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Aifa, Agenzia Italiana del Freno A mano

di Massimiliano Cinque

07 MAR - Gentile Direttore,
l’insistenza dei comunicati stampa dei precari AIFA che, con cadenza quasi mensile, protestano per la loro situazione - a detta loro squallida – è fastidiosa quasi urticante. Non si capisce il perché si dovrebbe dar seguito alle loro istanze, al loro grido di protesta, l’Agenzia Italiana del Farmaco non ha bisogno di loro, delle loro competenze, è funzionale così com’è. Infatti AIFA è diventata l’Agenzia del freno a mano (sempre tirato). Al netto di acronimi ridicoli, l’analisi dei fatti parla chiaro e disegna senza equivoci una situazione imbarazzante. Questa ci dice che, prima di tutto, il trattamento riservato a dei professionisti della filiera autorizzativa del farmaco è paragonabile ad uno Stato del terzo mondo e non di uno Stato membro del G7.

I dati indicano che la Germania ha qualche migliaio di dipendenti alla Bundesinstitut für Arzneimittel und Medizinprodukte, BfArM, l’analogo tedesco dell’AIFA (dove FA sta per farmaco), contro i 500-600 indigeni nostrani. L’anomalia di tale situazione sta nel fatto che il Governo, e tutto il Parlamento, è ben conscio della situazione in cui versa l’Agenzia del Farmaco, sottodimensionata e in carenza di personale, ma nonostante ciò priva la stessa AIFA di circa 30 persone che ci lavorano da anni, rallentando inesorabilmente le prestazioni, con tutte le ricadute monetarie e salutistiche.

L’ex Presidente AIFA Palù – dimessosi dopo pochi giorni dalla nomina, situazione paradossale che ha generato una pessima figura istituzionale e mediatica per entrambe le parti; ma non potevano parlarsi chiaramente prima dell’incarico? – in un‘audizione al Senato del 23 dicembre 2023 (ovvero prima della scadenza dei contratti precari) esplicitava la carenza di personale e la necessità di investire in risorse umane per rendere competitiva l’Agenzia. Affermava: “Le citate normative, infatti - e le relative disposizioni nazionali attuative già in vigore - nel prevedere nuovi e ulteriori compiti a carico del l’Agenzia, peraltro già sottodimensionata rispetto alle analoghe autorità regolatorie europee, non hanno contestualmente provveduto ad un corrispondente rafforzamento della stessa, con inevitabili difficoltà nello svolgimento delle attività finalizzate alla tutela della salute pubblica. È quindi cruciale, se l’Italia vuole disporre di idonei strumenti interni di accompagnamento della nuova normativa europea in materia di farmaco e contribuire a raggiungere gli ambiziosi obiettivi che questa si prefigge, che a tale situazione venga posto rimedio attraverso un adeguato potenziamento degli organici dell’Agenzia”.

Il vero controsenso è che l’AIFA è caratterizzata da una elevata capacità di generare profitto per le casse dello Stato, di svariati milioni di euro. È già noto ai più che le aziende farmaceutiche versano delle quote, anche sostanziose, per usufruire delle professionalità AIFA affinché i farmaci siano immessi in commercio, e controllati durante tutto il corso della loro vita. Ma questa fonte di guadagno è una parte, e lo hanno campito bene le altre agenzie Europee. Infatti l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), costituita anche dalle stesse Agenzie nazionali nelle partecipazioni scientifiche e tecniche nelle tantissime procedure di autorizzazione all’immissione in commercio, che sono la maggiorparte, su qualità, sicurezza ed efficacia dei medicinali, prevede il pagamento di compensi che fornisce un ulteriore margine che andrebbe alle casse dello Stato. Risulta lapalissiano che ad un maggior numero di figure ad elevata specializzazione e di supporto tante più pratiche sono prese in carico e più sarà il guadagno per AIFA e per lo Stato. Il beneficio, però, non è solo in termini di rafforzamento delle casse pubbliche, ma anche di possibile riduzione della spesa farmaceutica. Il monitoraggio AIFA dei primi 8 mesi del 2023 evidenzia che la spesa farmaceutica è di 14,7 miliardi di euro (+6,7% rispetto al 2022), ovvero di molto superiore alla quota stabilita dal Fondo Sanitario Nazionale (FSN). Se l’Agenzia fosse realmente competitiva con personale sufficiente a soddisfare le esigenze delle aziende e di EMA nel raffronto con le pari europee, si riuscirebbe ad attrarre le Aziende per lo svolgimento di trial clinici sul suolo Italiano, con l’effetto di avere farmaci innovativi, molto costosi (che incidono pienamente sui numeri sopra espressi), totalmente gratuiti a beneficio dei pazienti.

Vi sarebbero altri aspetti e benefici che migliorerebbero la performance di AIFA con un adeguato rafforzamento della compagine umana e professionale. Ma occorre che il Governo Meloni si attivi immediatamente con riforme serie e non con il solo cambio di nomenclatura e che, soprattutto, dia dignità lavorativa e sociale ai precari. In conclusione AIFA non è un centro di costo, ma un’opportunità di investimento molto remunerativo in termini diretti e indiretti e più il processo di crescita è rallentato, maggiori sono gli impatti economici per la sanità e finanziari per le casse dello Stato.

Massimiliano Cinque
Dottore in Farmacia

07 marzo 2024
© Riproduzione riservata

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