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A chi e a cosa servono le Rems

di Franco Scarpa

06 MAR - Gentile Direttore,
è trascorso un anno quasi dalla tragica vicenda dell’omicidio della collega di Pisa e ancora niente è stato fatto in tema di misure di sicurezza, Residenze per Esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) e sicurezza degli operatori.

Gli interventi e le ipotesi di modifiche, che prevalentemente provengono da tanti medici, non trovano ancora concreto riscontro in orientamenti decisionali politici e la situazione appare ancora cristallizzata. In sintesi, a mio parere, è necessario capire se:

a) La Legge 81 è completamente sbagliata e va ritirata, oppure portata a termine, secondo una certa interpretazione che la ritiene un compromesso per chiudere gli OPG in attesa di riforma del codice penale, eliminando gli articoli del codice penale che prevedono abolizione o riduzione di imputabilità e di conseguenza le misure di sicurezza;

b) La Legge 81 deve essere corretta attuando varie modifiche che non starò qui a ripercorrere che potrebbero prevedere ad esempio la creazione di un circuito psichiatrico forense, analogo agli altri Paesi, separato dalla Psichiatria ospedaliera e territoriale oppure la definizione di chiari criteri di delimitazione del riconoscimento del vizio di mente evitando di affidare ai Servizi di Salute Mentale casi che non abbiano effettivo bisogno o necessità di cure.

Una cosa è certa, la sentenza n. 22 della Corte Costituzionale del 2022 afferma chiaramente che indietro non si può tornare, e cioè allo status quo ante legge 811, anche perché già da tempo la medesima Corte Costituzionale aveva affermato con chiarezza che la necessità di contenimento dovuta alla pericolosità sociale non deve escludere la persona dal ricevere le migliori cure in ambito psichiatrico.

Per mio conto, ed in attesa che sia definita una traccia di intervento, credo sia necessario definire cosa siano davvero le REMS, cioè a chi ed a cosa effettivamente debbano servire, o per meglio che lavoro devono svolgere.

Indubbio che le REMS non debbano e non possano fare quello che facevano gli OPG: il Decreto Legge del 1-10-2012, conseguente alla Legge 09-2012 art. 3 ter, definisce con chiarezza che esse non debbano svolgere funzioni di controllo, limitato al perimetro ed all’utilizzo di strumenti tecnologici ed all’intervento di Forze dell’Ordine coinvolte tramite uno specifico protocollo con la Prefettura.

Quindi le REMS devono essere luoghi di cura dove l’equipe interna, composta da personale sanitario, in collaborazione con il Servizio territoriale competente, formula un Piano terapeutico Riabilitativo Individualizzato (PTRI) che possa prevedere in tempi dettati dalla “clinica” e non dalla misura giudiziaria, una dimissione ed il passaggio ad un percorso territoriale con applicazione di misura non detentiva di libertà vigilata.


Scontato dire che pertanto le REMS non devono snaturare questa mission terapeutica ed eventuali esigenze di controllo non attuabili in un ambiente non contenitivo, come il carcere o come lo era l’OPG, devono essere svolte altrove (luogo al momento invero tutto da pensare e realizzare).

Per far questo è necessario inoltre chiarire a chi servono, cioè chi debba fruire delle REMS. Allo stato attuale, il sovrapporsi della definizione di “infermità di mente”, formulata nel 1930 e la sentenza, cosiddetta Raso, sui disturbi di personalità lasciano aperte molte porte attraverso le quali si può giungere ad una applicazione di misura di sicurezza e, nel caso di riconoscimento di pericolosità sociale, ad una misura in REMS, ancor più quando sul territorio non sono individuate soluzioni di trattamento che consentano l’applicazione della libertà vigilata.

Con un case mix eterogeneo, che potenzialmente attinge ad ogni trattato o manuale classificatorio dei Disturbi in Psichiatria, nessuna struttura può ragionevolmente agire con finalità terapeutiche ma solo ed esclusivamente agire da contenitore aspecifico con gravi limitazioni a quanto davvero potrebbe offrire a pazienti portatori di patologia grave non trattabile in reparti a cuti (SPDC) né in strutture comunitarie.

Cosa occorre a mio parere, oltre a quanto saggiamente tanti colleghi continuano a sostenere riguardo la necessità di conoscenza e dialogo con periti e magistrati:

a) per prima cosa fare un vero monitoraggio nazionale, o regionale, di quali siano le persone, con le corrispondenti patologie, che vengono indirizzate alle REMS da periti e Giudici. Manca in effetti una visione completa soprattutto di quanto;

b) programmare un numero adeguato di posti nelle REMS, eventualmente distinto anche per gruppi patologici trattabili, in base ai dati epidemiologici raccolti al punto a);


c) effettuare, a cura dei competenti Giudici, accurata valutazione della pericolosità in base ai criteri esclusivi dell’art. 133 del cp, e non in base a supposti, ma non dimostrati, criteri psichiatrici, e individuare luoghi o strutture adeguate a garantire l’effettiva esigenza di contenimento, senza escludere il diritto a ricevere un intervento di cura, limitato almeno fino a quando non si attenuino i rischi determinati dalla valutazione di pericolosità sociale.

In buona sostanza provare a fare quanto, sempre la sentenza della Corte Costituzionale n, 22 propone e citati in calce2.

La mia è solo una voce in più nel coro ma soprattutto, data anche la mia precedente esperienza, chiederei ai colleghi che lavorano nelle REMS di esprimere il proprio parere, altrimenti il rischio che diventino lo “scarico” dei problemi irrisolti, o irrisolvibili, diventerà sempre più Come chiederei ai colleghi che lavorano in carcere di fare altrettanto.

Franco Scarpa
Psichiatra

Ex Direttore OPG ed ex Direttore REMS
Direttivo Nazionale SIRP
Commissione Scientifica Società Italiana Criminologia


NOTE
1. La Corte ha tuttavia ritenuto di non poter dichiarare illegittima la normativa in questione, perché da una simile pronuncia deriverebbe “l’integrale caducazione del sistema delle REMS, che costituisce il risultato di un faticoso ma ineludibile processo di superamento dei vecchi OPG”, con la conseguenza di “un intollerabile vuoto di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti”.

2. Di qui il monito al legislatore affinché proceda, senza indugio, a una complessiva riforma di sistema, che assicuri assieme: – un’adeguata base legislativa alla nuova misura di sicurezza; – la realizzazione e il buon funzionamento, sull’intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo e altrettanto urgente potenziamento delle strutture sul territorio in grado di garantire interventi alternativi adeguati alle necessità di cura e a quelle, altrettanto imprescindibili, di tutela della collettività.


06 marzo 2024
© Riproduzione riservata

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