma senza riforma”.

Questa linea politica, non ho nessuna remora, a definirla populista e in quanto tale, se per populismo intendiamo l’uso strumentale della demagogia per fare leva sui problemi della gente essa non è diversa dal populismo ormai proverbiale di molti esponenti del governo in carica.

Chi vuole rifinanziare la sanità senza correggere gli errori e le scelte sbagliate del passato senza quindi preoccuparsi dei gravi squilibri e delle diseconomie che stanno destabilizzano la sanità, ma soprattutto, fregandosene del fatto che il mercato ormai si sta mangiando quel poco che è rimasto dell’art 32 per me è un populista e come ho scritto di recente sul manifesto (4 novembre 2023) è uno che anche se si chiama Bindi ci porta dritti dritti verso una sicura sconfitta.

La dimostrazione ce l’abbiamo sotto il naso con la finanziaria. A fronte di una grande fronte di opposizione che per rifinanziare la sanità ha messo in campo comitati di tutti i tipi, appelli, manifestazioni sindacali nazionali (24 giugno e 7 ottobre) riempiendo le piazze, con la finanziaria abbiamo portato a casa le briciole. Ma nulla di più. Cioè abbiamo incassato una pesante sconfitta senza che la destra e il governo soffrissero come dicono i sondaggi di alcun problema di consenso.

Perché? Come è potuto avvenire? La mia risposta è semplice: oggi per rifinanziare davvero la sanità il populismo e la propaganda della Bindi e della Dirindin non bastano. Per trovare i soldi che servono si deve costruire una piattaforma, ci vuole una idea per riformare la spesa storica cioè per ridare al pubblico tutto quanto il privato gli ha tolto, ci vuole un piano che ci dica al meglio come spendere i soldi in sanità. Cioè ci vuole un progetto di “sanità altra” che rimetta in sella l’art 32.

Quindi certamente ci vuole una alleanza come propone la Bindi ma non per rifinanziare la “grande marchetta” ma per fare una riforma che la superi. I soldi che ci servono per il pubblico con la grande marchetta tra i piedi non ci saranno mai. Ripeto ormai il sottofinanziamento della sanità è diventato negli anni un metodo. Il definanaziamento sistematico della sanità pubblica è funzione della sua privatizzazione. Non è possibile rifinanziare la sanità come propone la Bindi senza rimuovere la contraddizione della “grande marchetta”. Ci vuole tanto per capirlo?

Ma se vogliamo riformare la sanità, il populismo è oggettivamente un ostacolo. Oggi ci vuole senso di responsabilità, ci vuole amore per la verità, ci vuole capacità riformatrice Ci vuole soprattutto onestà intellettuale.

Ma chiedo ai lettori di QS: come faccio a convincere un governo di destra a cambiare strategia dicendogli che la grande marchetta è insostenibile se alla fine da sinistra addirittura teorizzo una grande alleanza storica per rifinanziarla?

Lo dico a tutti coloro che nel convegno di Bologna hanno rimosso la questione della privatizzazione ma come si fa a pensare oggi di poter finanziare la sanità nella crisi in cui ci troviamo senza mettere le mani nella privatizzazione cioè nel secondo pilastro?

Bissoni ha ragione e mi addolora che i suoi amici di “salute diritto fondamentale” oggi arrivino scioccamente a censurarlo. Ha ragione lui oggi come dice anche l’Ocse la privatizzazione sta mettendo in pericolo il SSN. Chi nega questo pericolo chi tarocca i convegni e chi fa dotte relazioni ma tace e fa finta di niente, non è amico della sanità ma è il suo più temibile avversario.

Se in sanità non si prenderanno seriamente le distanze dal populismo di chi crede che i 40 mld che ci servono per raggiungere la media europea della spesa sanitaria li troveremo nelle piazze, alla prossima finanziaria faremo il bis cioè incasseremo un’altra sconfitta un’altra mancetta ma se saremo di nuovo sconfitti perderemo un altro pezzo di sanità pubblica e poi un altro pezzo ancora fino a quando della nostra sanità pubblica resterà solo un simulacro.

Quello che il populismo lascerà dietro di se come segno della sua stupidità della sua disonestà e del suo cinismo.

Ivan Cavicchi



15 novembre 2023
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